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Da un articolo ironico sulle barriere architettoniche a #VorreiPrendereilTreno e un libro. Intervista a Iacopo Melio

di Roberta Nardone

 

Penso, scrivo, sogno.

Parlo di diritti, libertà e uguaglianza.

Sorrido alla vita e mi innamoro tutti i giorni.”

 

Lui è Iacopo Melio, giornalista freelance e studente di Scienze Politiche alla Scuola “Cesare Alfieri” di Firenze.

Il 31 Gennaio 2015 ha fondato la Onlus “#vorreiprendereiltreno” diventata un punto di riferimento di importanza nazionale per la disabilità per la sensibilizzazione e promozione per i diritti umani e civili.

Di recente è stato pubblicato il suo primo romanzo dal titolo “Parigi XXI”.

Abbiamo avuto l’onore di intervistarlo per voi.

 

Quando è iniziata la tua esperienza in ambito giornalistico? E quella da freelance?

Ho iniziato a collaborare con alcuni blog e “marketplace” come copywriter ai tempi delle superiori (quarta, quinta superiore). Da lì, qualche piccolo magazine online mi ha contattato per collaborazioni più frequenti, nonostante le paghe ridicole: ricordo di aver sudato una gavetta da 1/2€ a pezzo, ed ho scritto di tutto in quel periodo, dal gossip alla cronaca, anche se per un periodo più lungo ho parlato di tecnologia, soprattutto riguardo telefonia (in particolare nel campo “Apple”).

Da 5 anni però scrivo per giornali online più grandi e stabili, ma soprattutto riconosciuti legalmente come vere e proprie testate, anche se alcuni di questi hanno chiuso.

Al momento ho pianta stabile, da pochissimi mesi, a Fanpage.it , il giornale online più letto in Italia e la cosa mi riempie di orgoglio: è una gran bella squadra.

 

Com’è nata l’idea di fondare l’associazione no profit “Vorreiprendereiltreno”?

Avevo dato vita, partendo da un mio articolo ironico sulle barriere architettoniche, ad una vera e propria campagna di sensibilizzazione riguardante l’accessibilità per i disabili, non solo sui mezzi pubblici ma a 360 gradi. Era fine Giugno 2014.

Ho deciso così di non disperdere l’attenzione mediatica che si era creata e di fondare così una Onlus, con l’obiettivo di continuare a sensibilizzare e portare avanti, quando possibile, progetti concreti per abbattere le barriere sul territorio, ma soprattutto per proporre una “cultura della diversità” volta all’inclusione sociale.

 

Sei mai stato vittima di insulti o atti di bullismo? Se sì, come hanno influenzato la tua vita?

Sinceramente no, non in particolare modo. Il carattere del disabile stesso è fondamentale nel processo di inclusione: una persona introversa, chiusa e fragile, sarà ovviamente più sottoposta ad essere bersaglio del bullismo, che cerca appunto vittime deboli.

Il mio carattere estroverso, socievole e aperto mi ha portato a rapportarmi con gli altri sempre “allo stesso livello”, anzi…

Come pensi sia possibile in un’epoca come la nostra, abbattere le barriere culturali (oltre che quelle architettoniche?) e i pregiudizi?

Facendo capire alla gente che un Paese accessibile è un Paese migliore per tutti, non solo per chi si sposta quattro ruote o con un bastone: ci sono mamme coi passeggini, anziani, giovani infortunati per un breve periodo…

Quando capiremo che siamo tutti, direttamente o meno, coinvolti nella disabilità, allora ci sforzeremo per rendere ciò che ci circonda inclusivo, smettendo di essere un problema per gli altri coi nostri comportamenti sbagliati (penso alle macchine parcheggiate ovunque, ad esempio sui marciapiedi…).

 

Una delle cose che colpisce leggendo ciò che scrivi su facebook, è senza dubbio la tua autoironia. Come fai ad averne così tanta?

È una cosa naturale, fa parte del mio carattere, non c’è niente nel mio modo di comunicare che sia studiato a tavolino.

Certo, comunicare e trasmettere messaggi fa parte del mio lavoro e bisogna sapere dove “mettere le mani” se si vuol durare nel tempo, vista la grande offerta e competizione del web, ma non potrai mai fingere di essere una persona che non sei.

Credo fermamente che si possa, anzi si debba, trasmettere messaggi seri con il sorriso sulle labbra e prendendosi meno sul serio: ci fa apparire umani, ed è una cosa rassicurante.

 

Com’è nata l’idea di scrivere il tuo romanzo Parigi XXI?

Ho racchiuso nel cassetto una serie di “pezzi” scritti nel 2015/2016. Lì c’era un anno e mezzo della mia vita privata, sentimentale.

Quando i miei editori della Miraggi Edizioni mi hanno contattato per sapere se avessi qualcosa di pubblicabile, ho messo il tutto insieme, per scherzo, e gliel’ho fatto leggere. Sono rimasti piacevolmente colpiti e così è nato, in poco tempo, “Parigi XXI”, con le sue 5.000 copie vendute in sei mesi. Un piccolo successo inaspettato.

 

Dei due protagonisti del tuo libro, ti senti più simile a Giacomo o a Francesca? 

Io sono Giacomo. È diverso.

 

Quali sono i tuoi progetti futuri personali (se ti va di svelarci qualcosa) e quali invece, quelli della tua associazione?

Continuano ovviamente gli impegni con la Onlus che vivo molto alla giornata, obiettivo dopo obiettivo, lasciandomi trasportare dalle idee e dagli incontri.

Spero di laurearmi prima possibile per poter essere finalmente libero per dedicarmi a tutti i miei progetti, soprattutto per implementare il lavoro (soprattutto nel giornalismo dove spero ci sia opportunità di crescita e tante belle collaborazioni).

Infine, sto iniziando a lavorare ad un nuovo libro: un progetto importantissimo per una grandissima casa editrice, e spero di poter sfruttare questa occasione al meglio. Il resto è top secret…

Grazie Iacopo!

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