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L’œvre au noir di Marina Burani illumina le sale di Palazzo Pigorini

 

di Titti Duimio 

Nero come assenza, nero come essenza. Pensiero. L’altro da se. L’alternativa necessaria.

Nero il colore non colore usato da Marina Burani per definire contorni, riempiere vuoti ed esaltare la luce, la nota dominante della mostra inaugurata il 10 maggio a Palazzo Pigorini a cura di Didi Bozzini dal titolo ‘Nero-2019/1969’ appunto.

Opere al nero che richiamano alla mente il percorso alchemico che lo esalta.

Nigredo, rubedo, albedo i tre stadi di ricerca filosofica attraverso cicli di reazioni indotti nella mente che portano alla comprensione della Grande Opera che può sembrare libertà.

Il nero è l’origine delle cose, la disgregazione che porta a comprendere la verità, ‘universo prima del big bang, l’inconscio non codificabile che contiene e completa il pensiero. Il primo livello della conoscenza, l’intuizione indispensabile per evolvere ed evolversi.

Perché non esiste luce senza le ombre, ed è il contrario che legittima il concetto.

“Tutto ha avuto inizio dal disegno. Forse perché questa parola significa anche progetto. Sta di fatto che le fondamenta del lavoro di Marina Burani si trovano nella ricerca insistita delle forme da tracciare con la grafite sulla carta o sul cartone. La sua matita ha cominciato scavando nello spazio intonso del supporto per portare alla luce i reperti di un immaginario sepolto da quella greve superficie bianca. Dapprima con un disegno meticoloso, d’après nature. quasi accademico, molto attento alla corrispondenza con la realtà, alla verosimiglianza delle figure e delle proporzioni. I soggetti. quelli più tradizionali: corpi e cose. Ma poi, l’opera del nero ha indotto un processo di graduale trasformazione. I fogli rettangolari sono diventati ovali o tondi, la figura umana è stata riassunta in un solo elemento simbolico, oppure distorta nelle sembianze di un’immagine riflessa dallo specchio anamorfico, mentre gli sfondi si tramutavano negli ambienti di un’architettura onirica.” Si legge nella nota del curatore.

E gioco di ombra e di luce sono le opere dell’artista dedicati ai Panneggi esposti, splendidi omaggi alla classicità che diventano pretesto per un racconto personale che segue la ricerca di Marina attraverso la perfetta conoscenza della storia dell’arte, pura citazione intellettuale e mai di maniera. Gioco infinito di trasparenze e apparizioni, guizzi di presenza intuita senza annuncio.

L’esposizione accoglie i visitatori con una serie di specchi neri che riportano allo specchio Claude del paesaggista seicentesco Lorrain usato per riflettere il paesaggio da dietro le spalle e coglierne l’essenza delle linee azzerandone i dettagli. 

57 opere che seguono il filo nero del silenzio ma che tra le mani di Marina prende vita e forma diventando racconto di vivace creazione: “Trovo che affrontare il foglio bianco sia molto stimolante – dice l’artista – Avere davanti a sé il nulla e scalfirlo con un tuo segno dona piacere. È l’idea di possedere un grande potere, l’entusiasmo di amare figure che ancora non esistono” afferma l’artista.

Una mostra completa e ben raccontata dal curatore Didi Bozzini nelle stanze di Palazzo Pigorini, quella di Marina Burani che percorre cinquant’anni di ricerca stilistica dalle matite degli anni ‘60 agli specchi neri del 2000 testimonianza di un universo creativo nel quale il rapporto tra la figura e la sua assenza, la sua formazione e la sua scomparsa, occupa una posizione centrale e di fondamentale importanza.

La mostra, ad ingresso libero, rimarrà aperta sino al 16 giugno.

Marina Burani, nata a Reggio Emilia, vive e lavora a Parma. Ha frequentato l’istituto d’Arte Paolo Toschi a Parma e l’Accademia di Brera a Milano.

Nel 1991 fonda l’Associazione Culturale Alphacentauri con Andrea Vettori, dal 1994 pubblica il Giornale Alphacentauri che viene presentato alla Biennale di Venezia nello stesso anno.

Pubblica due libri “Lento a tempo” e “Coleotterofobia”.

A Reggio Emilia partecipa al premio Tricolore e l’opera viene premiata ed acquistata dal Museo Civico.

Dal 1972 ad oggi partecipa a numerosissime mostre collettive e personali, in Italia e all’estero.

Marina Burani – Nero – 2019 | 1969

Palazzo Pigorini | 10 maggio – 16 giugno

Orari di apertura:

mercoledì, giovedì e venerdì dalle 16.30 alle 19.30

sabato e domenica dalle 10.30 alle 13 e dalle 16.30 alle 19.30

ingresso libero

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