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Tecnopali, la denuncia dei lavoratori: “Vogliono chiudere, ma il lavoro c’è”

Un preconcordato, che scadrà il 30 aprile, anticamera del fallimento. Almeno un centinaio, ma sono di più, di lavoratori destinati a rimanere senza lavoro, mentre l’azienda in realtà funzionava ed era tornata a lavorare su tre turni produttivi, dopo la crisi di inizio 2014.

Questa è la situazione di Pali Italia, ex Tecnopali, che delocalizza a Anagni, provincia di Frosinone la produzione, e a Parma ha smesso di prendere gli ordini.

“Continuavano a chiamare da Terna, da Iren e da altre aziende per fare ordini, ma ai commerciali è stato imposto di respingerli, perché qui vogliono chiudere” – è questo  il grido di rabbia dei lavoratori, stamattina in protesta davanti al Tribunale.

Dunque non una crisi produttiva, ma una crisi indotta, voluta. Per far morire un’azienda che dal 1983 sul territorio andava, bene, benissimo. Era leader, la Tecnopali, in infrastrutture, telecomunicazioni, e illuminazione. Non aveva rivali.

Poi il cambio del cda, una gestione diventata all’improvviso scellerata, un piano industriale secondo il qualche gli stessi lavoratori che l’hanno resa grande erano all’improvviso improduttivi.

Ora, l’abisso dell’oblio, la cassa integrazione per i dipendenti, lo stabilimento di Pizzolese prima florido, poi presidiato, ora grigio. Il tavolo di ieri al Ministero, anticamera degli esuberi.  E il fallimento.

Che forse darà risposte, sui perché un’azienda solida, piena di lavoro e di risorse, deve scomparire dal nostro territorio. 

 

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