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Addio a Hugh Hefner: chi continuerà la sua rivoluzione cul()turale?

di Francesca Devincenzi

E’ stato un rivoluzionario, a modo proprio. Ha cambiato i costumi, partendo da un’ipoteca sull’unica cosa che possedeva: alcuni mobili, e la forza delle idee. 

Ha raccolto l’America bacchettona, e le ha insegnato a prendersi in giro, mischiando bionde bellissime e nude, ma mai volgari, a testi di Moravia, Calvino, Hemingway, pezzi di costume, interviste dai toni più leggeri e divertenti a personaggi famosi – come Miles Davis, Bertrand Russell, Malcolm X, Ingmar Bergman, Henry Miller e Cassius Clay –, racconti brevi di scrittori importanti, tra cui Norman Mailer, Vladimir Nabokov, Gabriel Garcia Màrquez, Jack Kerouac, John Updike e Chuck Palahniuk, e illustrazioni di disegnatori importanti.

Hefner, che era nato a Chicago, aveva 27 anni, era da poco diventato padre ed era sposato con la prima ragazza con cui aveva fatto sesso, stando a quel che racconta lui, che l’aveva tradito mentre faceva il militare («il momento più devastante della mia vita»), spingendolo a tentare il suicidio. Poi aveva lavorato come copy pubblicitario per un grande magazzino, da Esquiree poi responsabile della vendita di una rivista per bambini,  lasciato per aprire la sua rivista, con i suoi risparmi di 600 dollari, altri 7.000 presi in prestito in giro, tra cui mille dalla madre, ipoteche varie.

Già nel primo editoriale di Playboy profilava una vita un po’ più leggera e gaudente, che poi avrebbe condotto in modo sempre più sfrenato: «Ci divertiamo a mescolare cocktail e qualche stuzzichino ascoltando un po’ di musica sul fonografo, invitiamo qualche ragazza per conoscerla discutendo di Picasso, Nietzsche, il jazz, il sesso».

Ha lanciato una sconosciuta Marylin Monroe sulla sua prima copertina, ma tante già lanciate hanno fatto…congili falsi per finire sulla sua copertina.

Di solito la gente si immagina i produttori di materiali erotici come personaggi luridi e senza morale. La cosa che accomuna però Hefner, Larry Flynt e diversi altri editori “per adulti” fra cui anche l’italianissimo Saro Balsamo è una sincera passione per la cultura. O meglio: per la controcultura, cioè quel tipo di informazione senza ipocrisie che di solito non trova spazio sui mass media. Fin dagli inizi negli anni ’50 Playboy è stata in particolare una delle riviste in prima linea contro il razzismo, la censura, il maccartismo e a favore dell’emancipazione femminile, a partire dall’aborto libero e sicuro. Questo spirito rivoluzionario era presente anche in molte edizioni internazionali, fra cui quella italiana negli anni ’70, e ha contribuito non poco alla diffusione del mensile.

Dei suoi lettori diceva “non pensiate che lo aprano solo per le donne, li offendete. Io parlo di auto, moda, letteratura. E ci metto dentro la bellezza. Se lo prendessero solo per le donne, sarebbero idioti, e i miei lettori non lo sono”.

Quella di Playboy come rivista letteraria viene spesso ripetuta come battuta, ma è la pura verità. Il nome stesso della testata rispecchiava l’idea di rivoluzione culturale di Hefner, che consisteva nel prendere un branco di buzzurri yankee ancora sotto shock per la Seconda Guerra Mondiale e trasformarli in gentiluomini raffinati. Gli ingredienti erano la controcultura di cui abbiamo accennato prima, i racconti di giganti come Roald Dahl, Ian Fleming, Gabriel Garcia Marquez, Margaret Atwood, Haruki Murakami, Norman Mailer, Jack Kerouak o Kurt Vonnegut. E le tette, naturalmente. Ma del resto serviva pur qualcosa per attrarre l’attenzione, no?

Quella di Playboy come rivista letteraria viene spesso ripetuta come battuta, ma è la pura verità. Il nome stesso della testata rispecchiava l’idea di rivoluzione culturale di Hefner, che consisteva nel prendere un branco di buzzurri yankee ancora sotto shock per la Seconda Guerra Mondiale e trasformarli in gentiluomini raffinati. Gli ingredienti erano la controcultura di cui abbiamo accennato prima, i racconti di giganti come Roald Dahl, Ian Fleming, Gabriel Garcia Marquez, Margaret Atwood, Haruki Murakami, Norman Mailer, Jack Kerouak o Kurt Vonnegut. E le tette, naturalmente. Ma del resto serviva pur qualcosa per attrarre l’attenzione, no?

Paladino delle playmate
 – A seconda della donna cui chiedete, Hugh Hefner viene presentato come un santo o come il peggior bastardo sulla faccia della Terra.  Le porte del suo impero erano sempre aperte per qualsiasi ragazza belloccia e disposta a stare al gioco: farsi fotografare e riprendere nuda in cambio di parecchi soldini e una fama su cui, con un po’ d’intelligenza, avrebbe potuto costruire una carriera. Chi pensava di poterne approfittare arraffando il possibile ma senza dare nulla in cambio (o tentando di ricattarlo, com’è accaduto diverse volte) veniva cacciata e ostracizzata per sempre dal giro dei fotografi glamour. Chi invece si comportava correttamente poteva contare sul suo supporto imperituro.

Le porte del suo salotto, hanno cambiato l’America: bianchi e neri insieme, seduti a sorseggiare the contro ogni destebile idea razziale.

La storia più emblematica è forse quella di Bettie Page, che prima di diventare un’icona fetish ante litteram era stata sul paginone centrale del gennaio 1955. Quarantadue anni dopo, quando Hefner scoprì che Bettie era caduta in disgrazia dopo una brutta storia di persecuzioni e malattia mentale, scatenò immediatamente tutta la potenza dei suoi uffici legali per farle riscuotere quattro decenni di diritti d’immagine sfruttati illegalmente e renderla ultramilionaria senza che lei avesse chiesto nulla. E sorvoliamo sugli “aiutini” di carriera dati a Marilyn Monroe…

Il club ecumenico  – Un’altra strategia di Hefner per diffondere l’idea che si potesse essere uomini anche senza comportarsi come cavernicoli – e vivere l’erotismo superando una mentalità da martello pneumatico – fu quella di aprire dozzine di Playboy Club in tutto il mondo. I requisiti per entrare erano soltanto tre: possedere la tessera vitalizia che costava solo 25 dollari, essere vestiti decentemente… e non cercare di portarsi a letto le cameriere, che erano specificamente addestrate a compiere ogni gesto e interazione con i clienti in maniera “carina” ma non volgare. Se la cosa non vi sembra tanto rivoluzionaria, provate a riguardare Mad Men per rinfrescarvi le idee di come funzionassero le cose in quegli anni…
A proposito: le regole non menzionavano alcuna esclusione, pertanto quando Hefner riceveva la lamentela di qualche cliente di colore a cui fosse stato rifiutato l’ingresso nei locali degli stati del sud, o di un disabile discriminato, procedeva d’ufficio a massacrare legalmente il titolare, ridurlo sul lastrico e cedere la gestione a qualcun altro. Offrendola in un paio di casi proprio a chi era stato maltrattato.

A letto con le conigliette – Benché la versione ufficiale giurata e spergiurata sia da lui che dalle sue playmate fosse che i rapporti carnali fra conigliette ed editore fossero vietati, e le “amiche” ospiti a dozzine nella mitica Magione fossero lì solo per imparare a diventare modelle più professionali e per condurre «cene eleganti con amici e partner d’affari» (uhm…), ovviamente Hefner se le portava pure a letto. Lo confermano le numerose biografie di ex-playmate, da cui però sappiamo anche cosa poi accadesse, in quei letti. E cioè poco o nulla, perché da mezzo secolo abbondante il signor Playboy preferiva semplicemente tenere le ragazze vicino mentre lui si guardava video porno, spesso con protagonisti solo maschi. Quindi si addormentava a metà come qualsiasi nonno davanti ai Bellissimi di Rete4, e le fanciulle potevano finalmente tornarsene in camera loro a pianificare la propria carriera post-Playboy.

Cacciatore di ideali
 –  L’elemento comune di tutte queste storie è probabilmente la convinzione di Hefner di poter cambiare il mondo attraverso il buon esempio, anche quando la logica suggeriva esattamente il contrario. D’altra parte stiamo parlando di un ventiseienne che aveva deciso di diventare editore e ridefinire il giornalismo mondiale dopo essersi visto negare un aumento di stipendio di cinque dollari. Di un figlio esasperato dal bigottismo dei genitori che era riuscito a far accettare al mondo un’idea di sessualità serena e libera. Di un uomo orripilato dall’ignoranza e dal maschilismo dei suoi simili che era pronto a tutto pur di renderli persone migliori. Di un tale che, potendosi permettere di essere circondato da decine delle donne più belle del mondo (secondo i suoi canoni, almeno), si piccava di far sesso solo con la fidanzata di turno e considerare le altre solo gradevoli amiche «da trattare col massimo rispetto» – pretendendo che anche i suoi milioni di lettori fossero altrettanto corretti nel loro comportamento. 
Nelle prossime ore, mentre il suo corpo verrà tumulato a fianco della sua prima playmate Marilyn come aveva disposto da sempre, chissà quanti piangeranno l’ultimo romantico.

A chi andrà il suo patrimonio?  – Un patrimonio di 43 milioni di dollari che sarà diviso tra i quattro figli, due avuti dalla prima moglie Mildred e due dalla seconda, Kimberley. Inoltre, una somma sarà destinata come contributo alla University of Southern California e ad una lista di associazioni. Nulla è previsto per la terza moglie, Cristal. Questa eredità non comprende la Playboy Mansion, già ceduta per un totale di 100 milioni di dollari nel 2016. E pensare che il valore totale delle attività del magnate erano stimate, al momento del suo secondo divorzio nel 2009, in oltre 200 milioni di dollari. Un segnale chiaro della recessione dell’attività economica del marchio “Playboy” che, secondo gli analisti, potrebbe subire una prevedibile impennata fino in questi giorni e fino ai prossimi mesi.

Il valore economico di Playboy – Ma quanto incassa Playboy? Gli introiti attuali delle vendite del magazine, del merchandising ufficiale e di tutto quanto legato al marchio prevede incassi per oltre 100mila dollari. La tiratura mondiale è stimata a circa 111mila copie mensili (dati 2016). La diffusione di Internet ha chiaramente frenato il successo consolidato di Playboy, costringendo il gruppo a sviluppare una presenza sempre più massiva sul web. Oggi è presente con due varianti, la versione online del cartaceo, noto come “Playboy Online”, e un vero e proprio sito ufficiale con contenuti esclusivi, Playboy.com. Nel 2011 è stato lanciato i.playboy.com, un catalogo completo di oltre 700 numeri per Apple iPad.

 

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