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Animali Fantastici: l’Arpia del Battistero di Parma. Aguzzina delle anime dei suicidi

Benvenuti al quinto appuntamento della rubrica Animali fantastici e dove trovarli nella mia Drogheria dell’Arte. Oggi il negozio è infestato dalle… arpie.

Con l’arpia, dunque, proseguiamo il nostro viaggio lungo le pareti esterne del Battistero di Parma, fra i bassorilievi di questa curiosa creazione scultorea che è lo Zooforo.

Le Arpie so’ meravigliose a vedere: li visi loro sono come d’una vergine, el ventre loro è grande, ed è d’uciello, e hanno le mani unghiate, e la bocha ánno per fame sempre palida. Così le Chiose selmiane all’Inferno di Dante descrivono Alope, Ocipete e Celeno, ovvero le Arpie, mostruose figlie di Elettra e Taumante che saranno le benvenute nei poemi di Dante e di Ariosto.

E proprio con la prima cantica della Divina Commedia accompagniamo l’arpia. Antelami ne scolpisce quattro, a distanza l’una dall’altra, e non possono che non ricordarci il canto XIII, in cui le Arpie si divertono a lacerare e strappare rami e foglie degli alberi entro cui sono racchiuse le anime dei suicidi. È Pier delle Vigne, consigliere di Federico II caduto in disgrazia alla corte siciliana, a narrare l’orrenda pena che i suicidi come lui sono destinati a scontare. Tutt’oggi, il loro sguardo arcigno e molesto ci fissa, e glaciale è il loro battito d’ali.

 

Non fronda verde, ma di color fosco;

non rami schietti, ma nodosi e ‘nvolti;

non pomi v’eran, ma stecchi con tòsco:

non han sì aspri sterpi né sì folti

quelle fiere selvagge che ‘n odio hanno

tra Cecina e Corneto i luoghi cólti.

Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno,

che cacciar de le Strofade i Troiani

con tristo annunzio di futuro danno.

Ali hanno late, e colli e visi umani,

piè con artigli, e pennuto ‘l gran ventre;

fanno lamenti in su li alberi strani.

[…]

Surge in vermena e in pianta silvestra:

l’Arpie, pascendo poi de le sue foglie,

 fanno dolore, e al dolor fenestra.

Come l’altre verrem per nostre spoglie,

ma non però ch’alcuna sen rivesta,

 ché non è giusto aver ciò ch’om si toglie.

Qui le strascineremo, e per la mesta

selva saranno i nostri corpi appesi,

ciascuno al prun de l’ombra sua molesta».

 

 

 

FRANCESCO GALLINA ha 24 anni ed è pramzän dal säss.

Laureato in Lettere Classiche e Moderne, è critico letterario, docente, blogger, narratore e autore di articoli e saggi accademici su letteratura, poesia, filosofia e arti dello spettacolo.

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