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Omaggio a Lino Ventura- Al D’Azeglio “Cadaveri eccellenti”: sguardo agli anni di piombo

di Marco Rossi

 

 

“Volevo che il pubblico si identificasse in lui, dato che, quando interpretava un film, era un eroe positivo”. Con queste parole il regista Francesco Rosi ha giustificato l’aver scelto come protagonista per il suo film, Cadaveri eccellenti del 1976, Lino Ventura, uno dei più celebri attori cinematografici parmigiani, al quale, nel 2003, è stato dedicato il Centro Cinema.

 

L’attore, che ha lavorato maggiormente in Francia durante gli anni ’60 e ’70 con autori del calibro di Jean Pierre Melville, ha collaborando a oltre 70 film ed è diventato molto conosciuto e amato. Per rendergli omaggio, il Cinema D’Azeglio ha deciso di riproporre la pellicola durante la serata di giovedì 20 luglio, all’interno delle proiezioni per l’arena estiva.

Il lungometraggio, considerato uno dei migliori lavori di Ventura in Italia, è l’adattamento del romanzo di Leonardo Sciascia Il contesto del 1971. La storia tratta delle indagini dell’ispettore Amerigo Rogas su una serie di omicidi di magistrati, compiuti in un imprecisato paese, con classi politiche denominate in maniera generalista. Quello che si presenta inizialmente come un semplice romanzo giallo, con il detective che cerca di scovare l’assassino, diventa man mano sempre più complesso. Gli omicidi, infatti, vengono strumentalizzati dalla classe dirigente politica per rafforzare la loro posizione: Sciascia ha voluto mettere così  in luce i meccanismi oscuri e malati del potere politico.

 

Francesco Rosi, regista famoso per i suoi film d’inchiesta a sfondo politico come Salvatore Giuliano e Le mani sulla città, ha seguito fedelmente la trama del romanzo, portando avanti la medesima critica al potere. La differenza più importante consiste nell’aver scelto l’Italia come ambientazione e i relativi partiti politici, con l’intenzione precisa di descrivere in maniera viva e accurata la realtà di quegli anni. Nel film, infatti, sono presenti tutta una serie di elementi che definiscono quelli che oggi sono chiamati gli anni di piombo: scontri tra polizia e manifestanti, depistaggi nelle indagini da parte di funzionari dello stato, omicidi di giudici e l’ombra costante di un imminente golpe, come pochi anni prima in Cile. Questo clima realistico è rafforzato da una schiera di personaggi collegati al potere, come militari, poliziotti e soprattutto giudici, tra cui spicca quello interpretato da Max Von Sydow. Il celebre attore svedese, che porta avanti un discorso dogmatico sull’infallibilità del potere giudiziario, regala una performance sopra le righe ma estremamente efficace, in grado di scioccare l’inerme spettatore. Tutto ciò è immerso in un’atmosfera surreale e metafisica, grazie all’accurato utilizzo del grandangolo per le riprese. Questo strumento crea grande profondità di campo e riesce così a esaltare e distorcere i magnifici ambienti del film, dalle strade di Palermo e Agrigento, ai palazzi ministeriali a Roma.

La scelta di Rosi di affidare la parte di Rogas a Lino Ventura non è derivata, come anticipato, semplicemente dal fatto d’essere un attore conosciuto. Lino, chiamato così in Francia, è stato molto funzionale allo sviluppo del progetto, non solo per la sua bravura come attore, ma anche grazie alle sue personali caratteristiche: il volto, serio ma allo stesso tempo dolce, e la voce, che Rosi ha deciso di non doppiare, lasciandogli quel leggero accento francese ed emiliano. Queste caratteristiche riescono a dare al personaggio una dimensione di quotidianità e di onestà durante tutta la durata della pellicola. Lo spettatore, nonostante sia immerso in un clima surreale e violento, è sempre rassicurato dalla presenza dell’attore parmigiano, mentre porta avanti la sua crociata per la giustizia.

 

Il film riesce a ricostruire perfettamente un’epoca storica ancora oggi piena di segreti e contraddizioni, regalando un film politico magistrale, avvincente e amaro. Non poteva esserci modo migliore per rendere omaggio a un attore del calibro di Lino Ventura, il quale, nonostante abbia lavorato poco in Italia, è sempre rimasto legato al suo paese d’origine e alla sua città natale.

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