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Parma, dal fallimento a oggi…in dieci D. 365giorni pieni di gialloblù

Sorridevamo tutti, 365 giorni fa, sugli spalti dell’allora “campo della Primavera”, al centro sportivo di Collecchio. Sorridevamo tutti, perché il sole abbagliava gli occhi di cronisti, da mesi accampati al campo a sperare in quella novità che volesse dire salvezza economica di Parma Fc, e dello sparuto numero di tifosi sugli spalti.

In campo il Parma giocava: amichevole col Fidenza di serie D. Strabattuto, 6 a zero. Come a preludio di quelle che sarebbe state le avversarie azzerate nella stagione a venire.

Sorridevamo, si diceva, strizzando gli occhi in modo innaturale al primo sole, ma piangevamo dentro. Manenti, ultimo presidente di una lunga lista degna della malavita organizzata, era stato arrestato in mattinata. Al pomeriggio, l’udienza fallimentare, durata un lampo, palesatasi poco dopo le 15 come fallimento.

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Da quel giorno, ma ancora non lo sapevamo, sarebbe iniziato un ballaime di nomi più o meno illustri interessati alla società per salvarla, conservandola in serie B. Da quel giorno, mesi di attese, dubbi, paure.

Speranze e disillusioni. Tifosi incazzati.

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Tifosi che hanno saputo trasformare il Dolore in Dignità. In nuova amore, nuova voglia di stare accanto alla squadra. Anche in serie D.

Perché ora possiamo dire che è meglio così. Dopo mesi di trattative vane, alla fine è stata D, rinascita integrale, pulizia assoluta, un anno di purgatorio per riscoprire le proprie origini.

La serie D, diciamo, ha con se, dieci D, e forse molte di più. Vediamola, dalla più amara, alla più dolce.

Delinquenti: Le bande che hanno guidato alla fine. Ghirardi Leonardi, Taci e Manenti. Ma anche Tavecchio, la Lega calcio, il sistema in se, che, prima o poi, imploderà.

Dolore: Quello di una piazza, una città, un tifo, che ha sperato fino all’ultimo. Un funerale, ha sempre le sue lacrime.

Dramma umano: Le vere vittime. I dipendenti. A piedi, senza più un lavoro dopo anni di dedizione. Le loro famiglie, il loro futuro sbattuto in mezzo a una strada.

Dilettanti: La categoria, dove il Parma non metteva scarpino da un quarantennio. Faceva tanto paura, ma non è stata poi così male.

Desiderio: Quello di Marco Ferrari, di mettere insieme imprenditori e tifosi, per ripartire. Quello di non mollare. Quello di Scala, di riportare il suo Parma dove lo aveva lasciato. Quello di Lucarelli, di rimanere ad ogni costo e risorgere, ad ogni costo.

Decoro: Perché con l’orgoglio Parma ha pure quello: nessuna scena di patetismo, rabbia o furia. Parma ha incassato con l’aplomb che le compete, da nobile. Forse pure troppo, na sberla in faccia a qualcuno che siede in Figc ci stava tutta.

Domenica in trasferta: Il piacere ritrovato della domenica in trasferta, della domenica allo stadio. Gli stessi tifosi che avevano abbandonato il Tardini, hanno affollato Arzignano, Chioggia, Borgo San Lorenzo. Nonostante la Diretta Sky, altra D che rende giustizia al valore del Parma.

Divertimento: Diciamocelo, vincere sempre mica ci fa schifo…

Determinazione: Fa rima con desiderio. Quella di Scala, Minotti, Apolloni, Galassi, che si sono trovati a Collecchio, più tardi di tutti, con tutto da fare. Ma ce l’hanno fatta, a fare il mercato, a mettere in piedi una squadra vincente, a inculcare nella testa il significato di giocare nel Parma.

Dignità: Questa fa rima con amore per la maglia. E’ stata inculcata a tutti, dal primo giorno in cui hanno accettato di essere gialloblù. La stessa con cui la piazza ha accettato la fine, ha accompagnato il nuovo inizio. Passione, amore, rispetto, orgoglio. Perché il Parma è il Parma. E 365 giorni dopo, con il sole che ci strizzica gli occhi, possiamo dire che forse meglio di così non poteva andare, che una stagione così, ce la potevamo solo sognare.

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