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Crisi: accordo per tutelare la qualità marchiata Emilia – Romagna

Finalmente verrà messo un freno alla chiusura degli allevamenti in Emilia Romagna. È quanto afferma Coldiretti Emilia Romagna alla luce dell’accordo siglato dal presidente nazionale di Coldiretti, Roberto Moncalvo, e dai ministri delle Politiche agricole, Maurizio Martina, e dell’Ambiente Gian Luca Galletti e dell’impegno a rivedere la delimitazione delle aree vulnerabili ai nitrati assunto dalla Conferenza Stato-Regioni.
“L’accordo tra Coldiretti e i ministri – commenta il presidente regionale dell’organizzazione, Mauro Tonello – costituisce un vero e proprio ‘piano salva-stalle’ che prevede entro 45 giorni la ridefinizione delle aree vulnerabili da parte del Governo ed entro i successivi 30 giorni la redazione della nuova mappa regionale di gestione degli effluenti da allevamento che riconsideri l’estensione delle aree vulnerabili, che oggi in Emilia Romagna ammontano a 661 mila ettari pari la 62 per cento della superficie agricola utilizzata”.
Per vent’anni – ricorda Coldiretti Emilia Romagna – si è voluto individuare nell’agricoltura l’unica fonte di inquinamento da nitrati, ignorando pervicacemente i segnali evidenti che le fonti erano altre. C’è voluto uno studio dell’Ispra (Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale) perché fosse chiaro come il coinvolgimento degli allevamenti nelle problematiche ambientali sia del tutto trascurabile o, quantomeno, minimo, mentre assume un diverso peso il contributo di altre sorgenti.
Purtroppo è il caso di dire – prosegue Coldiretti Emilia Romagna – che la stalla viene chiusa quando le vacche sono scappate. Infatti negli ultimi venti anni, secondo elaborazioni Coldiretti su dati Istat, in Emilia Romagna hanno chiuso i battenti più di 16 mila allevamenti di vacche(–69,4%) e 10 mila allevamenti di maiali (–89%), con un calo di 320 mila vacche e 620 mila maiali. “In questo modo – commenta il direttore regionale di Coldiretti Marco Allaria Olivieri – tutta l’Emilia Romagna si ritrova più povera perché sono stati persi posti di lavoro e una ricchezza produttiva che è alla base dei principali prodotti enogastronomici della regione, dal prosciutto di Parma al Parmigiano Reggiano e Grana Padano, dai salumi Dop piacentini al culatello di Zibello”.

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