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Tentato suicidio: grave il 43enne tunisino. Don Cocconi: “Costretto in Italia da solo. Uomo buono ma fragile”

don cocconiAncora gravi le condizioni dell’uomo che nella giornata di ieri, 16 agosto, ha tentato il suicidio dando fuoco a un appartamento in via Monte Penna. Il 43enne di origine tunisina è ricoverato in rianimazione al Maggiore e presenta il 50% del corpo ustionato. Sarà un percorso sicuramente lungo e doloroso ma i dottori sembrano fiduciosi sulla buona guarigione. Attualmente è ancora pesantemente sedato a causa del forte dolore.

L’uomo era ospite in un appartamento vicino alla Cittadella di proprietà della comunità di San Cristoforo che aiuta i bisognosi senza un tetto. Comunità che non ha di certo abbandonato il ragazzo che ha tentato il gesto estremo. Don Umberto Cocconi, presidente dell’associazione, e alcuni volontari sono andati oggi a trovarlo e sono stati rassicurati dai medici.

Come spiega Don Cocconi, l’uomo era ospite della comunità da alcuni mesi ed era arrivato direttamente dal carcere di Modena dove aveva finito di scontare la sua pena. Per poter essere scarcerato serviva che una comunità fosse disponibile ad ospitarlo. “Io lo conoscevo di già. – racconta il Don – Avevamo avuto diversi incontri mentre era in carcere. Aveva espresso la volontà di venire a Parma perché qui risiede il figlio e noi (la comunità di San Cristoforo) abbiamo deciso di accoglierlo”.

L’uomo dopo anni di carcere voleva riprendere i contatti con il figlio ormai maggiorenne. Un rapporto difficile, ostacolato dall’allontanamento e dalle poche parole. Gli altri familiari poi sono in Tunisia, la sua terra natia. Forzatamente lontani anche loro a causa dell’ergastolo bianco, così si chiama in gergo carcerario la pena che l’uomo deve scontare ancora. Sottoposto alla vigilanza costante non può lasciare il Paese finché non dimostra di non essere più un pericolo per la comunità.

Ed è proprio in queste dinamiche che va ricercato il movente del gesto estremo. Il tunisino, costretto in Italia, lontano da chi lo ama e lo avrebbe accolto a braccia aperte aveva forse perso la voglia di vivere, sconfortato da leggi che anche noi italiani, forse, facciamo fatica comprendere.

“Per come l’ho conosciuto io – spiega Don Cocconi – era una persona molto religiosa, di fede musulmana. Discreta, riservata e gentile. Niente mi ha mai fatto pensare che potesse compiere un simile atto. Oltre che da noi era seguito dal Sert e altre strutture quindi non era stato lasciato solo. E’ una persona buona ma molto fragile e si sentiva abbandonato”.

In questa triste vicenda non manca il gesto eroico. Antonio, compagno di sventure e coinquilino, è stato la mano, o meglio la spalla, che ha portato fuori l’uomo dalla stanza in fiamme. “Dopo aver sentito il forte botto Antonio si è fiondato nell’altra stanza a salvare l’uomo. Non ci ha pensato due volte, rischiando anche la sua incolumità – commenta il Don – Poi è anche rientrato per cercare il terzo coinquilino che fortunatamente non era in casa. Ha dimostrato un grande eroismo e non smetterò di ringraziarlo per questo”.

La reazione dei condomini si è divisa subito tra lo sconcerto, la paura, la preoccupazione e la disapprovazione, anche quella certo, per i danni subiti. Ma non sono mancate le parole di solidarietà “Ci aspettavamo dalle persone e dal proprietario dell’appartamento una reazione lecita perché ci sono stati dei danni e molti disagi. Invece ho trovato della grandi parole di comprensione- continua Don Cocconi – E’ stata una esperienza forte che però mi ha fatto riscoprire ancora una volta la grande solidarietà di questa città“.

Per il futuro dell’uomo, sfigurato oggi in un letto di ospedale, non c’è certezza ma non c’è sicuramente l’intenzione di lasciarlo solo. Se ce ne saranno le condizioni mediche adeguate potrà essere di nuovo ospitato dalla comunità. “Noi non vogliamo abbandonarlo. Anche andandolo a trovare oggi gli vogliamo far capire che non è solo e che c’è un legame forte, ancora più solido dopo questo incidente” conclude il Don.

(Arianna Belloli)

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