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31 agosto-Inaugura in san Ludovico la mostra ‘La lettera in corpo’: il gioco evanescente della seduzione libertina tra materia e colore nel racconto per immagini di Francesca Dosi

Dal 31 agosto al 15 settembre 2019 sarà ospitata, presso la Galleria San Ludovico, l’esposizione pittorica “La lettera in corpo” dell’artista parmigiana Francesca Dosi, realizzata con il patrocinio e la collaborazione dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Parma.

La mostra nasce da un’idea originale dell’artista che ha curato la regia, la messa in scena, l’ambientazione e i costumi delle inquadrature fotografiche, realizzate dal fotografo Enrico Grassi, che hanno preceduto la fase pittorica.

Nell’omonimo saggio “La lettera in corpo” (Diabasis, 2017) la Dosi ha affrontato sul piano teorico la “messa in corpo” filmica del romanzo epistolare di Choderlos de Laclos ‘Les liaisons dangereuses’, analizzando Dangerous Liaisons di Stephen Frears. L’artista ha accompagnato questo studio teorico con un progetto pittorico di rielaborazione del carteggio tardo settecentesco e con una selezione fotografica, di Enrico Grassi, inerente il medesimo soggetto.

“Anticipando di pochi anni la Rivoluzione francese, Choderlos de Laclos, un ufficiale d’artiglieria al servizio del Re, pubblica nel 1782 ‘Les liaisons dangereuses’, un romanzo epistolare polifonico che agisce da detonatore entro una civiltà perfezionata e sonnecchiante, dove anche la felicità si piega all’arguzia di una battuta sagace e al dettaglio di un accessorio raffinato- si legge nella prefazione al catalogo a cura dell’artista-I tredici corrispondenti del romanzo, che appartengono all’ambito ristretto e privi- legiato dell’aristocrazia, sono figure esemplari di un mondo che garantisce il primato della vita mondana su quella privata, della teatralità sulla spontaneità e della ripetizione codificata sull’imprevedibile accidentalità della contingenza. Di un mondo che di lì a poco cadrà in ginocchio, salendo, sbigottito e incredulo, sui gradini di una ghigliottina.”

E ancora: “Le immagini evocano lo sdoppiamento dei personaggi nel théâtre du monde, cogliendone le assenze, gli slanci verso l’abbandono e i repentini distacchi a un passo dalla resa. Il bagno di sangue conclusivo grida l’impotenza del sentimento assieme alla sconfitta della ragione. Non esistono vincitori nella partita a scacchi delle Liaisons dangereuses, solo il vago rimpianto di qualcosa che poteva essere e che per paura e vanità non è stato.”

I dipinti, realizzati partendo dalle immagini fotografiche, offrono corpo “pittorico” al desiderio: ovvero un corpo disincarnato fatto di materia e cromatismi, di spessore e profondità prospettica, una doppia dimensione che, allo sguardo, prende vita. Il corpo dei modelli viene dapprima fotografato e in seguito riproposto tramite un abile alternarsi di sovrapposizioni ed evanescenze. La tecnica della Dosi mira a disegnare il reticolo di forze prodotto dall’incontro tra gli interpreti, acuendo la risonanza sensoriale dello spettatore che sembra poter accedere alla trama della pelle.

 

Così l’artista racconta la genesi e la finalità del proprio lavoro insieme al fotografo Grassi: «[…] Abbiamo scattato all’interno di case private e di luoghi storici cittadini (il Teatro Regio e il Palazzo Ducale) inventato costumi improbabili con materiali di recupero e giocato sugli anacronismi, tra i quali spiccano i palchi di un teatro ottocentesco e l’utilizzo delle pistole al posto delle spade con cui si affrontano in duello Danceny e Valmont nella parte conclusiva del romanzo. Non ci premeva la fedeltà filologica al testo e all’epoca raccontata, bensì la resa di una “fisiologia” scenica che interpella lo spettatore e, assieme a lui, interroga il desiderio, alimentato dalla sua stessa procrastinazione entro una danza macabra di avvicinamento e allontanamento. Le fotografie e i quadri traspongono le diverse fasi di un gioco di seduzione libertina che si rivela essere una tragedia a tinte fosche, generata e scandita dalle parole dei singoli corrispondenti, incapaci di sottrarsi al personaggio che di sé hanno costruito e all’ineluttabilità mortuaria che accompagna il carteggio». 

La mostra inaugurerà al pubblico sabato 31 agosto alle ore 18 e si concluderà il 15 settembre, il finissage della mostra vedrà esibizioni dal vivo di musica e di canto operistico settecentesco.

Per tutto il corso della mostra sarà inoltre possibile ascoltare, in una registrazione realizzata da Alba Pessini (docente di Letteratura francese all’Università di Parma), brani estrapolati dal carteggio tardo settecentesco; selezionati per la parte musicale dal soprano Francesca Olivieri e per la parte testuale dalla stessa Dosi, con il missaggio sonoro di Mirko Ghizzoni.

La mostra è aperta al pubblico, ad ingresso libero, con i seguenti orari: mercoledì dalle 15.30 alle 19.30; giovedì dalle 10 alle19.30; venerdì e sabato dalle 10 alle 21; domenica dalle 10 alle 19.30.

 

Biografia Francesca Dosi

Autodidatta, Francesca s’ispira inizialmente alle affiches di Mimmo Rotella e realizza ritratti d’icone cinematografiche che espone al Centro Cinema Lino Ventura di Parma, all’Espace Moselle di Bruxelles e allo storico Studio 28 di Montmartre.

A Parigi prosegue in questa direzione con i cicli dedicati a Fabrizio de André e a Guillaume Depardieu, attore e amico precocemente scomparso. In parallelo lavora sull’astrazione realizzando con tecniche miste schizzi e tele di grandi dimensioni che espone in una serie di “personali” all’atelier Moto 777 di Parigi. I nudi maschili esposti alla Galerie Chappe di Montmartre sono l’inizio di una ricerca in cui la ritrattistica si piega ad effetti sottili di cromatismo e ad un lavoro di progressiva erosione della materia pittorica.

Tornata a Parma realizza dapprima una retrospettiva alla galleria Sant’Andrea ripercorrendo la propria pittura come memoria trascritta sulla tela, sogno di armonia, di grazia e di persistenza che lascia affluire le ferite e la fragilità di un’umanità malinconica, occultata dietro veli d’ombra, luci polverose e pigmenti liquidi, evanescenti. Una pittura che si fa traccia, movimento e organica trasparenza.

In seguito lavora al progetto Ninfa, ispirato dalla lettura del saggio di Didi Huberman sul tema del panneggio caduto e dalla ricerca attorno all’insieme scultoreo neoclassico di Jean-Baptiste Boudard nel Parco Ducale di Parma, che si traduce poi in un’esperienza artistica sincretica declinata attraverso una mostra fotografica e pittorica della durata di circa due mesi e in cinque performances di danza contemporanea nel format di 20 minuti da ripetersi in loop a intervalli regolari.

Nell’estate 2018 una mostra allestita nello splendido spazio arte Prospettiva 16 di Boretto permette a Francesca una riflessione sul proprio ritorno al figurativo ripercorrendo la tendenza alla ritrattistica che l’ha accompagnata negli ultimi lavori, dai nudi maschili all’icona di Marilyn, da Guillaume Depardieu a Fabrizio De André, con un’incursione nella mitologia della Ninfa e di Amore e Psiche e un’anteprima della Lettera in corpo.

I progetti Ninfa e Il sogno della farfalla, entrambi accompagnati da performances di danza, musica, canto e poesia, sono riproposti a intervalli regolari in contesti diversi tra loro e non forzatamente espositivi, a dimostrazione della volontà da parte di Francesca di cogliere il momento di fusione tra le arti e di fare della propria pittura parte di un tutto in divenire.

Ha recentemente aperto un atelier a Parma nell’Oltretorrente (in via Imbriani 50/a): un laboratorio di ricerca pittorica dove procedere al lavoro sui quadri e condividerne gli esiti con amici e passanti.

Ha all’attivo diverse attività di ricerca e di scrittura, tra i saggi maggiori: Trajectoires balzaciennes dans le cinéma de Jacques Rivette edito da LettMotif, La lettera in corpo edito da Diabasis, Il nostro bisogno di De André, in fase di pubblicazione con la Nuova Fondazione Battei e il romanzo Ma saison avec Guillaume edito da La Société des écrivains e di cui si prepara l’edizione italiana.

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