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Cessione della Stu Pasubio, Pizzarotti indagato per turbata libertà di scelta dal 2015

E’ difficile fare il sindaco, Federico. Chissà quante volte si è sentito dire queste parole, mentre le preferenze di Bernazzoli crollavano facendo lievitare le sue possibilità di diventare primo cittadino.

Poi, si sa. Tra il dire (promettere) e il fare (mantenere) ci stanno le leggi, la fattibilità, i compromessi che chi sta all’opposizione non deve sostenere, chi governa si.

E piano piano il sindaco col volto pulito cresciuto nelle file del GCR, introdotto nei 5Stelle dalla moglie, attivista convinta, che tutte le mattine andava a lavorare i banca, in treno, a Reggio Emilia, e voleva cambiare il mondo, è diventato solo il sindaco.

Cupo, ingrigito dall’inceneritore che ha dovuto lasciar accendere, intristito dalla burocrazia cui non si può esimere, allontanato dal Movimento che lo aveva fatto diventare grande (e che piaccia o meno un certo peso politico lo ha) ora è un uomo solo.

Tacciato di disonestà. Accusato prima di abuso d’ufficio per le nomine del Teatro Regio, che possono pure essere state eccellenti, ma se hanno violato la legge non vanno benissimo, poi di disastro colposo per l’alluvione del 2014. Mica robetta, un cataclisma che la città non dimenticherà. Ora, le nuove accuse, per turbata libertà di scelta nella cessione della Stu Pasubio.

Ci faccia solo una cortesia. Non dica che non lo sapeva. Non tiri fuori improbabili casellari. Ammetta che chi fa politica, può sbagliare. Come tutti. O dica che ha fatto, in buona fede, quello che riteneva meglio per la città.

Ammetta di essersi sporcato le mani, sarebbe il modo migliore per pulirsi la faccia. E ritornare probabile, in chiave elettorale. Diversamente, sarà solo una barzelletta.

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L’ACCUSA – Turbata libertà di scelta del contraente. Questa l’accusa (ennesima, dopo l’abuso d’ufficio per le selezioni dei dirigenti del Regio e il disastro colposo per l’alluvione) che pende sulla testa del sindaco, Federico Pizzarotti.

In questione, la vendita della Sto Pasubio: l’accusa – rivela Gazzetta di Parma – è rivolta anche a Mario Ciclosi, supercommissario del Comune di Parma fino alle elezioni del 2012.

In pratica, Ciclosi avviò le pratiche di cessione alla Remilia Srl di Reggio Emilia (gruppo Unieco), azienda reggiana del gruppo Unieco e Pizzarotti le chiuse, il 19 ottobre del 2012, nonostante violente opposizioni in consiglio comunale.

La Stu Pasubio, nata per riqualificare la zona omonima e parte integrante del profondo rosso lasciato a bilancio dalla sfilza di partecipate, aveva un socio pubblico, il Comune appunto, proprietario del 52%, e tre privati: Akita, Vigheffio Immobiliare e Seneca srl.

Dopo due bandi andati deserti, la quota pubblica fu ceduta all’unico offerente, per 181mila euro: il bando fu formulato da Ciclosi, secondo l’accusa, con una condotta llegittima che avrebbe condizionato gli esiti del bando. 

La colpa di Pizzarotti secondo le indagini in corso? Aver seguito la strada già tracciata.

L’inchiesta sarebbe stata aperta nel 2012 in seguito ad un’esposto di un funzionario comunale. Non si tratta quindi di una iniziativa della sola Procura. Nel 2015, dopo un’attesa di anni dovuta alla mole di procedimenti in coda, il pm Dal Monte avrebbe iscritto il primo cittadino Pizzarotti e il commissario Ciclosi nel registro degli indagati.

Agli inizi del 2016 si sarebbe chiesta una proroga per le indagini e il conseguente avviso all’indirizzo degli indagati. Tuttavia, come spiega il capo procuratore Rustici a Repubblica Parma, alla Procura non sarebbe mai arrivata la comunicazione dal Tribunale e quindi è possibile che l’avviso di garanzia non sia mai arrivato, a conferma delle dichiarazioni del sindaco. Nel 335, ossia nel certificato dei carichi pendenti, però l’indagine dovrebbe essere comparsa già dal luglio del 2015 senza ulteriori dettagli oltre all’articolo penale che si sarebbe violato.

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LA REPLICA AFFIDATA AL PROFILO FACEBOOK – “Abbiamo liberato Parma da 40 milioni di euro di debiti, ma risulto indagato. Devo comunicarvi che sono venuto a conoscenza di una nuova indagine nei miei confronti, relativa a una questione di oltre quattro anni fa, quando diventato sindaco da pochissime settimane ho dovuto affrontare il difficile e grave problema del debito di Parma, che sappiamo tutti ha rischiato di mandare la città in default. Pur non conoscendo per nulla i dettagli dell’indagine, che non mi sono stati comunicati in modo ufficiale ma che ho appreso dalla stampa, so che si tratta della vendita di Stu Pasubio. Sinceramente mi sorprendo dell’indagine, visto che la vendita di Stu Pasubio era una procedura già in atto e visto che la società in questione era una partecipata che aveva oltre quaranta milioni di debiti. Chi l’ha comprata era l’unico soggetto che aveva interesse ad acquisire la partecipazione per completare l’operazione immobiliare. Quello che abbiamo fatto noi, continuando l’operazione del commissario Ciclosi, è stato di liberare i parmigiani da un debito di più di 40 milioni lasciato in eredità. Sono tranquillo, sono sereno, soprattutto perché non mi occupo dei bandi di gara che escono, ci sono i tecnici per questo. So che anche questa volta il risultato è stato salvaguardare gli interessi dei parmigiani. Mi sono preso un impegno verso la città, assumendomi ogni onere. Continuerò a fare quello che ho sempre fatto, nel rispetto della legge e a tutela dei miei concittadini. Mi sorprende solo che ancora una volta la notizia esca dalla Procura senza che un avviso di garanzia con dettagli utili e dati essenziali arrivi al diretto interessato”.

LE REAZIONI – Giuseppe Pellaccini, consigliere UDC: “C’è da sperare che l’ipotesi di reato decada al più presto, in caso contrario il rischio che si torni al commissariamento è evidente perché, a questo punto signor Sindaco sarà costretto a dimettersi per coerenza con quanto ha sempre affermato e per coerenza con la sua posizione. Pizzarotti scarica la colpa su altri, come sempre, stavolta su Ciclosi e sui tecnici ma anche sulla Procura. Le notizia di stampa fanno riferimento al certificato carichi pendenti in cui sarebbe già stato segnalato il caso Stu Pasubio, perché Pizzarotti non lo pubblica? Sapremo così finalmente in quante indagini è iscritto il suo nome. Poi accusa Grillo di un’espulsione senza motivo quando Pizzarotti è il primo a essere poco trasparente per non dire peggio. L’Amministrazione, all’epoca a 5 Stelle, ha puntato a ridurre il debito senza pensare a creare un futuro per questa città. Quel denaro evidentemente non è stato speso male, lo dimostra lo stesso Pizzarotti che ha utilizzato a fondo il comparto Stu Pasubio, anche per le start-up e il Wopa progetti a lui tanto cari. Se l’idea del commissario Ciclosi era sbagliata Pizzarotti doveva intervenire, non può ora dire che era una procedura già avviata e non poteva fare nulla perché, come Sindaco, ha il potere di rivedere la situazione. O sarà forse come il caso legionella in cui dice di non avere poteri e nasconde di essere l’autorità in materia di salute pubblica designata per legge? Pizzarotti afferma “Ho diminuito il debito ma sono indagato”. Dipende sempre da come si fanno le cose, il fine non giustifica i mezzi perché di mezzo, specie nell’Amministrazione Pubblica, c’è la legge”.

Nicola Dall’Olio, Capogruppo PD: “Quattro anni fa, a meno di un mese dal suo insediamento, avevamo messo in guardia il neosindaco Pizzarotti dall’affaire della vendita della STU Pasubio, un atto pieno di ombre lasciato in eredità dal commissario Ciclosi, per il quale risultano oggi entrambi indagati.

Ricostruiamo la vicenda. Con un tempismo già di per sé sospetto, il 21 maggio 2012, il giorno dopo il ballottaggio che aveva decretato la vittoria di Pizzarotti, il commissario Ciclosi adotta una delibera che dà il via alla procedura di vendita della quota di STU Pasubio detenuta dal Comune. Passano due giorni e STU Pasubio pubblica, per conto del Comune, un bando per l’acquisto della partecipazione societaria con un termine di soli 10 giorni.

Costo dell’acquisizione: 381.000 euro di cui € 181.000 per la quota societaria e € 200.000 a copertura di non meglio definite spese di consulenza per la definizione della trattativa e dell’accordo di vendita. A questo valore irrisorio, valutato non si sa in quale modo, si aggiunge una clausola capestro: al Comune verrebbero restituiti € 3.800.000 in precedenza versati a STU Pasubio a condizione che entro il 31 marzo 2013 il Consiglio comunale approvi una variante urbanistica finalizzata ad incrementare gli usi privati e le superfici a destinazione commerciale (variante che con successive proroghe e modifiche è stata poi di fatto approvata da questa maggioranza).

 Al bando risponde un solo soggetto, il raggruppamento di imprese che opera già nei lavori di trasformazione dell’area. L’affare appare chiuso. Si dirà: tutta colpa di Ciclosi. Ma non è così. Il bando prevede infatti che l’accordo di vendita sia sottoscritto dalle parti entro il 27 giugno pena la sua decadenza. Pizzarotti avrebbe quindi tutta la possibilità di fare saltare un’operazione che come minimo appare impropria nella stima dei valori, nei modi e nei tempi.

 Su questo interveniamo pubblicamente il 19 giugno 2012 ponendo al Sindaco una serie di questioni che avrebbero dovuto metterlo sull’avviso: i 181.000,00 euro di corrispettivo sono un valore congruo per le quote di capitale cedute? sono state fatte delle stime? È congruo un importo di € 200.000,00 per una consulenza che di fatto ha prodotto solo un accordo e un bando che potevano essere redatti dagli uffici comunali? È corretto che sia la società STU Pasubio ad occuparsi del bando di cessione di quote societarie di proprietà del Comune? La durata del bando corrisponde ai requisiti minimi per garantire evidenza pubblica? 

 Avviso e domande che restano inascoltate. L’atto viene sottoscritto e la vendita va infine in porto. L’indagine della Procura dimostra che quei dubbi che avevamo sollevato per tempo avevano un fondamento e che si sarebbe dovuto, come minimo, sospendere e rivalutare l’operazione di vendita. Cosa che non fu fatta. Anzi per anni il Sindaco si è intestato questa opaca operazione nel mirabolante conteggio della riduzione del debito, salvo oggi attribuirne la responsabilità a Ciclosi. Un gioco a cui da tempo ci ha abituati.

 Attendiamo ora gli esiti delle indagini della magistratura. Certo è che c’è poco da vantarsi quando la riduzione del debito è stata in gran parte fatta con il fallimento della SPIP e con un’operazione dai profili di dubbia legalità, che potrebbe rivelarsi più un danno che un beneficio per il Comune”.

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