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Arresto Manenti: i verbali che lo inchiodano

Queste le parole dei vertici della Finanza questa mattina  nella conferenza stampa inerente i 22 arresti, compreso quello del Presidente del Parma Giampietro Manenti: “L’indagine ha avuto diverse complessità nella sua esecuzione, ma che si è anche caratterizzata per l’estrema velocità perché di fatto le attività investigative sono durate poco più di tre mesi e hanno portato alla luce alcune peculiarità di carattere giuridico e tecnico-operativo che prima i due procuratori e poi il colonnello Fiducia che ha condotto le indagini spiegheranno.

Ringrazio dunque lo sforzo enorme dei miei uomini e soprattutto l’autorità giudiziaria perché ci sono stati sempre molto vicini per aiutarci a condurre queste attività nel più breve tempo possibile, per interrompere delle attività illecite in corso.

Come numeri sapete che oggi sono state eseguite 22 custodie cautelari, 21 in carcere e una ai domiciliari. Sono stati impiegati oltre 200 militari della Guardia di Finanza perché oltre alle catture sono state eseguite 65 perquisizioni tra Milano, Torino, Parma, Catania, Palermo, Sassari ecc”.

La parola passa al dottor Prestipino: “Abbiamo dato esecuzione a due provvedimenti del Gip del tribunale di Roma su altrettante richieste avanzate dalla Procura, a seguito di due contesti investigativi diversi che hanno trovato un momento di connessione nel corso dell’attività di indagine: la seconda è scaturita come appendice dalla prima. L’indagine è stata rapida e la risposta giudiziaria è stata altrettanto breve. Abbiamo ottenuto dal Gip che alcune condotte contestate fossero aggravate dal metodo mafioso. Ai due filoni hanno lavorato due gruppi di lavoro: il gruppo Economia e l’Antimafia.”

Continua Prestipino: “L’indagine è stata breve così come la risposta giudiziaria, perché è stata necessaria un’accelerazione in relazione al secondo filone di indagine nei provvedimenti giudiziari. Era necessario interrompere subito delle condotte di reato estremamente gravi che erano in atto e che sarebbero state portate a compimento senza il nostro intervento”

Viene poi spiegato come funzionava il sistema di riciclaggio al centro delle indagini: “L’indagine ha riportato un’associazione terminale formata da due gruppi: un gruppo di hacker che era in grado di accedere sulle piattaforme bancarie degli istituti di credito e trasferire il denaro, che veniva gestito dall’altro gruppo, i riciclatori, che reinserivano questi fondi con lo scopo conclusivo di renderlo disponibile ai consociati le somme che i primi soggetti acquisivano. Abbiamo suddiviso l’attività in tre fasi: la prima era l’acquisizione della moneta elettronica da parte degli hacker che accedevano nei server degli istituti di credito, e compivano operazioni di trasferimento fondi, sia con meccanismi di trasferimento sia attraverso carte di credito clonate, carte bianche con una semplice banda magnetica, ma con all’interno i codici clonati delle carte di credito vere.

La seconda fase consentiva di scaricare le carte di credito, facendo delle donazioni anonime ad una serie di fondazioni che potevano avvenire in diversi modi. O attraverso il POS, o utilizzando il sito internet della fondazione con donazioni online, oppure, in un caso in particolare, una fondazione aveva creato un portale informatico che era chiamato Oculus, che era una pagina accedibile attraverso username e password forniti dai riciclatori ai soggetti che intendevano fare presunte donazioni, e attraverso questo portale era consentito il trasferimento del denaro sui conti correnti. La terza e ultima fase era quello del rientro del denaro, che rendeva disponibile i fondi trattenendo alla fondazione delle percentuali tra il 30/40%, mentre il 10% era la percentuale trattenuta dai riciclatori. Il risultato concreto è uno swift, che riproduce un bonifico internazionale, con un trasferimento di 30 milioni di euro.

La cosa che sorprende è che questo trasferimento ha richiesto solo 120 secondi. In questi due minuti hanno aggredito il server e portato a compimento questa operazione bancaria“.

MANENTI – “Manenti era solo il terminale, doveva essere il beneficiario in contatto con uno dei componenti di questo gruppo di hacker, che operava sulla piazza di Milano. Sarebbe stato il beneficiario del trasferimento delle somme necessarie se fosse stato portato a compimento il trasferimento. È Manenti che ha contattato il componente di Milano. L’accusa nei suoi confronti è di concorso in reimpiego di capitali illeciti. Manenti aveva a disposizione una società che avrebbe dovuto ricevere finte sponsorizzazioni: il Parma era uno strumento, la destinazione dei fondi non la sappiamo. Ha fatto anche una prova con il POS delle biglietterie del Tardini per cercare di arrivare ai soldi”.

“Attraverso le intercettazioni è emerso un accordo in base al quale il gruppo avrebbe, attraverso l’utilizzazione delle provviste finanziarie caricate su carte di credito clonate, messo a disposizione di Manenti la somma di circa 4 milioni e mezzo di euro per acquistare il Parma. Lo avrebbe fatto attraverso un meccanismo banale: attraverso la spendita delle somme caricate sulle carte di credito in operazioni commerciali varie, da acquisti di gadget a sponsorizzazione e acquisti abbonamenti, per far arrivare la somma nella disponibilità di Manenti . Ci sono state difficoltà tecniche a effettuare operazionei di riciclaggio e fino a questo momento non si era creata la disponibilità finanziaria per Manenti. Fino ad ora. Poi questa mattina siamo entrati in azione”.

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