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La moda parmigiana dal ‘900 in poi-Riflessioni semiserie di Teresa Giulietti II parte

di Teresa Giulietti 

…E poi è arrivato Il Novecento, il secolo della moda per eccellenza e tutto ha cominciato a cambiare seguendo un ritmo più dinamico, non più di secolo in secolo, ma di decennio in decennio, in una rimessa in discussione continua degli stilemi del decennio precedente.

Le distanze si accorciano, non più a bordo di rumorose carrozze ma su fumose locomotive e sulle prime automobili (privilegio di pochissimi), ci si sposta e ci si contamina. Dopo il taglio di tante capocce (grande festa alla corte di Francia…), la nobiltà non detta più legge, nemmeno nel campo della moda; tenta semmai di sopravvivere alle nuove istanze politiche ed economiche. E’ la borghesia, l’alta borghesia, a detenere il potere, in ogni ambito.

La donna del Novecento comincia a emanciparsi; non è più ingabbiata e snaturata, come le sue trisavole, in soffocanti busti e in pesantissime crinoline. Non riveste più soltanto il ruolo di angelo del focolare o di matrioscona imparruccata da ostentare nell’alta società.

Dopo la Rivoluzione Francese, dopo la Belle Époque e le sue innumerevoli invenzioni, la donna – seppur con la lentezza di un bradipo, chiedendo permesso e troppe volte “scusi, posso?”,  dovendo in certi contesti gridare e sgomitare per farsi valere – comincia ad occupare un posto nella società contemporanea. Entra nelle scuole, nei casi più fortunati nelle università, lavora accanto agli uomini, diventa più indipendente, ha la possibilità di lasciare un segno nel tessuto sociale.

Non più le principesse e le nobildonne, le nuove icone da ammirare e imitare sono le dive del cinema muto, e poi di quello sonoro. Anche a Parma si va al cinema, soprattutto al Reinach, a ridosso della Pilotta, prima teatro d’operetta, di prosa e di lirica, divenuto in seguito anche sala cinematografica. E in città, le cantanti d’opera, tra cui la Callas e la Tebaldi – la Mina e la Zanicchi della lirica e le attrici si succedono sui palcoscenici dei tanti teatri, soggiornano nella città Ducale e sfilano con le loro mise all’ultima moda per le vie del centro e i caffè più eleganti. I fotografi (non ancora paparazzi) le immortalano a ogni angolo rendendole divinità.

Parma negli anni 20 è sul pezzo, alcune parmigiane – quelle più giovani e disinibite – vestono à la garçonne, accorciando gonne e capelli, abbattendo pudori e distanze, si pettinano in quel modo alla maschietta che fa venire gli “sgrisor” agli uomini e alle donne della Parma Vecchia ancora impegnati a rimettere insieme i cocci di una città uscita di recente dalla Grande Guerra.

Parma, la vezzosa dal passo letto, che siano gli anni 20, 30 o 40, che siano i 50, 60 o gli anni 70, segue la moda senza diventarne suddita né precorritrice, limitando gli eccessi e le provocazioni, come quelli libertini e scanzonati degli anni 20 o quelli rivoluzionari dei Figli dei Fiori allora, si provvede ad allungare una gonna troppo corta, a smorzare un accostamento troppo azzardato. Di contro, quando la moda impone troppa austerità, come durante il ventennio fascista, nella città ducale fioriscono sartorie capaci di qualche azzardo, si aggiungono inserti, ricami, piumaggi alle giacche di taglio maschile e ai cappelli che divengono accessori d’obbligo.

Alle porte di Parma, a Traversetolo, ci sono loro: le Sorelle Fontana: Zoe, Micol e Giovanna, figlie di sarti locali. Negli anni caldi della Seconda guerra mondiale consolidano il successo e aprono il loro atelier romano, nel cuore alto borghese della capitale, poco distante da Via Veneto.

Sono gli anni in cui il cinema romano sta vivendo la fortunata stagione del neorealismo e di Cinecittà, le tre sorelle della provincia parmense divengono per le attrici in ascesa e per quelle già famose un punto di riferimento del buon gusto incontrastabile, e la maison il sancta sanctorum dei divi americani e nostrani.

Le clienti dell’atelier sono le donne più in vista del jet-set internazionale, celebri attrici di Hollywood come Linda Christian, Rita Hayworth, Ava Gardner, Liz Taylor, Audrey Hepburn, esponenti dell’aristocrazia, da Grace di Monaco, a Soraya moglie dello Shāh di Persia, fino alla regina Narriman d’Egitto, e alle donne di casa Savoia. Fino a Jacqueline Kennedy.

Anche per le signore ‘della Parma bene’ farsi vestire dalle tre sorelle diventa un sogno. Tra anni Cinquanta e Sessanta le migliori boutique parmigiane espongono in vetrina i capi dal taglio riconoscibilissimo delle tre stiliste, gli stessi modelli di alta sartoria pubblicati sulle riviste femminili e di attualità che vanno per la maggiore.

Gli abiti da sera e da cocktail più acquistati – anche a rate – sono quelli che si ispirano ad un film diventato cult tra le signore e le amanti del buon gusto (il fashion): Le ragazze di Piazza di Spagna che vede per protagonista una Lucia Bosé nel ruolo di Marisa.

A teatro e nelle occasioni mondane, le donne parmigiane si sentono un po’ tutte Marise o copie (provincializzate) di Ava Gardner, in quei film che l’hanno resa celebre: La contessa scalza, Il sole sorgerà ancora e L’ultima spiaggia e nei quali era stata vestita dalle tre stiliste.

C’è un capo che diventa insostituibile, un modello che tutte le femmine, giovani e meno giovani, borghesi, nobili decadute e operaie, devono assolutamente avere nel proprio guardaroba; trattasi del ‘pretino’ un tubino lungo fino al ginocchio dalla linea talare, svasato e profilato di bottoncini. Le più intraprendenti sanno portarlo con gli accessori giusti: un cappello saturno da monsignore e una collana a croce che ricade sul petto, come quello realizzato dalle sorelle Fontana per Ava Gardner, poi ripreso dal costumista Gherardi per Anita Ekberg ne La dolce Vita

Modificato, modernizzato, dissacrato, oggi quel tubino-pretino lo si ritrova ancora nel guardaroba di (quasi) tutte le Parmigiane. Nonne, mamme, figlie, nipotine. Certo, oggi le ragazze lo indossano più corto, più attillato, con gli anfibi, o un tacco 20 che disegna il gradino da calciatore lungo il polpaccio.

Oggi, le nipotine seguono un po’ di tutto e un po’ di niente, i social e i talent, le blogger e le pop star. Pasticciano parecchio davanti allo specchio per essere diverse, o si uniformano alle loro dee: la Belen, Chiara Ferragni, le troniste di U&D o le fidanzate di Temptation Island. Ci mancava giusto giusto Miss Keta, la rapper stonata col volto coperto.

Quando le nipotine si vestono mescolano capi sportivi, felpe, t-shirt e sneaker a pezzi hip-hop, rock, vintage, rock-punk, punk-rock-hip-hop-yohyoh! e manga giapponese.

Quasi tutte le giovanissime del 2020 (il che significa dalle dodicenni alle cinquantaquattrenni) hanno le sopracciglia very strong ridisegnate dal tatuaggio, le ciglia impiastricciate di mascara volumizzante, allungante alla Morticia Adams e le unghie con uno smalto hi-tech che nemmeno lo scrostante per wc riuscirebbe a tirar via.

Oggi la moda a Parma è quella di ogni altro luogo del pianeta. Un mix di storie che chiedono ancora di essere raccontate.

Liberamente tratto da ‘Parma Meravigliosa’ di Teresa Giulietti Edizioni della Sera.

(Tempo di lettura: dai 3 ai 4 minuti

Consigliato, sprofondati in poltrona, meglio se con i piedi in ammollo nella bacinella: acqua calda, amido di riso e due goccine di olio essenziale di cipresso)

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