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Zerocalcare a Parma con “Macerie Prime”: pienone da Art Lab per il fumettista di Rebibbia

di Marco Rossi

“Un libro di 400 pagine, con la copertina rigida, che se ti cade in faccia ti spacca il setto nasale” così inizia la sua presentazione Michele Rech, in arte Zerocalcare, tra risate e applausi di incoraggiamento, dimostrando, nonostante sia uno dei fumettisti più amati d’Italia, in grado di rappresentare le ansie e le paure delle nuove generazioni attraverso la nona arte, di essere rimasto sempre lo stesso semplice ragazzo cresciuto tra i centri sociali di Rebibbia.

Proprio nel centro sociale Art Lab Occupato, giovedì 1 febbraio, Zerocalcare, fumettista conosciuto grazie al suo blog e al libro semi autobiografico La profezia dell’armadillo, ha fatto l’ultima delle tante presentazioni per il suo lavoro Macerie prime, sottolineando così l’adesione a quel mondo e a quei valori che continuano, nonostante il successo, ad essere al primo posto. Questo fatto è dimostrato dall’aver accostato alla copertina del suo libro la vignetta realizzata la settimana precedente per sostenere la causa curda della regione di Afrin, recentemente invasa dalla Turchia. L’accostamento, proiettato sulla parete alle spalle dell’autore, rappresenta perfettamente, metaforicamente, uno dei temi del libro, il cercare costantemente un equilibrio tra la propria vita personale e professionale, fatta spesso di compromessi, e le cause e i valori che stanno a cuore, senza tradire se stessi e gli altri. Il tutto condito da una proverbiale ironia.

Macerie prime, edito da Bao Publishing a novembre 2017, non è un volume autoconclusivo, ma una prima parte che vedrà la sua conclusione sei mesi dopo l’uscita, a maggio 2018. La storia, a differenza dei lavori precedenti, è organizzata in maniera corale intorno agli amici di Zerocalcare e allo svilupparsi delle loro vite. “Questo libro me lo sono immaginato come conseguenza di L’elenco telefonico degli accolli – racconta Zerocalcare -. I personaggi che ho avuto a disposizione per raccontare la mia vita e quella di chi mi sta intorno sono rimasti cristallizzati, poiché creati in un altro momento della mia vita: quel momento in cui si è ancora un ragazzino, pur avendo tutta una serie di incertezze sul proprio futuro, ma con la speranza, essendosi affacciati da poco al mondo del lavoro, che le cose sarebbero cambiate e avrebbero trovato una stabilità. Quei personaggi sono rimasti degli stereotipi e non stavo riuscendo più a raccontare i loro cambiamenti e me stesso”.

Nonostante l’intento principale non sia quello di proporre uno studio sociologico sulle nuove generazioni, è indubbio che Zerocalcare riesca a raccontare perfettamente le ansie e le paure di una generazione che ha visto sparire tutte le certezze e le stabilità appartenute ai propri genitori. “Prima di diventare un fumettista, quando avevo 27 anni, avendo finito i soldi per abitare da solo e perso tutti i lavori, stavo per tornare a casa da mia madre. Io sono cresciuto con dei modelli, per questo ho come la sensazione orribile di aver riportato indietro nella scala del progresso sociale la mia famiglia, dato che mia madre è laureata e io no. Per me è sempre stato normale, da ragazzino, pensare di fare l’università e poi trovare un lavoro, un posto fisso, così come un sacco di altre persone. Quando, usciti da scuola e affacciandoci al mondo del lavoro, questa cosa non è successa perché tutto quel sistema lo avevano già cominciato a smontare quando eravamo troppo ragazzini per capire cosa stava succedendo, io e altri vicino a me l’abbiamo vissuta come un tradimento, come un naufragio di tutto quello che ci hanno fatto credere fino a quel momento. Il tradimento, come metafora, l’ho sviluppata nei fumetti per molto tempo, però è un sentimento che prima o poi finisce, si accetta che il paradigma sia cambiato e che bisogna fare i conti con una realtà che non è più la stessa. Come hanno fatto un sacco di persone a me vicine”.

Per quanto lo riguarda, non è però facile essere diventato un autore di fama nazionale che pian piano si sta facendo strada anche all’estero, con tutti i vantaggi e i doveri che derivano, senza sentirsi anche lui stesso un traditore nei confronti del mondo da cui proviene e dei valori a cui è attaccato. “I fumetti si sono portate dietro tutta una serie di cose che sono antitetiche col mio modo di stare al mondo e all’ambiente dove sono cresciuto, composto da posti occupati e da centri sociali. Il modo in cui vengono affrontati dai media passa da usiamoli e parliamoci a usiamoli strumentalmente a gli diamo le bastonate se li vediamo. Tutto quel mondo però è estremamente generoso e fatto da persone molto generose”.

Una generosità che Zercalcare manifesta per la questione del Rojava insieme ai ragazzi di Art Lab, che ha trattato nel suo libro Kobane Calling. La regione siriana, a ridosso della Turchia, dove i curdi stanno cercando di creare una società più equa e giusta, soprattutto per le donne. “Il libro fa parte della mia biografia, è un tema che seguo da un sacco di anni, non ho voluto poi lavarmene le mani, dando l’impressione di aver sfruttato la cosa, mentre la guerra continua: qualcosa ti inchioda a una responsabilità di continuare. A me fanno orrore quelli che seguono un argomento solo per il tempo del libro e per vendere il libro, però è vero che una persona deve riuscire a bilanciare tutto. Con una serigrafia di Siena, Nutty Print, stiamo provando a fare delle magliette a tema Afrin, di cui una percentuale di questi disegni cercherà di sostenere le varie attività che si fanno per raccontare quello che sta succedendo”.

Io non ce l’ho una soluzione per le cose che mi stanno a cuore. Io vorrei poter parlare di quello che succede ad Afrin e de Il trono di spade, perché la gente non vive su una montagna con degli interessi monotematici, ma in società complesse con degli interessi complessi. Non vorrei diventare lo specializzato di una cosa sola, ma neanche un traditore”. Forse proprio da questo deriva la forza del lavoro di Michele, anche se non se ne rende conto: nonostante oggi lui, come i suoi amici e moltissimi altri della cosiddetta generazione x, abbia visto traditi tutti i valori e abbia accettato moltissimi compromessi per poter trovare un posto fisso in questo mondo, riesce comunque a essere fedele a sé stesso.

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