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#Parma2020-Nella Capitale della Cultura la cultura non si paga-Roberta Roberti critica le scelte dell’organizzazione

di Titti Duimio
Dopo i giorni dell’inaugurazione, la parata in giallo con grande partecipazione popolare (e il potente contratto con il clima di sostegno), la breve apparizione degli scenografici e emozionanti videomapping sui monumenti più identificativi della città, il jingle meno jingle nella storia dei jingle, le mostre troppo facili o troppo difficili che celebrano Parma come Capitale della Cultura Italiana, dopo le critiche più o meno fondate o gli elogi entusiastici più o meno fondati pure loro, gli spot elettorali e le autorevoli presenze istituzionali (ahinoi senza troppo rispetto per la parità di genere), dopo la sontuosa conferenza stampa di presentazione alla sede della Borsa di Milano (perché a Milano? E perché alla Borsa?) abbiamo provato a chiedere ad un’autorevole esponente della mondo culturale cittadino, nonché consigliera comunale, insegnante del Liceo Toschi e membro della Commissione Cultura del nostro comune, un’opinione che andasse oltre le sterili polemiche generiche ma che scendesse nel merito delle obiezioni in un confronto civile sulla base del dialogo e della critica, vero e imprescindibile concetto di dialettica democratica e crescita comune.

Roberta Roberti, qual è il suo giudizio sull’apertura di questo lungo anno dedicato alla cultura a pochi giorni dalla sua inaugurazione?

Innanzitutto, a mio parere, sarà necessario da parte dell’assessore, del comitato Parma2020 e di chi si occupa della comunicazione dare gambe allo slogan vincente ‘la cultura batte il tempo”: doveva costituire la linea guida, il nesso tra tutte le proposte, pubbliche e private, contenute nel calendario istituzionale, mentre al momento sembra davvero mancare un filo conduttore in grado di dare un senso complessivo oltre il valore delle singole iniziative.

Detto questo, un motivo di forte rammarico per me è notare che si è scelto di continuare a sottopagare i professionisti della cultura senza i quali non esisterebbe Parma 2020.

Certo, è una pratica diffusa a livello nazionale, nessuno lo nega, ma si è persa l’occasione di far partire proprio da Parma un’inversione di tendenza, riconoscendo a chi opera nel difficile mondo della produzione culturale un giusto compenso, la valorizzazione doverosa dei lunghi  percorsi di studio e delle competenze faticosamente acquisite.

Scegliere di retribuire dignitosamente i tanti professionisti della cultura sarebbe stato un gesto rivoluzionario e assai significativo a livello nazionale, proprio in virtù della visibilità che essere Capitale Italiana della Cultura offre alla nostra città. Avremmo colto l’occasione per dimostrare con un gesto concreto che siamo convinti che debbano essere restituiti dignità e valore a chi la cultura la fa tutto l’anno e non solo per gli eventi eccezionali.

Chi sono?

Parlo degli addetti all’apertura degli spazi museali, delle guide che svolgono un importante servizio nei luoghi culturali della città, dei figuranti e degli attori e dei musicisti impiegati anche nella grande parata in giallo, che già in precedenza hanno espresso la propria preoccupazione per le misere retribuzioni pattuite in regime precario.

Tanti sono i settori culturali perennemente umiliati con trattamenti economici vergognosi, non proporzionati a competenza e qualità del lavoro svolto, mentre poi si spendono molti soldi per figure apicali, rigorosamente esterne al territorio, sui cui interventi si moltiplicano le perplessità anche perché mancano quei risultati eclatanti che ci si aspettava di avere.

E invece si è preferito proseguire sulla stessa strada, anzi si sono incentivate le attività affidate al volontariato. Non vorrei essere fraintesa: i volontari vanno ringraziati sinceramente per la disponibilità e la generosità con cui mettono a disposizione della città il loro tempo, ma questo non deve in alcun modo penalizzare le competenze e le eccellenze che la città offre.

Non è nè serio né corretto sostituire con un servizio gratuito, e talvolta non adeguato nè professionale, persone che con dedizione, fatica e lunghi anni di studio e lavoro hanno acquisito titoli e competenze professionali. Vogliamo smetterla di lasciar intendere che chiunque si può occupare di qualunque cosa, specie se si tratta di cultura? E’ davvero deleterio il messaggio che trapela da queste scelte.

Se è vero che i cittadini possono diventare i migliori promotori della città, se è sincero l’assunto che Parma 2020 deve porsi come primo obiettivo quello di lasciare un’eredità duratura ben oltre lo scadere di quest’anno, allora bisogna coinvolgere quei cittadini nella progettazione degli eventi, non usarli solo come manodopera dell’ultima ora.

Ad esempio, mi auguravo che sarebbero stati coinvolti nella progettazione e nella realizzazione di alcuni eventi i ragazzi delle nostre scuole superiori, facendoli sentire protagonisti e artefici del grande racconto della Parma culturale, mentre mi pare che la loro presenza sia indispensabile solo come forza lavoro gratuita dell’ultima ora. E questo proprio non lo condivido, lo trovo molto scorretto e diseducativo.
Solo la rassegna d’arte Quadrilegio, inserita nel calendario ufficiale ma organizzata da anni da un’associazione culturale privata, ha dedicato un grande evento in primavera che prevede il coinvolgimento delle scuole sul tema dell’ambiente.

Gli esempi delle buone pratiche devono venire dall’alto e se la pubblica amministrazione sceglie di dare un servizio non qualificato e approssimativo in tutti i settori della filiera culturale, il risultato saranno scarsa valorizzazione e scarso rispetto anche nei cittadini, quindi il danno sarà doppio: da una parte le competenze culturali della città non valorizzate e dall’altro la percezione di un messaggio sbagliato che arriva ai giovani e ai cittadini.

Un’altra fonte di rammarico per me è la mancanza totale di investimento per valorizzare le eccellenze artistiche identitarie, parlo di Parmigianino, Correggio o Antelami. Ad oggi si sa poco o nulla del destino della mostra alle Scuderie sui primi due, mentre su Antelami unica operazione, per altro discutibile perché non rispettosa della precisa prospettiva visuale per cui furono ideati e scolpiti, si deve alla Diocesi, che ha fatto collocare i mesi in Battistero ad altezza d’uomo.

Intendiamoci con chiarezza: non si tratta di rimpiangere una mancata autocelebrazione della città. Mi sarebbe piaciuto vedere nel contenitore sfavillante di Parma 2020 un paio di convegni seri, di alto spessore internazionale, capaci di mettere in evidenza le relazioni di questi tre grandi artisti con il resto d’Italia e d’Europa, il confronto tra linguaggi che hanno prodotto proprio qui a Parma dei risultati assolutamente unici e culturalmente rilevanti.

Quindi non è vero che con la cultura non si mangia, come si è detto in conferenza stampa, ma forse è vero che con la cultura non mangia chi la fa?

Il paradosso che esce da Parma Capitale della Cultura è che della imponente macchina organizzativa ampiamente remunerata l’unica cosa gratis è proprio la cultura, tradendo l’idea originaria che voleva valorizzare e esaltare la produzione culturale locale ridotta invece a mero ‘santino’ utilizzato come attrazione e non realmente vissuto nel contesto cittadino. In che modo la città è protagonista? Perché i volontari portano in giro i turisti, forse? quando in città esistono guide professioniste con tanto di patentino e iscrizione ad un albo apposito che rimangono a casa perché costano? Dove sono i nostri giovani talenti che forse contavano su questa opportunità?

Si è parlato di ‘sprovincializzare’ il racconto culturale locale evitando l’autocelebrazione, ma cosa c’è di più autoreferenziale di chiamare a raccontare Parma e i parmigiani squadre di fotografi?

A questo proposito, non posso fare a meno di richiamare la vostra attenzione su Oliviero Toscani, che a mio parere dovrebbe essere depennato dal programma di Parma 2020dopo le vergognose affermazioni fatte sul Ponte Morandi,perché anche in questo caso stiamo parlando di giovani fotografi reclutati gratuitamente e obbligati tra l’altro a rinunciare a tutti i diritti sulle loro fotografie.

Tante quindi finora le perplessità- conclude Roberta Roberti-ma siamo solo all’inizio e forse c’è ancora tempo per correggere il tiro. Pronta a stupirmi.

2 commenti

  1. D’accordo sull’analisi.Ma cosa possiamo fare,concretamente? Vorrei che ci fosse un mobilitarsi ,ma dall’ interno.Cioe’ ,mi sento parte dell ‘ evento,che è una opportunità per tutti noi.Sarebbe utile superare le solite contrapposizioni,il benaltrismo,la difesa del proprio cortiletto..Il tema del lavoro e della sua dignità potrebbe essere un punto da cui partire: sarebbe ,davvero,fare cultura.E costruire un progetto di città inclusiva.

  2. Esattamente le stesse peplessita’ che ho io e molti “umili” cittadini che non contano nulla . Mi chiedo ancora come abbiano dato a questa citta ,cosi impreparata , un titolo cosi importante .

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