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Roberta Roberti risponde alla ministra Azzolina sulle scuole: ‘non possiamo accettare che l’istruzione sia strumentalizzata per bieche finalità elettorali’

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera di Roberta Roberti alla ministra Azzolina in risposta alla missiva inviata dalla ministra Azzolina ai docenti italiani la scorsa settimana.

Roberta Roberti è un’insegnante di un liceo cittadino da sempre impegnata nella difesa del diritto allo studio e sui temi scottanti della formazione scolastica sia come professionista  cofondatrice del coordinamento delle scuole di Parma ‘LaScuolaSiamoNoi’ molto attivo in città, protagonista a livello locale, italiano ed europeo di tante campagne di informazione, sensibilizzazione e protesta contro la dequalificazione, l’impoverimento e la progressiva privatizzazione di scuola, università e ricerca,  sia come consigliera comunale del Gruppo Misto nel nostro Comune.

“Gentile Ministra Azzolina,

ho ricevuto la Sua lettera per l’inizio del nuovo anno scolastico ed ora Le rispondo nella speranza che possa esserLe di aiuto scoprire che anche gli insegnanti, pur così silenziosi nei recenti dibattiti sulla scuola, hanno un loro punto di vista sulle numerose questioni da Lei sollevate.

Viviamo la scuola quotidianamente insieme ai nostri studenti, alle loro famiglie, al personale ausiliario, tecnico ed amministrativo e ai dirigenti scolastici. Non possiamo accettare che sulla scuola si avvalorino narrazioni falsate né che il dibattito sull’istruzione possa essere strumentalizzato per bieche finalità elettorali. Per questo, rivendichiamo il nostro diritto ad essere profondamente delusi e seriamente preoccupati.

Non vediamo nessuna reale volontà di intervenire in modo strutturale e con investimenti massicci nella scuola, a fronte di vent’anni di tagli devastanti al sistema di istruzione da parte di governi di ogni colore. Che la scuola pubblica non fosse affatto fra le priorità neppure dell’attuale governo lo aveva capito perfettamente il Suo collega Fioramonti, che valutando insostenibile la situazione ben prima della pandemia, si è dimesso. Per anni abbiamo denunciato quei tagli, che ora certamente rendono assai più complicato affrontare una situazione di emergenza.

Come potremmo credere alle Vostre promesse di impegnare parte consistente del Recovery Fund per la scuola? Ci basta sentirvi menzionare la riduzione del numero di alunni per classe: ad una settimana dall’inizio delle lezioni, tutto ciò che sappiamo è che forse arriverà un organico usa e getta, che scomparirà nel migliore dei casi a giugno prossimo. Come se avere 28-30 alunni per classe fosse accettabile al netto del virus. Nonostante si siano riviste più e più volte le linee guida al ribasso, al fine di adattare le regole alla realtà e non viceversa, mancheranno migliaia di aule, ci saranno alunni  obbligati ad indossare sempre la mascherina perché non sono rispettate le distanze minime indispensabili ed alunni per i quali proseguirà la didattica a distanza. Manca un piano credibile persino sui trasporti, dove la farsa degli alunni/congiunti o dei 15 minuti di tragitto in sicurezza ha chiarito quale sia la Vostra reale preoccupazione: evitare grane legali. Ci chiedete di essere rigorosi, scaricando sugli individui la responsabilità della sicurezza sanitaria, mentre per quello che vi compete non sapete fare altro che derogare da quelle che sono le indicazioni del Comitato Tecnico Scientifico.

Quale etica giustifica questo comportamento? La stessa che accetta come inevitabile il fatto che non sarà garantito a tutti e a tutte il diritto allo studio, che i più fragili si perderanno. E per molti insegnanti è assai più preoccupante della sicurezza sanitariapensare che non saremo in grado di proporre una  visione ed unaprospettiva credibile e positiva ai nostri alunni e alle nostrealunne, a fronte di decisori adulti che non solo non costituiscono modelli comportamentali da seguire, ma paiono interessarsi di tutto tranne che del loro futuro.

Credo sinceramente che noi docenti ci siamo meritati i Suoi ringraziamenti per come abbiamo gestito l’emergenza dettata dalla pandemia. Ciò tuttavia non compensa neppure lontanamente i ripetuti, infamanti attacchi, che ci dipingono a priori come assenteisti, impauriti e vigliacchi, pronti a spedire migliaia di certificati medici per starcene a casa. Questi pregiudizi, puntualmente smentiti dai dati reali ma mai da una Sua presa di posizione ufficiale, dovrebbero essere la premessa della valorizzazione degli insegnanti?

Lei si chiede come mai in questi mesi di dibattito sulla riapertura delle scuole siano stati trascurati gli aspetti educativi. RisponderLe è semplice, Ministra: perché degli attori coinvolti non c’era nessuno che fosse in grado di parlare di pedagogia, didattica ed educazione. Gli unici che sarebbero potuti intervenire con competenza ed a ragion veduta su questo argomento sono gli insegnanti, che ci si è guardati bene dal coinvolgere.

Sono sei mesi che dal dibattito sulla scuola manca totalmente la scuola. Perciò da insegnante mi chiedo non solo quanto del Recovery Fund sarà destinato al sistema pubblico di istruzione, ma anche come saranno spesi questi soldi. Date le premesse, temo fortemente che saranno usati per computer, sedie futuristiche,banchi con le rotelle, formazione obbligatoria sul digitale e standardizzazione dei contenuti in nome di un’innovazione didattica non meglio precisata. Ministra, si rende conto che sono queste le ragioni per cui è stato surreale il dibattito sulla scuola?L’innovazione didattica non è mero tecnicismo, non è prendere un computer  ed utilizzarne in modo abile le funzioni, è un processo assai complesso e delicato che deve essere demandato a chi è competente e per professione sa valutare l’efficacia e la ricaduta degli interventi educativi. L’innovazione della didattica e la formazione del personale le decidono le scuole sulla base del loro progetto educativo e didattico: Voi potete darci degli obiettivi, ma non potete imporci la metodologia con cui trasmetterli nè una formazione obbligatoria e standardizzata, destinata a rendereirrealizzabile la Scuola della Costituzione. In questo senso la didattica digitale integrata, al di fuori di scenari emergenziali,costituisce un attacco pesantissimo al diritto allo studio e alla libertà di insegnamento.

Ci si chiede di impegnarci al massimo per il futuro, e lo faremo, come lo abbiamo fatto nei difficili mesi passati. Ma senza adeguati strumenti e risorse – e non parlo di computer e banchi, ma di un incremento significativo di organico stabile e diinterventi seri di edilizia scolastica per classi meno numerose – l’impegno è un’arma spuntata, una illusione di efficacia e di risultati, che non potrà impostare e sostenere quel cambiamento duraturo che ci si attende e che dobbiamo ai giovani.

Ecco perché purtroppo non inizieremo affatto questo anno scolastico in serenità, cara Ministra Azzolina. Ci prometta almenodi risparmiarci nelle prossime settimane l’ennesima beffa: comunque vadano le cose, non chiamateci eroi.”

 

Roberta Roberti, insegnante di Scuola Secondaria di II grado

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