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I Like Parma- Il Chiostro di Sant’Uldarico apre per la prima volta al pubblico con gli affreschi ritrovati-FOTO


In occasione di I like Parma apre al pubblico per la prima volta il Chiostro di Sant’Uldarico di borgo Felino. 

Dal “Il chiostro di Sant’Uldarico: gli affreschi ritrovati” di Chiara Burgio edito dal Comune di Parma:

”Con la visita al “Chiostro piccolo” di Sant’Uldarico, di cui si sono recentemente conclusi i lavori di restauro, il pubblico potrà riscoprire le pregevoli strutture architettoniche quattrocentesche e le pitture murali delle lunette del loggiato inferiore recuperate nella loro integrità per poi salire al piano superiore ad ammirare le otto lunette recuperate del ciclo pittorico dedicato al tema della Via Crucis.

Il “Chiostro piccolo”

“Il cantiere di restauro di recente concluso presso il “Chiostro piccolo” unica porzione conservatasi, insieme alla chiesa, del grande complesso monastico benedettino di Sant’Uldarico-che comprendeva anche un “Chiostro grande” posto a nord, in base alla documentazione iconografica storica di forma pressoché quadrata e con arcate sui lati nord, est e sud, demolito nel 1965 per far posto ad un istituto scolastico, e l’Orto delle monache dice Chiara Vernizzi nel suo testo introduttivo – oltre a restituire alla piena funzionalità le pre-gevoli strutture architettoniche quattrocentesche, ha interessato anche l’apparato pittorico, ed è proprio su questo aspetto che si può dire si sono avuti i risultati più significativi e inaspettati, in quanto sono ora pienamente leggibili i dipinti presenti nei due ordini del chiostro, che apparivano prima dei lavori come non più che lacerti oscuri, non solo per problematiche legate all’azione del tempo, ma, come purtroppo spesso accade, anche per mano dell’uomo. Il monastero delle Monache Benedettine annesso alla chiesa di Sant’Uldarico venne, infatti, soppresso con decreto napoleonico il 1 ottobre 1810 e destinato ad uso militare; quindi nel 1822, con decreto della Duchessa Maria Luigia, ne venne decisa la conversione a ricovero per le monache di istituti soppressi, fra cui quello di Sant’Alessandro (demolito per far posto al Teatro Regio) e come scrive lo studioso Enrico Scarabelli Zunti, che nei suoi manoscritti, conservati presso il Complesso Monumentale della Pilotta, ci ha lasciato notizie importanti sulla storia e vita del convento, “dopo il 1860 essendo dato dal Superiore Governo il Monastero ai Genio Militare, l’imbiancatore le [pitture] copriva col suo temerario pennello alla vista dei curiosi “(Documenti e memorie di Belle arti parmigiane, vol.VI, p.278).

II chiostro, utilizzato come caserma, venne restituito all’Opera parrocchiale, che ne aveva fatto richiesta, nel 1922, grazie al parere positivo dell’allora Soprintendente ai Monumenti dell’Emilia-Romagna Luigi Corsini, per un uso più confacente al suo carattere e atto a garantirne l’integrità e il rispetto, e per diretto interessamento dell’On. Giuseppe Micheli, dopo un lungo iter burocratico, che comportò anche lavori di chiusura di porte e finestre, che isolassero il chiostro dalle strutture militari: il 26 giugno 1924 avvenne la dismissione dal Ministero della Guerra a quello delle Finanze, il 6 agosto consegna all’Opera parrocchiale, che ancora lo detiene in gestione.

Nell’atto di consegna si legge: “le pareti del cortile presentano tracce di antico intonaco, forse dipinto, come si rivela da una sbiadita traccia”.

Proprio particolarmente lunga, delicata e difficile è stata la fase di descialbo, in quanto le pitture erano ricoperte da uno spesso strato di calce, ed essendo l’intonaco molto poroso vi era il rischio di eliminare con la calce anche la tempera o la pellicola pittorica.

Oscurate le pitture, gli studiosi si sono fin qui esercitati esclusivamente a descrivere e a definire la struttura del chiostro, con cinque arcate ad ogiva sui lati nord e sud e sei a tutto sesto sui lati est ed ovest, e l’apparato scultoreo “caratterizzato da colonne con capitelli molto diversi tra loro sia al piano terra che nella loggia al primo piano” che ne fanno “un unicum nel panorama dell’architettura quattrocentesca parmense” (Chiara Vernizzi, Il chiostro dell’ex Monastero di Sant’Uldarico a Parma: dall’iconografia storica al rilievo degli elementi decorativi. Una metodologia integrata per il rilievo dalla scala urbana al dettaglio, in “Architettura eremitica. Sistemi progettuali e paesaggi culturali”, Atti del Quarto Convegno Internazionale di studi, La Verna, 2013, pp.100-107).

Riteniamo sia da accettarsi la tesi formulata da Fabrizio Tonelli che propo-ne una datazione alla fine degli anni ’80 e inizi ’90 del ‘400 e nell’insolito impianto rettangolare lo ascrive alla progettazione di Cristoforo Canozi da Lendinara, per volontà della badessa Piera Carissimi (che si insediò nel 1453 e morì nel dicembre 1497) (L’architettura parmense fra ‘400 e ‘500, il chiostro della Badia e il cortile del castello di Torrechiara, in ‘L’abbazia benedettina di S. Maria della Neve a Torrechiara”, 2009, pp.90-92).“

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