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Impresa e innovazione- Erika Simonazzi di Flo’: “La plastica non va demonizzata, la ricerca per il rispetto dell’ambiente”. Inventata la prima capsula caffè 100% bio-compost

di Titti Duimio

Ricerca, impresa, innovazione. FLO è un marchio storico nella produzione di stoviglie in plastica e bicchieri per la distribuzione automatica, nei settori del retail, del vending e dell’Ho.Re.Ca. L’Azienda, nata nel ’73 a Fontanellato per volere del fondatore Antonio Simonazzi è oggi un gruppo internazionale a gestione ancora familiare.

Erika Simonazzi, Direttore Marketing di Flo, ci tiene a sottolineare che la plastica non va demonizzata, ma sfruttata al meglio, perché è una delle più importanti invenzioni del novecento, parte della nostra cultura e stile di vita, strategica e vitale amica dell’ambiente. Ma servono competenze, conoscenza e tanta informazione.
Alla sede principale parmense si affianca lo stabilimento produttivo di Ruitz, in Francia per un totale di 360 dipendenti, oltre ad altri 6 stabilimenti produttivi europei acquisiti in partnership con un’azienda del settore.

Dott.ssa Erika Simonazzi, Flo è un’azienda a conduzione familiare ma con numeri importanti, che ha saputo investire in efficienza, ricerca e sviluppo sostenibile. Questa la formula vincente per l’impresa?
La responsabilità verso l’ambiente è una scelta prioritaria per FLO, che ha adottato ormai da tempo un importante percorso di miglioramento ambientale, sia a livello tecnologico che di studio dei prodotti. Nello stabilimento di Fontanellato è attivo un impianto di trigenerazione che produce il 70% dell’energia utilizzata dallo stabilimento, rendendolo quasi indipendente dalla rete nazionale. Il magazzino a fianco dell’area produttiva, che ha una capacità di 27.000 bancali, è completamente automatizzato e a ridotto consumo di energia elettrica. La tecnologia applicata ai traslo elevatori ne permette il recupero dell’energia cinetica utilizzatatrasformandola in energia elettrica.

E per quanto riguarda i prodotti?

I nostri prodotti vengono progettati con prioritaria attenzione al loro impatto ambientale. Così è nato ad esempio Hybridcup, un bicchiere per distributori automatici completamente riciclabile che permette di ridurre fino al 40% le emissioni di CO2 nell’ambiente rispetto ai bicchieri vending in polistirolo. Questo risultato lo abbiamo ottenuto sia modificando la miscela iniziale, il polistirolo è stato in parte sostituito da sali naturali, sia ridisegnandone la forma, in modo da ridurne il peso senza inficiare il corretto funzionamento nei distributori automatici. La riduzione di materiale utilizzato unita al cambio di miscela ha portato a questo importante risultato.

 

Di cosa vi occupate oltra alla trasformazione della plastica tradizionale?

Siamo anche produttori di packaging alimentare realizzato con diversi materiali e la leva che spinge la scelta del materiale è proprio la sua sostenibilità ambientale, collegata all’utilizzo che se ne deve fare. In Repubblica Ceca, adesempio, abbiamo uno stabilimento che produce esclusivamente contenitori in polpa di cellulosa 100% compostabili, in Inghilterra produciamo bicchieri in carta dedicati al settore vending e toGo, nello stabilimento di Verona una linea completa di bicchieri da birra in biopolimero compostabile.

Come si concilia una visione ambientale con la produzione della tanto vituperata plastica nella vostra azienda?
Credo non ci sia un’informazione adeguata in materia, soprattutto perché l’argomento è complesso e non esistono soluzioni assolute. C’è un metodo scientifico per calcolare l’impatto ambientale dei nostri prodotti e si chiama LCA (Life Cycle Assesment), un metodo che determina l’impatto ambientale di un prodotto come somma di contributi, da quando si estrae la materia prima alla fine della sua vita, calcolando il consumo di risorse o l’immissione nell’ambiente di sostanze inquinanti ‘dalla culla alla tomba’. E’ importante sapere che ognuno di questi passaggi ha un impatto, non solo il fine vita. Con questa chiave di lettura si riesce a spiegare perché a volte, prodotti con un fine vita considerato più sostenibile perché biodegradabili e compostabili o perché biobased, hanno un impatto ambientale peggiore di altri prodotti in plastica tradizionale.

Perciò l’affermazione generica ‘la plastica inquina’ non è suffragata da basi scientifiche, Inquina rispetto a cosa? E qual è il tipo di impatto che viene considerato? Il fine vita? Una maggiore e migliore cultura del riciclo aiuterebbe a gestire in modo più efficacie il problema: se gettiamo i prodotti nel contenitore della plastica, poi non li ritroveremo dispersi nel mare, ma riutilizzati dopo una adeguata trasformazione.

La vostra sfida quindi è quella di continuare a fare ricerca su materiali compatibili con le esigenze ambientali?
Abbiamo il dovere di farlo. Ma, come sottolineato poco fa, è necessario anche informare correttamente le persone ed educare i ragazzi fin da piccoli ad un corretto riciclo dei materiali.

Competenza, ricerca, innovazione e attenzione ai temi ambientali hanno portato FLO anche ad un altro grande successo, le capsule per macchine da caffè compostabili 100% biobased per la prima volta sul mercato. Ci racconta come ci siete arrivati?

Si’ si tratta di Gea la prima capsula caffè completamente biodegradabile e compostabile prodotta al 100% con PLA Ingeo, un biopolimero tecnico derivato da risorse vegetali. In coerenza con la nostra strategia ambientale, le capsule per caffè compostabili sono un’ottima soluzione al problema della loro raccolta a fine vita, oggi infatti non sono riciclabili e devono essere gettate nel residuo perché composte da più materiali, plastica, alluminio e caffè all’interno. Dopo unaricerca durata tre anni in partnership con lì’americanaNatureworks, il primo produttore mondiale di bioplastica, abbiamo creato Gea, una capsula da gettare nell’organico, con il recupero dei fondi di caffè, ottimo fertilizzante per l’agricoltura.
Il know-how tecnologico di Flo unito al Know-how di Natureworks sui materiali, ha dato un risultato importante, una capsula biobased, compostabile ma anche barriera all’ossigeno, per preservare le caratteristiche organolettiche e l’aroma del caffè contenuto.

 

Un esempio di impresa del territorio quella di Flo e di Erika Simonazzi che non si accontenta di mettere sul mercato un prodotto indispensabile ma cerca di farlo con un senso di etica responsabile nei confronti dell’ambiente e del futuro fuori dai luoghi comuni e dalla superficialità dilagante. Ricerca, competenza, innovazione, tecnologia e grande ascolto delle tematiche ambientali fanno di questa realtà locale un’eccellenza mondiale del settore, confermando la capacità dei nostri imprenditori di adattarsi alle rapide evoluzioni per allinearsi alle esigenze di un futuro ecosostenibile.

 

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