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Roberti in Consiglio Comunale condanna la decisione di Erdogan-‘Siamo con le donne turche contro la violazione dei diritti umani’

Roberta Roberti consigliera comunale del Gruppo Misto difende i diritti delle donne e  chiede una condanna unanime alla revoca del presidente Erdogan all’adesione della Turchia alla Convenzione che condanna ogni tipo violenza di genere e che, ironia della sorte, è stata firmata proprio a Istanbul nel 2011.

“Questo ritiro rappresenta un precedente pericoloso anche a causa del diffondersi sempre più dilagante di forze reazionarie che considerano i diritti delle donne un pericolo per la struttura patriarcale e fondata sul potere maschile della società-come spiega Antonella Veltri, presidente di donne in rete contro la violenza in un recente articolo su Vita- La decisione di Erdoğan è un atto gravissimo”.

La consigliera lo fa con una comunicazione ufficiale oggi 29 marzo nel corso della seduta di Consiglio comunale della nostra città chiedendo all’amministrazione parmigiana di intervenire sul governo italiano per condannare ‘questo gesto che esprime una forma di disprezzo ufficiale, di Stato, per il diritto alla vita, all’indipendenza e alla libertà delle donne.’

Il testo integrale della comunicazione di Roberta Roberti:

Dopo averlo annunziato sabato 20 marzo, la scorsa settimana il Presidente turco Erdogan ha firmato il decreto con cui la Turchia revoca la propria adesione alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, più nota come Convenzione di Istanbul, città nella quale fu firmata l’11 maggio del 2011.

La Convenzione prevede, tra l’altro, il sostegno alle donne vittime di violenza, il risarcimento dei danni in sede civile, il divieto del matrimonio forzato, la lotta alla violenza psicologica e fisica, allo stalking, alla violenza sessuale, alle mutilazioni genitali femminili, alle molestie sessuali, alla violenza domestica.

Si tratta del primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza.

Il motivo addotto dal presidente turco è che la convenzione è contraria alle norme dell’Islam ed incoraggerebbe divorzio e omosessualità. E’ evidente, visto che sulla stessa linea si trovano dallo scorso anno anche paesi cattolici come Polonia e Ungheria, che la religione viene come al solito strumentalizzata e posta al servizio della sistematica violazione dei diritti delle donne ed in generale dei diritti fondamentali degli esseri umani, contravvenendo palesemente a quella laicità dello Stato che dovrebbe essere richiesta dall’Unione Europea quale presupposto irrinunciabile ai suoi membri o ai suoi partner internazionali. 

L’annuncio della fuoriuscita ha provocato un immediato moto di protesta delle donne delle principali città della Turchia e una forte indignazione nell’opinione pubblica occidentale. I devastanti effetti si sono visti nelle ore immediatamente seguenti all’annuncio del ritiro dalla convenzione: 6 donne sono state barbaramente uccise in Turchia. Sabato scorso a Smirne le donne turche hanno pubblicamente stracciato copia del decreto del presidente Erdogan con cui è stata annullata la Convezione di Istanbul dicendo: “Le nostre vite, i nostri diritti, la nostra lotta! Non ci arrendiamo!”.

Siamo con loro e dobbiamo gridarlo ad alta voce!

E’ vero che questo è solo l’ennesimo atto di una campagna di smantellamento sistematico delle garanzie dello Stato di diritto in Turchia, a partire dall’indipendenza della magistratura, con la rimozione e la reclusione di decine di giudici ed avvocati. Nel corso degli ultimi quattro anni sono stati incarcerati sindaci regolarmente eletti perché appartenenti ai partiti di opposizione, ed è stato portato avanti un inaccettabile attacco alla libertà di stampa, alla cultura e alle strutture educative, con l’arresto di migliaia di giornalisti, insegnanti di scuola e università. Sono circa 50.000 i dissidenti torturati nelle carceri turche.

Come sostenuto da Domenico Gallo, “A fronte della violenza dell’attacco repressivo contro le garanzie dello Stato di diritto, contro la cultura, contro la libertà di pensiero, potrebbe apparire un fatto secondario il disimpegno formale da un trattato sui diritti umani che nessuno potrebbe costringere la Turchia a rispettare. Invece la questione non è affatto secondaria proprio per il valore fortemente simbolico di questo gesto che esprime una forma di disprezzo ufficiale, di Stato, per il diritto alla vita, all’indipendenza e alla libertà delle donne. Disprezzo che è stato a lungo coltivato in fatto. Adesso lo è anche in diritto.”

Il Consiglio d’Europa non può accettare che Stati membri della UE quali Polonia e Ungheria o interlocutori privilegiati quale è la Turchia pratichino queste posizioni irricevibili per la conquista del diritto delle donne a vivere in libertà.

La UE e l’Italia hanno identificato nella parità di genere e nelle pari opportunità uno degli obiettivi fondamentali da perseguire. Che valore hanno queste dichiarazioni se poi ammettiamo passivamente che alcuni paesi possano rinnegare una convenzione di tutela dei diritti fondamentali delle donne?

Riteniamo che anche il Consiglio comunale di Parma debba scrivere al governo, affinchè faccia pressione presso l’Ambasciata turca, l’Unione Europea e l’ONU per chiedere che siano sanzionati i governi che si macchiano di queste gravissime lesioni dei diritti umani.

Temiamo tuttavia che i diritti umani, che a parole ci si fregia di mettere al primo posto, passino decisamente in ultimo piano quando si trovano in conflitto con interessi e opportunismi economico-finanziari. Basti pensare che spesso si tratta degli stessi governi che votano contro la fine dell’embargo a Cuba, che anche a Parma in Consiglio comunale abbiamo chiesto di revocare il 15/06/2020, come tante altre istituzioni italiane ed europee, blocco che specie in pandemia è in flagrante violazione dell’etica, della legalità e del diritto internazionale.

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