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Donne vittime di reato, a Parma la Fondazione ne ha aiutate 19. Ma stanno finendo i fondi

news_foto_40334_violenza_donne_ridA Maria sono state finanziate le spese per rintracciare e riportare in Italia il suo bambino, dopo che il padre lo aveva portato con sé all’estero alla fine della loro relazione. Ilaria invece ha 13 anni, e aveva bisogno di un percorso psicoterapeutico dopo aver subito violenza da un pedofilo che l’aveva adescata in chat. Per Marta, che aveva appena lasciato il marito che abusava di lei, la vita poteva ricominciare solo grazie a un auto con cui andare a lavoro.

In 10 anni di attività della Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati, dal 2005 al 2014, Bologna è stata la città in cui sono state accolte più richieste di intervento, 69 in totale. Seguono Modena con 36, Reggio Emilia con 33, Parma con 19, Piacenza con 16, Ferrara con 14, Ravenna e Forlì-Cesena con 13 e chiude Rimini con 10.

Sono solo alcuni dei 30 casi di cui si è occupata la Fondazione nel 2014, erogando in totale 99.000 euro, e il numero è destinato ad aumentare nel 2015, dal momento che sono già stati approvati 28 interventi ed entro la fine del mese ne sono attesi altri 10-12: tuttavia, “se si vuole dare continuità all’attività bisogna recuperare altre risorse, perché con l’abolizione delle Province i contributi che la Fondazione riceve sono scesi di 45.000 euro nell’ultimo anno e di questo passo nel 2017 le entrate supereranno le uscite”. A lanciare l’appello è Elena Buccoliero, direttrice della Fondazione istituita dalla Regione nel 2004 e presieduta da Sergio Zavoli, che questa settimana è stata ascoltata in Regione in audizione dalla commissione Parità e diritti delle persone, presieduta da Roberta Mori. Anche perché, avverte Buccoliero, “stanno entrando in vigore le linee guida europee sui diritti minimi delle vittime di reato e a ottobre dello scorso anno l’Italia è stata deferita alla Corte di giustizia europea, dando così inizio alla procedura di infrazione”.

Gabriele Delmonte (Ln) ricorda che “come Gruppo già ad agosto avevamo presentato una risoluzione per aumentare i fondi regionali per la Fondazione in modo da poter coprire le Province, ora presenteremo anche un emendamento al prossimo bilancio”. La presidente Mori è intervenuta per proporre di “farci carico noi come Regione dell’attività di sensibilizzazione dei vari soggetti istituzionali che potrebbero contribuire alle attività della Fondazione”. Inoltre, annuncia, “inseriremo nel Piano regionale contro la violenza di genere la promozione, il consolidamento e il sostegno alla Fondazione”. Enrico Aimi (Fi) ha chiesto diversi chiarimenti: “Esistono dati statistici sugli esiti? Nel caso un giudice deliberi un risarcimento per la vittima, la cifra che la Fondazione eroga viene restituita?”. Buccoliero ha replicato che “purtroppo una valutazione degli interventi ancora non c’è, puntavamo su un progetto europeo ma non lo abbiamo vinto, in ogni caso manteniamo sempre a livello informale contatti con le persone che aiutiamo”, mentre per quanto riguarda i risarcimenti “non prevediamo la restituzione dei contributi perché troppo spesso le misure dei giudici non vengono rispettate per insolvenza del condannato o altro”.

Ogni anno la Regione Emilia-Romagna, come socio fondatore, versa 90.000 euro alla Fondazione, a cui si aggiungono 5.000 euro dai Comuni capoluogo, mentre il contributo delle Province è andata progressivamente scendendo fino ad esaurirsi nel 2015. Le quote dei soci sono così scese dai 470.000 euro del 2004-2005 ai 110.000 stimati del 2015, ma i contributi alle vittime sono passati da 55.000 a 180.000 euro: il tesoretto accumulato negli anni dalla Fondazione va quindi esaurendosi, lamenta Buccoliero, e rischia di esaurirsi nel 2017 secondo le previsioni.

Per risolvere il problema, anticipa la direttrice, sono tre le possibili soluzioni: coinvolgere nuovi soci sostenitori, come persone singole, banche, aziende e altri soggetti privati, promuovere la destinazione del 5×1.000 alla Fondazione e, infine, interpellare i sindaci dei Comuni non capoluogo per proporre l’adesione con quote tra i 500 e i 2.500 euro annuali, come già deliberato ad esempio a Imola.

La Fondazione offre aiuti di tipo economico mirati ad aiutare la vittima a superare le conseguenze del reato, come spese sanitarie, psicoterapeutiche o di assistenza, supporto al percorso di studi dei figli, spese per la casa o la formazione professionale oppure sostegno ad un progetto di autonomia: “Studiamo per ogni caso un progetto specifico, il nostro obiettivo sono sempre i tempi rapidi- spiega la direttrice-. La violenza contro le donne, che spesso coinvolge anche i bambini, è sicuramente il tema ricorrente”. Nel 2014, infatti, il 50% delle istanze accolte riguardava donne vittime di violenza da parte del partner, a cui si deve aggiungere un altro 20% di donne vittime di violenza ma non all’interno di una relazione. Tra le ragioni di questa preponderanza, informa Buccoliero, anche “la rete di aiuto, a partire dai Centri Antiviolenza, che conosce la Fondazione e stimola i Comuni a segnalare le situazioni più gravi”: allo stesso modo, annuncia, “abbiamo già preso contatti con i Servizi sociali minorili e con il Tribunale per i minorenni per offrire disponibilità rispetto ai reati più nascosti, come maltrattamenti o abusi sui minori”.

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