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Il Parma vede il derby e torna a vincere. Ma un anno fa….

Diciamocelo: non è stata bellissima Parma – Lentigione. La gioia per il ritorno, seppur in panchina, di Lauria, è stata in parte smorzata da una gara non entusiasmante, a istanti sofferta anche se mai davvero in discussione.

Poi ci ha pensato Messina a chiudere i giochi e mandare in archivio il derby con una bordata da fuori al 73esimo (LEGGI).

Ma di cose belle ce ne sono tante comunque. C’è il fatto che il Parma è l’unica in Italia, in gin categoria,  a non avere mai perso. 

E forse la differenza sta proprio li. Perché l’Altovicentino che insegue è dietro di sette punti, fondamentalmente è distanziato dalle sconfitte negli scontri diretti.

Le cose belle stanno nell’anima, diceva qualcuno.

E nell’anima del Parma c’è tutto il bello del passato targato Scala allenatore, Minotti capitano, Apolloni affianco. C’è il cuore di una squadra che è nata tardi, per ultima per vicende burocratiche non vogliamo più ricordare, ma cresciuta in fretta.

Se possono preoccupare gli ultimi pareggi, le prestazioni non brillanti, la sicurezza è una: che quando è derby, o quando è importante, il Parma c’è.

E ormai mancano pochissimi passi, alla promozione. Al ritorno tra i Pro. E poi sarà un’altra storia, un’altra lotta.

Ma questo Parma ha di bellissimo una Nord da cornice, un capitano da mille battaglie, un passato da grandissima che viene fuori quando si fa dura. Ha troppe cose belle per non splendere, quindi godiamoci ancora un po, di questa cavalcata epica.

Poi l’anno prossima chissà, ma se pensiamo che un anno fa andava così (LEGGI), sappiamo che si, il meglio deve ancora venire.

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Scrivevamo un anno fa…

“L’ultimo mitomane a salire sul proscenio è stato Giampietro Manenti, perito agrario originario di Limbiate diventato presidente del Parma due mesi fa. Giacca sdrucita, barba incolta e record mondiale di precedenti penali – lesioni, possesso illegale di armi, bancarotta semplice, tentata estorsione – l’imprenditore ha avuto una parabola ancor più fulminea di altri maestri della menzogna: a 39 giorni dall’acquisto della squadra è finito dietro le sbarre di San Vittore, accusato di aver tentato di riciclare il bottino di una banda di pirati informatici.
Già: Manenti aveva promesso mari e miliardi per salvare la società, ma nel portafoglio aveva solo l’euro con cui rilevò il Parma (e i suoi 218 milioni di debiti) dal magnate del petrolio Rezart Taci. “Se Giampietro fa questo passo o è uno da trattamento sanitario obbligatorio, o un uomo che ha davvero voglia di fare. Diamogli tempo”, tranquillizzò il manager e amico Fiorenzo Alborghetti?.
Ebbene se Manenti non è un pazzo deve essere di sicuro annoverato tra i grandi mitomani da prima pagina, personaggi cult che l’Italia produce in quantità industriale. Figure tragicomiche alla Mario Scaramella e alla Raffaello Follieri, bugiardi specializzati in truffe e millanterie come Davide Vannoni, o narcisi dotati di fantasia spiccata – vedi il conte polacco Igor Marini – e doti di affabulazione non comuni. Di cazzari e ganassa se ne trovano ovunque sulla terra, ma nella patria di Totò mietono successi insperati, toccano zenit vertiginosi, e vengono presi sul serio non solo dalle vittime sprovvedute, ma pure da potenti, ministri e scafati capitani d’industria.

BUGIARDO SERIALE

“Io non l’ho mai visto uno così, ce l’aveva scritto in faccia di essere un bidone. È un mitomane. Purtroppo ho avuto la sfortuna di incontrarlo per primo”, ha detto di Manenti il patron del Brescia Gino Corioni, che a fine 2013 trattò con lui la cessione delle “rondinelle”.
Ma prima di arrivare su una vecchia Skoda Octavia all’appuntamento decisivo (si fece accompagnare da Felice Garzilli, ex stopper della Cremonese diventato suo consulente finanziario) Manenti attraverso la sua Mapi Group (7500 euro di capitale sociale e quartier generale a Nova Gorica, in Slovenia, in un casolare in campagna di proprietà di una coppietta di commercialisti, Dusan e Nevenka Bremec) ne aveva tentate di ogni genere: dall’assalto alla Pro Vercelli a quello alle Cartiere Pigna (“investiremo 200 milioni di euro”), passando per una proposta indecente all’allora commissario straordinario della Parmalat Enrico Bondi, a cui il perito agrario giurò che un suo brevetto per un nuovo sistema di imbottigliamento sarebbe stato – di lì a poco – comprato dalla Coca-Cola. Un ballista seriale titolare di una minuscola impresa di pulizie, che un mese fa è riuscito a sedersi con i vertici della serie A a discutere del futuro di una delle squadre più blasonate.

“Coi nostri soci lavoreremo sui mercati che hanno interesse anche nel tessuto produttivo del territorio», declamava Giampietro «potrebbero essere russi, ucraini, americani, bielorussi, bulgari o serbi. Ci dedicheremo a vari campi, dal parmigiano reggiano al prosciutto crudo, passando per il riso e la pasta. Ad esempio, qui a Parma c’è una fabbrica che produce caldaie a pellet, noi le produciamo in un paese dell’Est Europa…”.

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