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23 settembre- “Goya-Grosz Il Sonno della ragione”: a Palazzo Pigorini la capacità visionaria dell’arte


“La spensieratezza va stroncata alla nascita”

(Antonio Rezza attore e autore dello spettacolo Fratto_X )

“Questa mostra nasce nel 2019 seduto a un tavolino dell’Einstein Kaffee di Berlino con Ralph Jentsch (Direttore della Fondazione George Grosz e co-curatore della mostra)- dice Didi Bozzini alla conferenza stampa di presentazione della mostra “GOYA – GROSZ  Il sonno della ragione” in programma a Palazzo Pigorini dal 23 settembre- immersi nell’atmosfera Belle Epoque che ancora si respira in quel luogo in cui tutto parla della leggera spensieratezza post bellica degli anni ‘20 di cui Grosz già prediceva lo sfacelo nelle sue opere 

Stesso clima nella Spagna di Goya una volta sventato il rischio giacobino e ripristinato quel potere imperialista che porterà ai disastri della guerra del 1810 descritti in anticipo nel ciclo Caprichos presentato nel 1799 dall’artista  di cui il celeberrimo ‘Il Sonno della Ragione genera mostri’ fa parte.

Entrambi intuiscono, con la capacità visionaria di guardare oltre propria dell’arte, che dentro l’opulenta e chiassosa spensieratezza abitava la crisi di valori e il crollo di un’epoca già annunciati nelle loro opere, quel ‘sonno della ragione’ che creerà mostri di inumanità, forse ancora nell’intero Occidente oggi.

L’ignoranza e il chiacchiericcio mondano, gli abusi dei potenti e l’ipocrisia dei farisei, la falsa scienza e le vere truffe, la violenza degli aggressori e la sofferenza delle vittime, l’ostentazione della ricchezza e la rassegnazione alla miseria sembrano non avere data.

Da qui nasce l’idea della mostra. Le loro opere, accomunate dalla satira sociale dirompente, l’impegno politico, il rilievo morale e l’estrema innovazione formale, rivelano la straordinaria abilità di due artisti capaci di svelare profonde verità con pochi tratti d’inchiostro o pennellate di colore, nonché l’estrema attualità della loro poetica.


Francisco Goya y Lucientes
(1746 – 1828) e George Grosz (1893 – 1953) sono separati da 150 anni di storia, ma entrambi decidono di indagare la realtà del loro tempo, innovando l’arte: i Capricci di Goya possono essere considerati un prodromo della modernità, in cui l’artista dà libero sfogo alla rappresentazione della propria condizione e allo stesso tempo dei propri incubi.

Grosz è uno degli epigoni più evidenti del maestro spagnolo, anche per essere stato considerato a lungo, come Goya, un caricaturista.

La caricatura è l’unico modo per questi artisti di descrivere il “mostruoso verosimile”, un mondo difforme e alla rovescia, rendendo interiore ciò che è esteriore e spostando sopra ciò che è sotto: un capovolgimento carnevalesco della realtà in cui satira e dramma convivono.


“Goya è stato l’ispiratore dell’opera di Grosz- prosegue Didi Bozzini- e in qualche modo il primo artista dell’era moderna e contemporanea ponendo il pensiero del pittore come soggetto del suo racconto e non più come mero esecutore di disegni divini prestabiliti. Molti i punti in comune tra i due artisti, dunque, entrambi muoiono in esilio, entrambi ebbero un grande successo in vita e entrambi oppositori dei regimi vigenti usano il disegno per la loro denuncia”

Tratti decisi, immediati, essenziali e graffiati. Manualità e capacità di tradurre stati d’animo in gesti reali, mani che raccontano idee e le trasformano in linguaggio condiviso.

“L’uomo non è più intelligente degli altri animali perché ha le mani, ma ha le mani perché è il più intelligente fra gli animali- cita Aristotele in chiusura Didi Bozzini per prendere le distanze dalla nuova ondata di arte immateriale (NFT) che sta crescendo a livello mondiale- La mano è il veicolo del sentimento e del pensiero e un’arte senza l’intervento manuale è solo un prodotto industriale frutto di dinamiche sincopate e non di cuore e cervello.

In questa mostra la manualità e lo sforzo dell’incisione vengono sottolineati come capacità di espressione della violenza dell’insurrezione, non sono forma soltanto ma anche sostanza nella sua fisicità. Le mani sono il premio della nostra intelligenza, non l’espressione”

E infine il curatore conclude spiegando l’importanza del luogo scelto per il percorso espositivo, Palazzo Pigorini diventa anch’esso parte del racconto in quanto palazzo borghese: una dimensione domestica che sottolinea la prossimità dell’opera e dell’essere umano, i quadri esposti sono i quadri che appartenevano alle famiglie che hanno visto i figli partire in guerra. “Una scelta precisa, contro tendenza, re-azionaria verso una dilagante concezione di mostra in contenitori vuoti, anonimi, bianchi fino all’assenza, volti a staccare le opere dal contesto e farne prodotti riconoscibili decontestualizzati, mostre che si trasformano in brand secondo logiche da supermercato”.

L’esposizione, che presenta tutte le ottanta incisioni dei “Capricci” datate 1799, prende le mosse dai due autoritratti di Goya inseriti all’interno della serie: quello della tavola n°. 1, disegnato di profilo e ad occhi aperti, in cui di fatto il pittore non ritrae il suo volto ma la sua maschera, e poi il “Capriccio 43, El sueño de la razon produce monstruos”, quello a occhi chiusi in un sonno popolato da creature mostruose e incubi.

Ad essi fa eco l’autoritratto dipinto nel 1940 da George Grosz, in cui un uccello da preda sorvola minacciosamente la figura dell’artista.

Goya, nominato Primo Pittore di Corte nello stesso anno in cui escono i “Capricci”, esprime attraverso la sua arte – in particolare la grafica – la sua personale visione del mondo, non solo con questa serie, ma anche con il ciclo de “I Disastri della guerra”, alcune tavole del quale sono esposte in mostra.

Allo stesso modo Grosz, fondatore del movimento Dada berlinese, profetizza nelle sue opere l’avvento del nazismo e la Seconda Guerra Mondiale, passando con estrema facilità dal disegno satirico al dramma di certi dipinti in mostra, come “A Piece of My World II/The Last Battalion”, in cui nel 1938 ritrae una terra desolata e distrutta su cui arranca un contingente disperato di soldati alla ricerca di cibo.


GOYA – GROSZ

Il sonno della ragione

A cura di Ralph Jentsch e Didi Bozzini

23 settembre 2022 – 13 gennaio 2023

Palazzo Pigorini, Parma

Str. della Repubblica, 29A

 

Orari

Mercoledì, giovedì e venerdì:10 – 13 e 15 – 19

Sabato, domenica e i festivi :10 – 19

Chiuso lunedì e martedì

 

Ingresso gratuito

 

Info

Tel 0521 218967,

email info.cultura@comune.parma.it

https://www.comune.parma.it/cultura

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