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Designated Survivor, la (fanta) politica è in scena su Netflix

di Carlo Lanna

L’universo televisivo americano (e non) ha sempre avuto un forte interesse nei riguardi della politica e dei suoi giochi di potere. Gli esempi si rincorrono in lungo in largo in tutta la tradizione televisiva degli ultimi 20 anni: dalla storica soap-opera ‘Capitol’ fino alla celeberrima ‘The West Wing’, senza dimenticare gli esempi più recenti di ‘House of Cards’, ‘Scandal’ e ‘Too Close To Home’.

Non si tratta di un vero e proprio fenomeno di costume, ma mixare audacemente il tema politico con tutte le sfaccettare di un drama soapporizzato, è un interessante espediente narrativo per fotografare gli usi e le tradizione di oggi, e capire (seppur sommariamente) come agiscono di fronte ai problemi giornalieri i poteri forti. Certo il tutto è rivisitato con un linguaggio fresco,  deciso e con uno sguardo rivolto ad un sano entertainment, eppure  questo sagace mix, piace molto al pubblico televisivo che, con assiduità si lascia affabulare da un racconto in bilico fra realtà e finzione.

Un esempio lampante di come il dualismo drama e politica continua ad essere una costante nell’universo televisivo di oggi, è il successo che sta ottenendo ‘Designated Survivor’, la nuova serie americana trasmessa su ABC e disponibile qui in Italia grazie alla piattaforma di Netflix. Si tratta pur sempre di un prodotto nato e concepito per un pubblico generalista, quindi anche se le tematiche di fondo sono molto forti ed attuali, il tutto viene affrontato  con un pizzico di sano buonismo il quale però non guasta l’appetito.

La serie che vede in Kiefer Sutherland il suo iconico protagonista (in molti lo ricorderanno nel thriller spionistico 24), in Designated Survivor è Tom Kirkman, il segretario alla Sviluppo urbano, il quale è stato scelto per essere il ‘sopravvissuto designato’ dopo che tutte le alte cariche politiche del governo americano sono state uccise in un terribile attentato terroristico. L’unico sopravvissuto è Tom Kirkman appunto e, a causa di una consuetudine nata durante la guerra fredda, diventa lui stesso il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America ed avrà l’insano compito di guidare la nazione in questo periodo di caos estremo. Non sarà un’impresa facile dato che in molti non considerano Kirkman una persona adatta a ricoprire questo ruolo, ma il Designated Survivor, cercherà di mantenere i nervi saldi e soprattutto cercherà di far luce su i mandanti dell’attentato, permettendo così all’America di risorgere dalle sue stesse ceneri. Al suo fianco l’attrice Natascha McElhone che impersonifica la first lady, molti l’hanno amata e la ricordano per il suo ruolo in Californication.

 

E’ una serie molto interessante quella che, sommessamente, sta scuotendo il pubblico del web perché, fra colpi di scena mozzafiato, battute al fulmicotone e sagaci lezioni di (fanta) politica, riesce a fotografare tutto o quasi l’apparato istituzionale americano. Al di là dei dilemmi etici a cui il protagonista – e sua moglie – sono sottoposti, la serie vuole indicativamente alzare il velo su tutto quello che riguarda la politica ed i costumi di una fra le più grande potenze industrializzate del mondo libero; qui si espandono gli orizzonti, si va ben oltre la natura del ‘quarto’ potere, ma si focalizza l’attenzione su i dubbi, le incertezze, le paure di una nazione dilaniata da un male insidioso che ha totalmente distrutto le certezze di un popolo. Tutto ciò traspare dall’operato di Kirkman, il quale sobillato da ogni parte, non riesce a rimanere a galla, affogando in un mare di commiserazione.

È una fotografia molto fantasiosa, forse un po’ artefatta, ma attraverso le vicissitudini dello staff del Designated Survisor, si può intravedere quanto la nostra stessa modernità è fragile e miserabile, quando può essere caduco l’animo umano di fronte alle diversità (in questo caso alle diversità religiose) e, soprattutto, è importante capire quanto la forza e la conoscenza di un solo uomo non può certo bastare per salvaguardare un Paese intero.

E quindi anche se si tratta di fanta politica, Designated Survivor rappresenta comunque la nostra modernità, una modernità tampinata da molti percoli – interni ed esterni – dove l’odio ed il rancore sono le armi più forti per distruggere tutto quello che l’uomo ha costruito nel corso del tempo. La serialità americana quindi, non è solo un mero intrattenimento, veicola anche valori, stati d’animo e si fa portavoce di un’inquietudine di massa. La politica in tv è questo ed altro; Designated Survivor è solo l’esempio più lampante di un malessere che serpeggia in un mondo in completa balia di se stesso.

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