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28 marzo- Pelléas et Mélisande: Debussy firmato Teatro Regio debutta in diretta Rai


A 54 anni dal suo ultimo allestimento, il dramma lirico in cinque atti e dodici quadri di Maurice Maeterlinck su musica di Claude Debussy Pelléas et Mélisande torna al Teatro Regio di Parma domenica 28 marzo alle 18 con trasmissione in diretta televisiva su Rai 5 e in live streaming sulla piattaforma web Raiplay.

Il nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma, firmato per la regia, le scene e i costumi del team creativo franco-canadese Barbe & Doucet, con le luci di Guy Simard, è realizzato in coproduzione con Fondazione Teatri di Piacenza e Fondazione Teatro Comunale di Modena. Marco Angius dirige l’Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini e il Coro del Teatro Regio di Parma, preparato da Martino Faggiani, con protagonisti Monica Bacelli(Mélisande), Phillip Addis (Pelléas), Michael Bachtadze(Golaud), Vincent Le Textier (Arkël) e Enkelejda Shkoza(Geneviève), Silvia Frigato (Yniold), Andrea Pellegrini(Pastore, Medico).

La messa in scena dell’opera sarà accompagnata da una speciale edizione in streaming di Prima che si alzi il sipario, a cura dello storico della musica Giuseppe Martini, che porterà alla scoperta della trama e della storia dell’opera. Agli inizi di marzo, inoltre, sarà presentato un corollario di attività educative e di iniziative collaterali nell’ambito di RegioInsieme, rivolte dal Teatro Regio a bambini, famiglie, ragazzi, spettatori sensibili e provenienti da culture diverse o lontane, per incentivare la scoperta e la condivisione dei contenuti dell’opera, nel segno della creatività, dell’incontro tra culture, dell’accessibilità del patrimonio culturale teatrale, cui si dedica la Giornata mondiale del Teatro, il prossimo 27 marzo.

“Tornare in scena e poter trasmettere in diretta su Rai 5 lo spettacolo che avrebbe dovuto inaugurare il nostro speciale progetto per Parma Capitale italiana della Cultura 2020+21, dichiara Anna Maria Meo, Direttore generale del Teatro Regio è un atto estremamente importante per il nostro teatro, che continua a stimolare la curiosità e la crescita del proprio pubblico con un titolo emblematico del repertorio lirico del Novecento storico.

Condividere con tutt’Italia la visione della sontuosa macchina scenica completamente allestita già nel mese di marzo 2020, e fermata precipitosamente a pochi giorni dal debutto per le restrizioni imposte dalle autorità ai fini della sicurezza sanitaria, alimenta inoltre la nostra speranza che tornare a produrre spettacolo dal vivo, nel pieno rispetto delle esigenze di sicurezza, entro l’estate 2021 sia davvero possibile. È con questo spirito, carico di ottimismo e di slancio, che aspettiamo quindi di poter annunciare entro la primavera la nostra Stagione Estiva e la XXI edizione del Festival Verdi, che sarà realizzata al massimo delle nostre possibilità. Nel frattempo, il Regio continuerà a produrre e immaginare nuove iniziative di spettacolo ed educative in streaming rivolte all’intera cittadinanza, non solo al pubblico degli appassionati d’opera ma anche a chi desidera in questa fase avvicinarsi al teatro, e a proiettare il grande sforzo innovativo sostenuto durante il lockdown nel futuro, sapendo che le acquisizioni di questi mesi si riverbereranno positivamente sull’intera struttura produttiva nel lungo termine.

Assieme a Pelléas et Mélisande altri spettacoli costituivano l’intelaiatura del progetto ispirato al tema di Parma 2020 “la cultura batte il tempo”, inquadrandolo nel Novecento, il secolo che più di altri ha riflettuto e si è interrogato sulla concezione del Tempo: le produzioni dell’Ascesa e caduta della città di Mahagonny diretta da Christopher Franklin con la regia di Henning Brockhaus e le scene di Margherita Palli, il concerto Il Tempo dell’Europa diretto da Marco Angius, con i live electronics di Nicola Bernardini e Alvise Vidolin, la prima assoluta della coreografia di Mario Bermudez Gil, commissionata al Nuovo Balletto di Toscana Quartetto per la fine del tempo su musiche eseguite dal vivo di Olivier Messiaen dovranno però attendere il 2022 per poter essere realizzate e godute al massimo del loro potenziale”.

Per Pelléas et Mélisande, Barbe & Doucet concepiscono un allestimento circolare, che si ispira allo Spiritismo tardo ottocentesco, in cui i personaggi sono immersi loro malgrado in un limbo, uno spazio di confine tra ciò che sta sopra la terra e ciò che sta sotto, tra elementi scenici naturali, boschivi e acquatici, marmi che evocano cimiteri monumentali, isole semoventi, pannelli e fondali in continuo movimento.
Un mondo a cavallo tra mondi, da cui non sembra esser possibile sfuggire, dove ciascun elemento ha un significato simbolico (l’acqua, le radici, la luce) e dove ciascun personaggio è molto di più di quel che canta. I protagonisti, quali spiriti solitari che dovranno trovare la pace prima di terminare il loro viaggio, sembrano sgretolarsi, sfaldarsi via via e non casualmente strato dopo strato perderanno le loro vesti, unica apparente protezione nei confronti di un destino che appare ineluttabile.

“La musica comincia là dove la parola è impotente a esprimere. La musica è scritta per l’inesprimibile. Vorrei che essa sembrasse uscire dall’ombra e che qualche istante dopo vi ritornasse. Vorrei che fosse sempre persona discreta”. Così Debussy, di ritorno da Bayreuth nel 1889, esprimeva in una confessione al suo maestro Guiraud la propria posizione nei confronti di Wagner, da cui la sua opera prenderà tanto le distanze, quanto le mosse. Anni dopo, queste stesse frasi sembreranno atte a descrivere proprio il personaggio di Mélisande, che allora doveva ancora nascere, al punto di poter affermare in una prospettiva simbolista che Mélisande, la cui morte (così come la dichiarazione d’amore di Pelléas) avviene nel silenzio di una pausa acustica, sia una personificazione della musica.

Nel testo di Maeterlinck, che Debussy conobbe quattro anni dopo quell’episodio, nel 1893, in occasione della prima rappresentazione del dramma ai Bouffes, il compositore dichiarava di aver trovato “la lingua evocatrice, la cui sensibilità potrebbe trovare un prolungamento nella musica e nell’ornamentazione orchestrale”. Dei suoi personaggi amava la fragilità, l’incapacità di compiere atti di wagneriano eroismo, pur essendo capaci di cantare il loro destino mentre, al contempo, si accingevano a subirlo. Dopo aver steso l’intero impianto della partitura di getto, tra 1893 e 1895, Debussy aspettò però sino al 1901 per completarne l’orchestrazione, in vista della prima esecuzione finalmente prevista per il 1902 all’Opéra Comique di Parigi. Una lunga riflessione sembrava imporglisi mentre, di certo non inconsapevolmente, si accingeva a rivoluzionare le regole del teatro musicale del suo tempo.


Il Direttore musicale, Marco Angius tematizza un immancabile paradosso, quello del legame e del collegamento dei suoni alle parole, antico quanto irrisolto. “Le parole sono già suoni prima ancora che segni, afferma: difatti un compositore prima immagina i suoni e poi li trascrive. L’interprete compie invece il percorso inverso, risalendo dai segni a una delle possibili idee di suono”.

“Di fronte alle parole di Maeterlinck, Debussy si comporta come un nuovo drammaturgo musicale: le dispone praticamente integre lungo un tessuto sonoro in cui il corpo della voce risulta assente perché migrato in quello dell’orchestra e convertito nella componente a essa più congeniale: quella simbolico-rappresentativa. Nel tentativo di definire musicalmente i processi che caratterizzano la scrittura vocale e orchestrale del Pelléas, emergono diversi elementi su cui soffermare lo sguardo: la poetica del silenzio e della decostruzione compositiva, la componente timbrica e spettrale che fa apparire i dialoghi come una delle possibili variabili del suono, il prosciugamento del ruolo lirico delle voci a favore delle potenzialità espressive dell’orchestra. Pelléas et Mélisande non è infatti un’opera lirica in senso stretto ma una forma sui generis di teatro musicale in cui gli eventi sembrano sospesi fuori del tempo. Questi condizione di still life confina con il carattere di opera aperta e mai veramente conclusa dopo la prima redazione del 1892, in piena fase sperimentale di mélodies e progetti irrealizzati (per una forma estrema di perfezionismo del compositore?). Nella poetica dell’incertezza, proclamata da Maeterlinck e Debussy, non sappiamo nemmeno di fronte a che genere di personaggi ci troviamo: esseri viventi oppure ombre irreali di cui la musica restituisce all’ascolto i profili evanescenti e le più sottili allucinazioni?”.

 

Nell’atto di dare una risposta a tale quesito, Barbe & Doucet raccontano la visione generatrice del loro allestimento: “Nel 1889, Debussy immaginò il suo librettista ideale: “Uno che, scrivendo le cose a metà, mi consentirebbe di innestare la mia drammaturgia sui suoi personaggi. Personaggi che si sottomettono al destino senza esitazione e la cui storia non appartenga ad alcun tempo o luogo”. Maeterlink incarnava tali requisiti. Debussy era particolarmente attratto dallo Spiritismo, come testimoniato dalla sua ultima opera incompiuta La Caduta della casa degli Usher di cui fu sia compositore sia autore del libretto basato sul romanzo di Edgar Allan Poe. Nei suoi scritti, sua figlia Emma menzionava tale attrazione verso il mondo degli spiriti e dopo la morte del padre cercò di entrare in contatto con lui. Secondo Allan Kardec, lo Spiritismo è una scienza che studia la natura, la genesi, il destino degli spiriti e la loro relazione con il mondo fisico, il movimento nacque a Parigi alla fine del XIX secolo e si diffuse in tutta Europa. Abbiamo preso questa strada nell’ideare la nostra nuova produzione Pelléas et Mélisande. In quest’opera, i conflitti tra i personaggi sono espressi ma mai risolti”.

 

“Ritrovata sulle sponde di un fiume (forse lo Stige), Mélisande si rivela uno spirito perduto isolato nella propria malinconia – proseguono Barbe & Doucet. Nonostante gli occhi siano la finestra dell’anima, non è facile individuare uno spirito perduto che, come Mélisande, ha subìto un evento talmente tragico da non riuscire più ad amare: è uno spirito alla deriva. Dopo la morte brutale di Pelléas, Golaud si unisce a questa famiglia di spiriti solitari che dovranno trovare la pace prima di terminare il loro viaggio. Die Toteninsel (L’Isola dei morti) dell’artista simbolista Arnold Böcklin costituisce una serie di 5 dipinti realizzati tra il 1880 e il 1886, e l’allestimento è un’interpretazione di queste opere. Circondato d’acqua, il Royaume d’Allemonde è l’isola dei defunti dove queste entità sono intrappolate. Pelléas et Mélisande è un’opera che racconta queste anime e il loro inabissamento, dove le forze della natura trascinano i personaggi sul fondo dell’amore proibito e niente è raggiungibile, neanche attraverso la morte”.

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