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‘L’emergenza di scrivere’: tracce di quotidianità ai tempi del Covid-19-Settimo racconto


L’associazione Intesa San Martino con la sua Biblioteca Sociale Roberta Venturini, mette a disposizione degli iscritti uno spazio in cui raccogliere riflessioni, pensieri, racconti, idee e paure nel periodo di isolamento imposto dall’emergenza sanitaria.

Un’urgenza di far sentire la propria voce nel silenzio scelto dalla città che continua a vivere.

Questo il racconto di Sandro Tarasconi, socio della Biblioteca Sociale Roberta Venturini e noto nel quartiere San Leonardo per la sua grave disabilità.

Seduto sul suo disagio nel quale aveva trovato piccoli gesti di quotidiana normalità, Sandro osserva l’isolamento al quale è costretto con la sensibilità di chi apprezza anche i piccoli gesti di umanità, una stretta di mano, quattro ‘chiacchiere della vita e del mondo’ o aiutare gli altri per aiutare se stessi, mancanze che diventano voragini di silenzio in un’apnea continua in attesa di un futuro che non sarà più lo stesso.


Ma ora tutto è cambiato
: ora mancano le piccole cose

di Sandro Tarasconi


È vero che sono state fatte piste ciclabili, e non tutte le città le hanno, ma una volta fatte, hanno anche bisogno di manutenzione. Mi trovo in via Emilia ovest e sulla pista ciclabile, nella zona del ponte della ferrovia, si trovano buche e radici di alberi che escono sul percorso. Fino a poco tempo fa, notare le imperfezioni della città che mi creano piccoli e grandi disagi nella mia condizione di fragilissimo equilibrio, era all’ordine del giorno. Uscivo tutti i giorni, avevo le mie occupazioni, le mie cose da fare; passavo nella Biblioteca sociale  Roberta Venturini in Via Venezia ad aiutare per quanto posso e a chiacchierare della vita e del mondo con gli altri soci.

Ma ora tutto è cambiato: è arrivato il Coronavirus.

E in questo difficile momento, non solo per l’Italia ma per tutto il mondo, io nel mio piccolo lo sto vivendo molto male. Sto sempre a casa e le notizie che arrivano dai telegiornali mi angosciano ogni giorno di più. Mi chiedo spesso quanto questo nemico invisibile condizionerà le nostre vite anche in futuro. Nei momenti brevi in cui esco, vedo per la città una grandissima tensione. Da parte mia cerco di tenermi occupato, facendo ginnastica a casa e leggendo tanto. Ma le giornate sono comunque molto lunghe. Se penso alla situazione attuale, mi sembra quasi di leggere un libro. A volte mi viene da chiedermi: può essere questa una situazione orchestrata?

Con queste belle giornate, rimanere in casa diventa claustrofobico. Per passare le ore rispolvero dalla mia mente gli esercizi che facevo in passato; provo a scrivere, disegno e mi invento delle storie, cercando di tenere occupato il cervello. Erano passati solo pochi giorni dall’inizio della quarantena e subito mi sono imbattuto nella difficoltà di convivere con due genitori novantenni: mia madre soffre di depressione e mio padre, quanto è difficile gestirlo! Se gli dici di fare una cosa, lui farà esattamente il contrario.

Spero davvero che questo difficile momento passi in fretta.

È devastante, è passato circa un mese da quando è cominciata questa pandemia. I dati in questi giorni parlano di un lieve miglioramento della situazione. Il fatto è che in alcune città, ci atteniamo alle regole il più possibile, mentre in altre si comportano come niente fosse. Io mi chiedo: come possiamo uscirne se continuiamo a non rispettare le regole?

Penso spesso al dopo. Ora mancano le piccole cose – un caffè al bar, una chiacchierata, una semplice stretta di mano – ma la mia grande preoccupazione, quando tutto questo finirà, è che non saremo più gli stessi: gireremo sempre con le mascherine, avendo paura gli uni degli altri; perderemo il piacere di stringere la mano, di abbracciare un’altra persona. E nonostante l’amore,  la nostalgia e il piacere di rivedere le persone che ci sono mancate, rimarremo comunque a distanza. Il coronavirus ha cambiato il modo di vivere delle persone. Quando tutto sarà finito, nulla sarà uguale a prima. E personalmente dico, purtroppo.

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