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Stalking, malattia d’amore o fissazione?

Young female looking through window blinds at night.(shallow depth of field)

Si guarda le mani, e non tiene mai lo sguardo fisso. Roberta, ma il nome è di fantasia, ha 38 anni, un posto fisso in un’istituto di credito cittadino, una famiglia, ma ha perso la voglia di vivere.

Aveva un fidanzato, bello come il sole e sorridente come il mare, lo definisce, ma è diventato il suo carnefice. Lo ha lasciato, dopo una lite, in cui sono volati schiaffi. “Io sono stata educata così” – racconta. “Le donne non si toccano”.

Così lo ha cacciato di casa. Non ha detto nulla a nessuno, genitori, amici, colleghi. Solo che la storia è finita. Ma lui non ha gradito. “All’inizio mi tempestava di telefonate, sms, mail. Ma io pensavo gli sarebbe passata”. E rispondeva, convinta di sedare il suo dolore. Invece…

“Ha iniziato a venire sotto casa, a attaccarsi al campanello. Poi davanti all’ufficio. Avevo paura a muovermi, a uscire, ho perso la mia libertà”.

Una fuga da un pesecutore subdolo. “Ho iniziato a dormire a casa dei miei, accampando scuse su scuse, non volevo più tornare a casa mia. Ma nemmeno spaventarli, dicendo loro la verità”.

Così Roberta non torna a casa, e lui la aspetta al lavoro. “Mi sono messa in malattia, sono stata a casa per mesi, ho rischiato di perdere il lavoro. E me stessa”. Non è servito a nulla. “Alla fine ha scoperto che stavo dai miei, lo vedevo dalla finestra e avevo paura. Mia madre ha capito, mi ha costretto a denunciarlo”.

E’ stato diffidato, pare sia sparito. Ma le ferite non le cancelli.

“Ora ho ancora paura, mi guardo le spalle, controllo dalla finestra prima di uscire. Se mi si avvicina una macchina, o una persona, mi spavento. Non permetterò mai più a nessuno di toccarmi, non mi permetterò più di amare. Ho perso la speranza”. E ha vinto la paura.

 

Ma Roberta non è la sola, in questa situazione.

Un italiano su cinque è vittima di molestie insistenti, uno stalker su tre è recidivo e anche dopo la denuncia continua a perseguitare la vittima. E’ quanto emerge da una ricerca condotta dall’Osservatorio nazionale sullo stalking (Ons). La ricerca, condotta su un campione di 9.600 persone dai 17 agli 80 anni, indica che il 70% delle vittime è costituito da donne e il 30% da uomini. Il persecutore è nel 55% dei casi un partner o ex partner, nel 5% un familiare, nel 15% un collega o compagno di studi, e nel 25% un vicino di casa. E’ recidivo nel 30% dei casi. A preoccupare di più è il “numero oscuro” celato dietro ai dati ufficiali: “La maggior parte delle vittime – spiega l’Ons – non denuncia lo stalking, considerando quest’atto come qualcosa di simile al firmare la propria condanna a morte”. “Questa convinzione – rimarca l’Osservatorio – è dovuta a una generalizzata sfiducia verso le autorità (molti omicidi sono avvenuti dopo diverse denunce) e alla consapevolezza che lo stalker sia spinto a perseguitare da un profondo disagio psicologico, che la coercizione può solo peggiorare, se non affiancata a un percorso di risocializzazione e sostegno psicologico”.

 

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Un altro dato va rilevato: l’Osservatorio nazionale stalking ha registrato una flessione del 25% nelle richieste d’aiuto. In concomitanza con questo ‘trend’, “sono diminuite drasticamente anche le denunce per stalking” e le persone che hanno contattato l’Ons hanno dichiarato di non avere intenzione di denunciare il persecutore. Le motivazioni che le vittime adducono per la mancata denuncia sono di tre tipi: “La sfiducia verso le autorità (nessuna garanzia di sicurezza o protezione dopo la denuncia), la paura di peggiorare la situazione persecutoria e il fatto di voler aiutare il presunto autore senza farlo condannare, dato nel 90% circa è un conoscente o un familiare”. Gli ultimi casi di cronaca mostrano come uno stalker su tre, dopo la denuncia e talvolta dopo la condanna, continua a perseguitare la vittima, sovente con maggiore intensità, violenza e frequenza.

Dal 2007, l’Osservatorio nazionale stalking, associazione di volontariato che opera su Roma e in diversi centri sul territorio nazionale, ha istituito il Centro presunti autori, il cui obiettivo è quello di segnalare a tutte le persone che mettono in pratica atti persecutori la possibilità di uscire dalla condizione di stalker grazie a una presa di coscienza del problema e a un supporto psicologico specializzato coordinato da esperti. Il percorso è gratuito, e 250 stalker sono già stati risocializzati lasciando intravedere alle proprie vittime la speranza di vivere una vita normale. Il 40% degli stalker ha raggiunto un completo contenimento degli atti persecutori, mentre nel 25% dei casi si è verificata una significativa diminuzione dell’attività vessatoria, della recidiva, e la prevenzione degli atti più gravi.

Dall’inchiesta dell’Osservatorio nazionale sullo stalking emerge anche che il 20% degli stalker soffre di un disturbo di personalità, mentre solo il 5% accusa una psicopatologia grave, con totale perdita di contatto con la realtà. Il 70% presenta una rigidità nelle relazioni, che si traduce in una difficoltà di gestione delle relazioni interpersonali. Spesso sono soggetti insospettabili, che mantengono un buon contatto con la realtà ma in realtà sono dei manipolatori e bugiardi patologici. La violenza psicologica che attuano ai danni della vittima inizia in tempi insospettabili e sfocia nello stalking nel momento in cui quest’ultima decide di abbandonare la relazione. Il 20% degli omicidi ha avuto come prologo atti di stalking. Ma non solo. Da una ricerca di tipo epidemiologico condotta a livello nazionale, che ha previsto per ogni regione un totale rappresentativo di 600 interviste su un campione composto al 50% da uomini e al 50% da donne (dai 18 ai 70 anni), risulta che l’incidenza dello stalking in Italia è altissima (circa il 20% della popolazione ha subito atti persecutori), e costituisce un allarme sociale. L’Osservatorio nazionale stalking sottolinea la ncessità di un percorso di “accompagnamento delle persone coinvolte in atti persecutori nel difficile percorso della separazione e dell’emancipazione affettiva”. Per l’Ons, “la prevenzione e un percorso di risocializzazione orientato al presunto autore sono necessari. In mancanza di queste premesse, il fenomeno dello stalking continuerà a crescere in violenza e intensità”.

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