Home » Cultura&Spettacoli » Farian Sabahi dedica a Saman la mostra Safar: Viaggio in Medio Oriente- Vite appese a un Filo

Farian Sabahi dedica a Saman la mostra Safar: Viaggio in Medio Oriente- Vite appese a un Filo

di Titti Duimio

“Se l’albero potesse muoversi, e avesse piedi ed ali

non penerebbe segato, né soffrirebbe ferite d’accetta

E se il sole non viaggiasse con piedi e ali ogni notte

come potrebbe illuminarsi il mondo all’aurora?

Anche se tu non hai piedi, scegli di viaggiare in te stesso,

come miniera di rubini sii aperto all’influsso dei raggi del sole”

 

                             Rumi, XIII secolo

 

E’ stata inaugurata ieri 18 giugno allo Spazio A di via Melloni SAFAR: Viaggio in Medio Oriente – Mostra fotografica di Farian Sabahi giornalista e fotografa.

Una mostra intensa e internazionale che fa distogliere lo sguardo per un attimo dal piccolo enorme quotidiano che la pandemia ci ha lasciato, o forse ci aiuta ad accettarlo attraverso la dedica alla giovane Saman (probabilmente uccisa dalla famiglia a Novellara), scritta a mano sul muro dall’artista, che ti lega come un macigno all’oggi e ti conduce nel viaggio temporale di una cultura colma di contraddizioni come un’epigrafe scolpita.

Uno sguardo femminile sul mondo che le donne interpretano come protagoniste di un passato da salvare nell’essenza della sua spiritualità, ma di cui restano vittime inconsapevoli nella maschile prepotenza spietata e irriconoscente della cronaca.

Una boccata d’aria pesante come il piombo sulle nostre coscienze è la mostra fotografica in corso allo Spazio A di via Melloni della giornalista e fotografa Farian Sabahi, Safar-Viaggio in Medio Oriente- Vite appese a un Filo: una sessantina di scatti tra Siria, Libano, Iraq e Iran, Azerbaigian, Uzbekistan, e Yemen fra il 1998 e il 2005.

Un viaggio dentro la storia e le storie, dentro paesaggi e culture che fanno da cornice a visi e anime sospesi tra presenza e assenza, tra essere e esserci.

Strappi atemporali che tentano di sovrapporre una modernità veloce e asettica a una storia culturale lenta che viene da lontano, da salvare nella sua essenza, da condannare nelle sue violente contraddizioni sociali, ma non senza averla almeno compresa.

E nel comprenderla ti ritrovi come in un abbraccio colpevole di appartenenza.

Forse nei versi del poeta di lingua persiana Rumi (1207-1273), ricamati dalla giovane artista Ivana Sfredda che accolgono il visitatore, c’è la chiave di una modernità pre-annunciata, un’evoluzione invocata in pochi cenni che auspicava un viaggio continuo personale e collettivo che non permette soste né facili soluzioni prese a prestito dalla cronaca altrui come i pattini in linea dei bambini senza volto e senza identità che scappano senza mai guardarsi indietro nella foto copertina della mostra.

Un monito, un timore, una sconsolata consapevolezza, forse, di Farian in vista delle elezioni oggi in Iran che potrebbero allontanare il paese dall’accordo anti-nucleare con un governo ultraconservatore, girando le spalle al resto del mondo di cui non si sente parte.

”Le foto sono state stampate su carta di cotone, la più pregiata, per impreziosire ancora di più le storie di queste donne la cui vita è stata stravolta dalle guerre” ci dice l’autrice.

Radici e contraddizioni di una realtà vista e immortalata poco prima e immediatamente dopo che in alcuni di questi Paesi iniziassero terribili i conflitti, un mondo stravolto anche dove la guerra non si è combattuta, dove però permangono le cicatrici dei vecchi conflitti o dove il progresso si contrappone forte e arrogante agli aspetti più tradizionali del vivere quotidiano.

“L’esposizione già presentata al MAO ( Museo d’Arte Orientale) di Torino (2019) contiene una novità appositamente creata per Parma- spiega l’autrice- Si tratta di un’installazione site specific che accoglie all’ingresso il visitatore, un work in progress composto alla base dalla parola ‘viaggio’ declinata da occidente verso oriente in diverse lingue con al centro la traduzione parmigiana di Alberto Reggianini ‘Al Viaz’.”

Immagini sospese su un filo da pesca, omaggio alle vittime del Mediterraneo, con mollette come i panni stesi ad asciugare che loro non indossano più.

Sabato prossimo Farian Sabahi aggiungerà significato all’opera con una nuova serie di immagini evocative che andranno a completare la versione parmigiana del suo racconto per immagini di un mondo che non c’è più.

In mostra anche il cortometraggio I Bambini di Teheran (33 minuti) che era già stato al MAO Museo d’Arte Orientale di Torino e al MUDEC Museo delle Culture di Milano (2018). Sono quattro le testimonianze degli ebrei polacchi, ormai anziani, intervistati in Israele nel 2008 e 2010. Le loro vicende sono divise a tappe geografiche, congiunte dalla voce fuori campo di un quattordicenne. Appena prima dell’inizio della Seconda guerra mondiale erano scappati dalla Polonia invasa dai tedeschi verso la Polonia occupata dai sovietici. Da qui, erano stati deportati nei campi di lavoro in Siberia. In un secondo tempo erano riusciti ad arrivare in Uzbekistan dove vissero negli orfanotrofi fino a quando furono portati sulle coste del Mar Caspio e da lì a Teheran, che il 25 agosto 1941 era stata invasa dalle truppe britanniche e sovietiche. A Teheran, gli inglesi trasferirono 33mila soldati polacchi e 11mila rifugiati di cui 2mila ebrei, la metà minorenni destinati a un campo rifugiati allestito nell’agosto 1942 e finanziato dal governo polacco in esilio; cibo e medicine erano fornite dalla comunità ebraica iraniana, dalla Croce Rossa americana, da organizzazioni ebraiche e sioniste. A Teheran, i rifugiati polacchi trascorsero il periodo più lungo (da qui il nome Bambini di Teheran) prima di raggiungere quella che ancora era chiamata Palestina, dove furono smistati in base alle abitudini della famiglia di provenienza: i figli di rabbini furono destinati allo studio della Torah, gli altri ai kibbutz. Ma qualcuno riuscì a imbrogliare….

La colonna sonora del video è Elegy for the Arctic, per gentile concessione di Ludovico Einaudi.

L’inviato di guerra Alberto Negri nella prefazione del catalogo scrive “Nulla di tutto quello che vediamo in questi scatti ci è estraneo. È un mondo diverso ma non così esotico. Abbiamo contribuito pesantemente alla sua distruzione. È difficile raccontare cosa volesse dire vivere in Iraq o Siria in questi anni, sotto i bombardamenti, asserragliati senza mai potere uscire. La morte arrivava dall’alto con i raid aerei o i missili, oppure in maniera silenziosa sulla lama di un coltello. E molti dei monumenti, dei muri, delle case, dei volti delle persone che qui sono ritratti non ci sono più. Perduti per sempre. Ecco perché l’immagine, anche la più innocente, come il sorriso di un bambino, non è semplicemente un ricordo ma un atto d’accusa”. 

 

L’ingresso in mostra è gratuito. Orario: dal martedì al venerdì 15-19, sabato e domenica 10-19, lunedì chiuso.

FARIAN SABAHI

Farian Sabahi (1967) – Giornalista professionista specializzata sul Medio Oriente, scrive per Il Corriere della Sera, il settimanale Io Donna e il manifesto. È titolare del seminario “Relazioni internazionali del Medio Oriente” presso l’Università della Valle d’Aosta e insegna “Giornalismo tra diritti e libertà” all’Università dell’Insubria. Storia dell’Iran 1890-2020 (Il Saggiatore 2020) è il suo ultimo libro. Nel memoir Non legare il cuore. La mia storia persiana tra due paesi e tre religioni racconta le sue vicende e quelle di famiglia (Solferino 2018). Tra gli altri suoi volumi: Un’estate a Teheran (Laterza), Islam. L’identità inquieta dell’Europa (Saggiatore) e Storia dello Yemen (Bruno Mondadori). Noi donne di Teheran (disponibile anche in francese e in inglese) e il libro-intervista Il mio esilio con l’avvocato iraniana Shirin Ebadi insignita del Nobel per la pace sono pubblicati da Jouvence. Nel 2010 è stata insignita del Premio Amalfi sezione Mediterraneo, nel 2011 ha ricevuto il Premio Torino Libera intitolato a Valdo Fusi, e nel 2016 il Premio giornalistico “Con gli occhi di una donna” organizzato dai Lions di Parma.

 

Il suo sito è www.fariansabahi.com

 

Lascia un Commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.I campi obbligatori sono evidenziati *

*