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Linger on you-Pietro Cantarelli si racconta dopo il successo a Sanremo con Tosca

di Nicolas De Francesco


Incontrare Pietro Cantarelli, musicista, produttore e autore affermato dalla lunga carriera, è un’esperienza stimolante: è una persona che si approccia alla cultura in maniera completa e come tale prende energia dalla propria passione, plasma e crea la sua materia espressiva e artistica ponendola al centro della propria personalità e condividendola al fine di trovare nuova riflessione, nuova curiosità, nuove strade.

E così ci siamo trovati nel suo accogliente studio situato in centro città e abbiamo parlato di tutto: di musica, società, costume, storia, letteratura fino all’ultima esperienza al festival di Sanremo condivisa insieme alla cantante Tosca. Il loro brano “Ho amato tutto” è stato accolto con molto entusiasmo dalla critica ottenendo come riconoscimento il premio “Bigazzi”. Abbiamo quindi fatto qualche domanda a Pietro su molti temi interessanti.

Innanzitutto complimenti per il premio “Bigazzi” per la miglior composizione musicale ricevuto dall’orchestra del Festival di Sanremo! Quali sono state le tue prime sensazioni al ritorno a Parma a Festival concluso?

Intanto ti ringrazio per i complimenti. Sono tornato a Parma con le valigie piene di emozioni molto forti e profonde.

La sensazione più intensa al mio ritorno, insieme a un po’ di stordimento, è stata sicuramente la forte condivisione e il grande affetto inaspettato che ci hanno rivolto fin dalle prove gli addetti ai lavori e i musicisti dell’orchestra; sono rimasto colpito dall’abbraccio dedicato a questa nostra canzone che io ho scritto ma che vorrei sottolineare esiste soprattutto perchè cantata da Tiziana (Tosca n.d.r)

Il dono più grande è stato nel constatare di essere arrivati al cuore di tanta gente, ci hanno scritto in tantissimi, sui social, in forma privata e addirittura fermandoci per strada, non solo quindi gli addetti ai lavori ma anche le persone comuni amanti della musica;

Il premio per come lo vivo io è un riconoscimento del lavoro fatto, riceverlo fa molto piacere, è normale e scontato, ma altro non è che un riconoscimento di quanto fatto, è il lavoro che genera il premio.

Questo lo dico sempre anche ai giovani con cui lavoro, il successo non esiste come valore e fissarlo come obiettivo è decisamente fuorviante perchè per tutti gli artisti il successo è stata semmai una conseguenza delle loro capacità.

Anche in questi giorni proseguono le manifestazioni d’affetto , e ogni notte mi ricavo un’oretta per rispondere alle persone che mi scrivono con trasporto e sentimento, alle quali tengo a rispondere in maniera personale; l’idea del “mi piace” social sarebbe di per se molto triste e riduttivo; ognuno ha scritto qualcosa che gli deriva dal cuore e quindi altrettanto sento di dovergli rispondere personalmente.

“Ho amato tutto” è un brano delicato, un incontro con il proprio profondo e il proprio sentimento, la musica si appoggia all’emozione: come è stata concepita questa canzone? In che modo è stata condivisa da Tosca e come l’ha percepita quando gliel’hai presentata? Raccontaci la tua collaborazione con Tosca

Con Tosca abbiamo già collaborato anni prima in altre occasioni e abbiamo riscontrato e avuto piena empatia fin dal primo momento. un’empatia che è artistica e emotiva, quei fatti un po’ magici e unici che accadono poche volte, devo dire. La canzone è nata semplicemente nel momento in cui Tiziana mi chiese se avessi qualcosa in cantiere che andasse bene per lei visto che doveva occuparsi del nuovo disco. E’ passato qualche mese ed è arrivata questa canzone, scritta di getto e per una serie di circostanze personali: quando scrivo mi riconosco in due situazioni differenti, o scrivo frammenti con il pianoforte che ho all’ingresso di casa e archivio a volte senza parole e testo e a volte, invece, succede che parole e musica arrivino insieme, come nel caso di questa canzone, nata in poco tempo a differenza di altri brani, in un paio di giorni. Diversi parti del testo sono arrivate con la melodia, proprio quelle parole che rimangono in mezzo alla musica che si rivelano la chiave per poi proseguire.

Le ho quindi fatto sentire l’introduzione di pianoforte che è rimasta poi inalterata e la melodia della prima strofa: mi ricordo che eravamo a Roma insieme per Officina Pasolini e una volta sentita Titti mi disse “Allora se non vai avanti ti ammazzo”; per cui sono tornato il giorno dopo a Parma e ho concluso il brano; quando poi le ho inviato il brano è diventato la nostra cosa più preziosa, che considero sua e mia.

Scrivendo ho tenuto inconsciamente presente infatti questo fatto, immaginando il suo modo di porgere le parole e il suo modo di cantare che conosco così bene rispetto a quello che stavo scrivendo, una sinergia già nel momento della scrittura.


Sanremo è il grande palcoscenico della musica italiana, la vetrina principale a cui il grande pubblico può accedere, nonostante siano evidenti ormai gli aspetti della spettacolarizzazione, delle controverse polemiche, gossip e colpi di scena che spesso allontanano il focus sull’elemento musicale.

Da musicista, come si vivono nell’ambiente questi aspetti? Qual è stata la tua esperienza e qual è il tuo approccio professionale e personale con il mondo dello spettacolo?

Il mio approccio personale con il mondo dello spettacolo è molto semplice, io ho sempre amato il nucleo del mio lavoro, quello creativo, che si tratti di produzione, scrittura arrangiamenti o semplicemente l’essere musicista; mentre dal contorno, che ho sempre chiamato il “carrozzone mediatico”, o la “balena” che si alimenta delle polemiche, ho sempre cercato di stare lontano il più possibile (ride), ma in questo ho avuto il privilegio e la fortuna di lavorare con artisti che ne stessero lontano già per conto loro, anche se non sempre è possibile.

Quest’anno ho avuto modo di affrontare Sanremo con tranquillità e serenità, altre volte quando sono andato mi sono irretito di più, non amo e non concepisco l’idolatria, la ricerca del selfie a tutti i costi.

Ad ogni modo anche in questo ambiente ci sono persone e persone e quindi un pò con il tempo, l’esperienza, l’età e le scelte che si fanno, se coerenti, si può trovare la propria dimensione.

La professionalità, l’impegno, la fatica sono ancora i valori fondanti e le linee guida per questo mestiere; non passeranno mai di moda. Vale anche per gli scrittori d’altronde.

Proprio in questi giorni, infatti, parlando con i ragazzi dell’”Accademia bolognese del cantautore”, durante una lezione, chiedevo a loro quanto scrivessero, se occasionalmente o spesso.

Alcuni hanno risposto spesso, altri occasionalmente quando avevano qualche idea. Ho quindi fatto loro presente come anche grandi scrittori in letteratura abbiano spesso dichiarato come il loro fosse un lavoro quotidiano; scrivere tutti i giorni è fondamentale, ci deve essere un allenamento alla scrittura costante e vale anche in musica; scrivere un po’ tutti i giorni serve a tenere oliato il meccanismo con la lingua, la fluidità, il pensiero e la organizzazione mentale e creativa, il flusso artistico.

Josè Saramago, mi ricordo, lo dichiarò ad una conferenza a cui andai tempo fa qui a Parma, raccontando la quotidianità della sua giornata normale che consisteva nello scrivere tutte le mattine fino a mezzogiorno, poi fermarsi per un pranzo e riprendere a scrivere dalle tre di pomeriggio fino alle otto della sera, tutti i giorni a meno che non avesse altri impegni o dovesse andare a qualche conferenza.

Dobbiamo un po’ in questo allontanarci dall’idea della boheme, dall’idea della figura dell’artista fulminato dalla creatività; certo che esiste la creatività, il talento e la sensibilità ma vi è sicuramente molto lavoro dietro. Il successo passa per questo.

La canzone italiana, e Sanremo come suo punto di riferimento, si sono aperti alle nuove espressioni musicali come la Trap e il Rap, probabilmente e inevitabilmente dovuto al forte ingresso nel mercato del pubblico dello streaming e dei giovanissimi.

Secondo te quale sviluppo può avere la musica d’autore in Italia? Ci può essere un confronto con le diverse forme espressive e lo trovi positivo, oppure il mercato rischia di creare paletti, pubblici targettizzati e noncuranti di cogliere punti di incontro?

Penso sarà positiva la contaminazione tra gli elementi e tra quelli che vengono chiamati generi che in realtà a volte non esistono propriamente.

In questo momento, sicuramente, la settorializzazione è più accentuata, poichè soprattutto con l’avvento di quella che oggi si chiama Trap, derivazione più o meno plausibile del Rap, che comunque è un genere esistente da decenni, e che adesso come direbbero alcuni va “di moda”, viene vissuta da alcuni con la puzza sotto al naso e da altri invece con il massimo dell’entusiasmo; credo che come sempre nella musica gli elementi siano destinati a mischiarsi, sono i meccanismi fondanti della musica e questo può e dovrebbe succedere anche per la cosiddetta musica d’autore. Personalmente mi considero una persona molta aperta, ho consapevolezza del passato, che è il mio background culturale ma mi piace guardare anche all’oggi, a ciò che può accadere, non importa se lo farò io o che lo veda accadere.

Ammetto, però, che esistano anche cose deteriori o particolarmente brutte. Non sono per la censura, per ritornare alla polemica sanremese, ma quando si supera il limite che a che fare con concetti importanti e molto urgenti che riguardano il rispetto per le persone o l’incitamento alla violenza, sono contrario a queste espressioni e non considero assimilabili a esempi che ho sentito citare come quello di Clapton che incitava all’uso della cocaina o altri scandali simili. In realtà sono cose completamente diverse, si parla di epoche lontane anni luce, per loro genesi e timbro. Se parliamo di anni ’60-’70, parliamo di un periodo storico completamente diverso da questo, che ha dato altri frutti. Esiste anche un’oggettività di valori nelle epoche storiche e artistiche, quella è stata un epoca al momento irripetibile figlia di un tempo storico, questo tempo fin qui ha dato dei frutti decisamente minori negli anni 2000 e negli anni 2010.

Nonostante tutto vedo comunque accendersi sotto la superficie tante lucine, che non riguardano tanto me ma quello che sento intorno e che riscontro anche nei ragazzi con cui ho l’occasione di lavorare.

So che sei coinvolto a Parma nella manifestazione “Quadrilegio” inserita nel cartellone degli eventi di “Parma2020” Qual è il tuo contributo e i tuoi punti di contatto con la rassegna?

Nell’ambito del festival della cultura 2020, il mio apporto a Quadrilegio sarà quello di mantenere aperta la porta del mio studio, in modo che gruppi di persone e curiosi possano vedere com è fatta una regia di uno studio di registrazione, un luogo dove si fa musica nel centro cittadino.
Il rapporto con Quadrilegio però per me vien ben da prima e principalmente per rapporti umani e d’amicizia in particolare con Simona Manfredi e Giulio Belletti che sono agitatori di bellezza, come mi piace definirli: questo non la scopriamo oggi però perchè Quadrilegio è una realtà che esiste da tanto tempo e oggi rientra in Parma Capitale della cultura 2020; non dimentichiamoci mai, infatti, che a Parma c’è chi fa cultura per bene e con molta attenzione da tanto tempo e non ha mai mollato di un millimetro, in questo caso mi riferisco a loro in particolare che sono sempre prodighi di iniziative anche molto originali. Per esempio un’altra iniziativa che mi ha fatto sorridere e mi è piaciuta molto, perchè adoro il cinema quasi come la musica, è il “Cinemino”, una piccola rassegna di film proiettati in case private curata dai fratelli Luca e Marco Mazzieri con cui tra l’altro ho lavorato spesso. Questa è una delle tante iniziative, e ben volentieri quando sono venuti Giulio e Simona e altri a chiedermi se potevamo in qualche modo aprire un canale di collaborazione ho risposto molto volentieri con quello che erano le mie possibilità.

Quali sono i tuoi progetti futuri, ma soprattutto desideri che vorresti ancora vivere assieme alla musica?

Sulla concretezza, nella quotidianità, ho molto piacere di essere docente in una struttura a Roma che si chiama “Officina Pasolini” che è stata peraltro un’idea di Tosca, e che abbiamo accarezzato negli anni assieme ad altri colleghi, ovvero quella di creare una vera officina che non fosse propriamente  una scuola di musica, ma un luogo in cui i ragazzi che scrivono canzoni o che hanno già avuto esperienza potessero ricevere da noi delle esperienze piuttosto che degli insegnamenti lavorando sul loro materiale. E’ stato un sogno da carbonari che abbiamo avuto insieme, ma la differenza l’ha fatta Tiziana che è una donna talmente determinata che è riuscita non solo a crearla ma in 6 anni a portarla a un livello per cui ora Officina Pasolini è una realtà strutturata fortemente a Roma generando frutti importanti; è diventato un hub culturale nel quale ogni sera ci sono spettacoli di ogni tipo divisi in 3 sezioni, teatro, musica e multimediale. E’ stato punto di riferimento per la produzione di spettacoli e di prodotti che hanno guadagnato premi importanti come quello del premio Tenco. Tra i colleghi c’è Nicolò Fabi, Giovanni Truppi, Piero Fabrizi e altri mentre Tosca è riuscita a mettere in pratica tutto questo.

L’altra realtà nuova per me e per cui mi hanno chiamato a essere direttore artistico è la neonata “Accademia Bolognese del cantautore”, legata allo storico studio di registrazione Fonoprint. Ho accettato con gioia e sono onorato di questo incarico, perchè lo studio è un luogo in cui io stesso ho realizzato molti dei dischi che ho prodotto e perchè è un santuario della musica italiana, una realtà molto importante per la tradizione musicale bolognese.

Per i progetti più propriamente miei, invece, vi è in primis la produzione del lavoro di Samuele Bersani che uscirà in primavera. Con lui stiamo lavorando da parecchio tempo e Samuele ha vissuto qui a Parma per quasi un anno, dove si è trovato molto bene e gli è piaciuto poter vivere pienamente la nostra città.

Inoltre lavorerò su l’ultimo disco di Ornella Vanoni. Con lei ho già lavorato in passato come musicista, è un artista che ho adorato, per cui sono molto entusiasta.

I sogni, quelli ci sono sempre. Sono legati a progetti nuovi in cui penso a coinvolgere ragazzi giovani, quelli che incontro nelle scuole in cui ho parlato prima; mi piace l’idea di organizzare, far convogliare e far fruttare i loro talenti mischiandoli con quelli di autori più adulti e forse è questo l’aspetto che mi intriga di più; da qualche tempo ho bisogno e mi sento di restituire in qualche modo ciò che mi è stato dato che è per me tantissimo, questo mi pare oggi il modo più naturale; infatti ogni volta che torno da Officina Pasolini o dall’Accademia del cantautore mi porto dentro questa sensazione dell’aver io ricevuto di più di quanto abbia dato loro.

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