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E’ morta oggi, a 95 anni, la partigiana  Laura Seghettini

di Lucia De Ioanna 
La mattina del 9 maggio 1945 i partigiani della 12ª brigata Garibaldi sfilano tra due ali di folla festante in strada Vittoria Emanuele, a Parma. In alcune istantanee, scattate quel giorno, e pubblicate nel libro di Laura Seghettini “Al vento del nord. Una donna nella lotta di Liberazione”, “i volti dei comandanti, poco più che ragazzi, vi appaiono belli e radiosi come può forse accadere una sola volta nella vita”.

Si nota la figura di una giovane donna, con i capelli scuri sciolti sulle spalle e la divisa color kaki, avanzare sorridendo: è Laura Seghettini, vicecommissario della brigata, che si è spenta oggi, all’età di 95 anni, nella sua Pontremoli, dove era nata il 21 gennaio del 1922. La sua storia, che per alcuni importanti frangenti si svolge a Parma e nel parmense, è stata raccontata anche nello spettacolo teatrale di Laura Cleri “Un’eredità senza testamento”. 

Maestra elementare, proveniente da una famiglia di idee socialiste, Laura si impegnò giovanissima in attività antifasciste fino a decidere di salire in montagna per unirsi ai partigiani, diventando vicecommissario di brigata all’interno del “Picelli”, battaglione comandato da Dante Castellucci detto “Facio”.

“Ero uscita da poco dal carcere di Massa” ha raccontato Laura nel libro che raccoglie la sua esperienza partigiana, “giurando che non ci sarei più tornata.” E così, quando l’8 maggio del 1944 suona alla sua porta un maresciallo dei carabinieri comunicandole l’ordine di presentarsi in caserma, Laura disubbidisce e sale sui monti chiedendo di poter parlare con “Facio” che però si trovava in quel momento a Campegine.

La storia di “Facio”, il cui nome era stato scelto forse in memoria di un brigante che lottava contro i Borboni, si intreccia aquella di Laura, in una storia di lotta e di sentimenti, così come a quella dei fratelli Cervi, nel memoriale redatto da Laurastessa. Giunto nella zona appenninica nel dicembre del ’43, dopo essere evaso dal carcere di Parma, “Facio” si trova in Francia prima della guerra e la sua conoscenza del francese gli salva la vita nel momento in cui i tedeschi, nel novembre del ’43, accerchiano casa di fratelli Cervi e Facio si finge francese. Viene rinchiuso nel carcere della Cittadella dal quale riesce ad evadere alla vigilia di Natale, evitando la fucilazione.

Quando Laura incontra Dante Castelluccio “Facio”, inizialmente percepisce una sorta di ostilità nei propri confronti: non è facile farsi accettare, donna, entro un gruppo di uomini. Ma poi, come racconta Laura, l’atteggiamento di “Facio” muta, grazie anche al racconto ed alla condivisione delle reciproche esperienze fino al nascere tra loro di un amore che verrà comunicato da “Facio” agli altri compagni in modo tanto secco quanto sorprendente per la giovane partigiana: “un giorno, mentre divisi a gruppetti stavamo pranzando (…), si alzò e rivolto a tutti disse: ‘vi comunico che Laura ha scelto me’. Rimasi un po, sorpresa per questa sua dichiarazione che non mi aspettavo, ma ormai era fatta.”

Nel suo libro di memorie, Laura denuncia anche quello che fu il processo-farsa messo in piedi contro “Facio” da parte di altri partigiani, guidati da Antonio Cabrelli “Salvatore”, processo che si concluse con la condanna a morte di Castelluccio “Facio”.

Dopo la fucilazione del proprio compagno, Laura passa nel parmense, dove diventa vice comandante di brigata.

Ma la sua lotta non si chiude con la fine della guerra: a conflitto finito, la partigiana Laura non si rassegna e presenta denuncia contro “Salvatore” chiedendo ai compagni del “Picelli” di stendere una relazione sulla figura di “Facio” e sullo svolgimento dei fatti che avevano determinato la sua fucilazione. Tutta la documentazione fu poi da Laura consegnata al presidente dell’Istituto storico della Resistenza di Parma , Remo Polizzi.

Combatte Laura anche contro la falsificazione della memoria rappresentata dalla medaglia al valore militare attribuita a “Facio”, nel 1963, la cui motivazione costituisce un falso storico: “Cadde combattendo contro preponderanti forze nemiche”, recita la motivazione dell’onorificenza, segno tangibile della volontà di non fare emergere verità scomode.

Volontà di verità e di giustizia che non si traduce in volontà di vendetta, nel pensiero e nelle scelte di Laura: quando nell’estate del 1945, rientrata a Parma per qualche giorno, Laura viene raggiunta da alcuni partigiani che portano con loro, legato, Carbelli per chiederle che cosa dovessero farne, Laura fa in modo che venga consegnato all’avvocato Primo Savani e quindi portato nel carcere di San Francesco.

La battaglia di Laura per la verità, con le parole di Giorgio Pagano, Co-presidente del comitato Unitario della Resistenza, deve continuare in suo nome compiendo un ultimo passo: la revoca della falsa medaglia a “Facio”, e l’assegnazione della Medaglia d’Oro a lui e agli altri partigiani che hanno combattuto nella battaglia del Lago Santo.

1 Commento

  1. roberto petacco

    Cara amica mia resterai sempre nel mio cuore

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