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Arriva il Museo del Culatello e del Masalén a Polesine grazie alla famiglia Spigaroli

Sabato 24 marzo 2018, all’Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense (PR) inaugura il primo percorso espositivo permanente legato a una tradizione scavata nel cuore e nello stomaco della Bassa.

 

“Era il 1990 quando con mamma e papà decidemmo di acquistare l’Antica Corte Pallavicina, ormai un rudere irrecuperabile: così era definito dalle genti. Dopo 20 anni di restauro nel 2010 l’apertura di gran parte della struttura: restaurata dalle maestranze del posto, con mille attenzioni, quasi in punta di piedi, come si dice dalle nostre parti, ma soprattutto con tanto, tanto cuore.

Da quel 1990 son passati ormai 28 anni e i restauri non si sono mai fermati. Ormai l’Antica Corte è come la immaginavo quando l’abbiamo acquistata. Mancava ancora una parte importante per fissare il lavoro di tante generazioni di queste terre. Uno spazio da dedicare non solo alla nostra famiglia ma alle genti del posto che, nei secoli, con il proprio lavoro hanno mantenuto quelle tradizioni che rendono celebre il nostro territorio in tutto il mondo.

Contadini in estate, Masalén (norcini) in inverno. La nostra famiglia era fra quelle e così un altro sogno si avvera in un percorso ricco di storia che si snoda nell’intero borgo della Corte Pallavicina.

Un “Museo del Culatello e del Masalén” voluto dalla nostra famiglia, dedicato al territorio e a tutte le sue genti. Tanto dovevamo.

 

Con questa idea, la Famiglia Spigaroli ha intrapreso l’avventura dell’allestimento, all’Antica Corte Pallavicina, del Museo del Culatello e del Masalén, un vero e proprio tragitto nel cuore della cultura enogastronomica emiliana, voluto da chi a quell’area del gusto deve la propria passione e, a conti fatti, la propria vita. A 10 minuti dal Museo del Parmigiano Reggiano di Soragna e a 20 da quello dell’Arte Olearia di San Secondo, Polesine Parmense diventa così l’ideale chiusura di un triangolo dei sapori che giustifica un percorso nell’anima di un territorio ricco e generoso, anche in termini di diffusione delle proprie pratiche tradizionali, declinate e illustrate in una concezione contemporanea e multimediale, fatta di foto, disegni, mappe e touch screen.

Il complesso dell’Antica Corte Pallavicina si staglia in uno scorcio di Bassa dominata dal suono del Grande Fiume, dai colori umidi e dai contorni tipicamente sfocati di quei luoghi in cui la nebbia non è una seccatura ma, anzi, un elemento fondamentale del paesaggio che sa quando alzarsi e scendere, in una scenografica danza che contribuisce al fascino del tutto.

È superando l’angolo a sinistra tra i due edifici che si arriva a un porticato, dove a essere raccontato è il primo tema, ovvero la Terra del Culatello. L’ambiente, i pioppeti, il Po sono protagonisti di una narrazione che conduce fino a una sala incentrata sulla figura del maiale come animale addomesticato dall’uomo, con approfondimenti sul maiale nero tipico del Parmense e sul suo recupero, sul simbolismo e sull’immagine di una creatura talmente legata all’uomo da essere scelto per evocarne i vizi e le virtù: il maiale – che sfama la famiglia contadina – viene mostrato su cartoline illustrate che lo raffigurano in modi umani, come specchio dell’umanità,  ma anche nei libri e nella satira, nelle monete e nei francobolli. A proposito di rappresentazioni, tra sacro e profano, un angolo del museo propone un riferimento a Sant’Antonio Abate, eremita del deserto raffigurato inizialmente in compagnia di un maiale nero con le zanne, incarnazione del demonio tentatore che la cultura contadina trasforma invece in animale protetto dal Santo, a sua volta destinato a diventare, per estensione, protettore di tutti gli animali da cortile.

La sala successiva è un itinerario intimo e allo stesso tempo universale attraverso la storia della famiglia Spigaroli, in principio mezzadri di Giuseppe Verdi, capaci di spostarsi sulle rive del Po per poi reinventarsi ristoratori: è in questa sezione che si comincia a parlare dei Masalén, dei norcini che tramandavano l’arte della corretta macellazione del maiale. Ci sono riferimenti storico artistici, bassorilievi che dimostrano come quella dell’ammazzata fosse una festa cruenta ma anche un rito festoso e grato che si rinnovava anno dopo anno. Una collezione di oggetti legati all’attività accompagna il ritorno all’esterno, per un’ideale boccata d’aria prima dell’immersione in un grande spazio sotterraneo, dove alle pareti cosparse di pannelli illustrativi è affidato il compito di introdurre nel mondo segreto del Culatello.

Nella sala, si snodano temi come le caratteristiche della carne di maiale, del sale (con riferimenti necessari a quello prezioso di Salsomaggiore) del pepe (dalle sue origini orientali ai risvolti economici) e dei principali salumi della Bassa Parmense. Si passa quindi alla storia del Culatello, all’iconografia e alle citazioni di personaggi famosi, da Giuseppe verdi a Gabriele D’Annunzio a Giovannino Guareschi e tanti altri, con un racconto puntuale delle fasi che dalla coscia del maiale portano a un prodotto caratterizzato anche da un preciso rituale di degustazione.

In fondo alla parte dedicata al consorzio e agli altri “frutti” del territorio, un’immagine di Guareschi tra i culatelli introduce in una cantinetta dove sono appesi tutti i salumi originati da un maiale. E, di fronte, l’affascinante galleria dei culatelli, che stagionano nell’umidità e nella penombra, museo di sé stessa e spazio da penetrare in religiosa contemplazione, prima di risalire attraverso un ambiente allestito con attrezzi e strumenti legati alla navigazione sul Po, fino alla sala dell’Osteria, dove procedere alla degustazione.

Prevista per le ore 16.30 di sabato 24 marzo 2018, l’inaugurazione su invito apre le porte di un’esperienza fuori dal comune e nella pancia della storia, tra antiche mappe, documenti, fotografie, filmati, apparecchiature multimediali e oggetti legati alla civiltà contadina, come la bicicletta usata dal norcino per recarsi da una fattoria all’altra, la fornacella e la forca. Apertura al pubblico da domenica 25 marzo, dalle 10 alle 17,30.

«La filosofia – come sottolinea Giancarlo Gonizzi, coordinatore dei Musei del Cibo, che ha curato l’allestimento, coadiuvato dall’architetto Lorenzo Lottici per il progetto architettonico, da Giulio Belletti per il progetto grafico e da Daniele Ferro per i multimedia  – è quella di accompagnare in un percorso dalla materia prima al prodotto, con la possibilità di visite guidate per non perdersi nei sotterranei del gusto, della tradizione e della passione».

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