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Università di Parma- Inaugurata la Sala Studio intitolata a Giulio Regeni. I genitori: “Grazie. Serve azione costante contro l’indifferenza morale”

E’ stata inaugurata questo pomeriggio, all’Università di Parma in vicolo Grossardi, la Sala Studio intitolata a Giulio Regeni. Verità e giustizia attraverso lo studio, anche Parma chiede che non si dimentichi il ricercatore italiano scomparso nel modo più tragico nel febbraio del 2016.

L’Ateneo intitolerà inoltre a Giulio Regeni una borsa di studio nell’ambito del Corso di Dottorato in Scienze Giuridiche coordinato da Alberto Cadoppi

Tra gli studenti che hanno preso parola, una ragazza, Shayma Negm, di origini egiziane ha voluto rigraziare l’Università di Parma per questo gesto importante. Le sue parole nel video:

L’Ateneo, su proposta del Consiglio degli Studenti approvata dagli Organi accademici, ha infatti deciso di dedicare la Sala Studio nella Casa dello Studente di vicolo Grossardi al ricercatore italiano, ucciso in Egitto mentre stava completando la tesi sui sindacati indipendenti egiziani per il Dottorato svolto all’Università di Cambridge.

Alla cerimonia sono intervenuti il Rettore Paolo Andrei, il Presidente del Consiglio degli Studenti Guglielmo Agolino, le rappresentanti di Amnesty International Parma Patrizia Ciurlia e Martina Di Piazza (con un videomessaggio) e Riccardo Noury, Portavoce nazionale di Amnesty International Italia, che ha letto un messaggio dei genitori di Giulio: Paola e Claudio Regeni. Folto il pubblico presente: autorità, personale dell’Università e tanti studenti, a sottolineare l’attenzione alla vicenda di Giulio Regeni e l’apprezzamento per il gesto dell’Ateneo.

L’Università di Parma, che già nel febbraio 2016 con molti altri Atenei italiani aveva aderito all’appello della Conferenza dei Rettori delle Università italiane – CRUI per far emergere la verità sulla morte di Giulio Regeni, con questa intitolazione si affianca alle numerose iniziative che il mondo universitario italiano sta realizzando affinché non scenda il silenzio su questo tragico caso.

Da due anni Amnesty International sta portando avanti con la famiglia Regeni la campagna “Verità per Giulio Regeni”, cui hanno aderito tanti enti locali, università eluoghi di cultura ribadendo la richiesta di un impegno per avere la verità sulla morte di Giulio.

Per l’occasione i genitori di Giulio Regeni hanno lasciato una lettera per ringraziare tutti i presenti:

Siamo i genitori di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano, dottorando presso l’università di Cambridge; sequestrato, torturato ed ucciso al Cairo e ritrovato il 3 febbraio 2016.

Giulio era un giovane che cercava di vivere con coerenza i suoi valori, implementandoli anche con la sua ricerca accademica, credeva in quello che faceva.

In questo doloroso cammino che stiamo facendo ormai da 28 mesi, abbiamo compreso quanto sia importante avere al nostro fianco iniziative di solidarietà, che ci accompagnino nella nostra richiesta di Verità e Giustizia.

Grazie per voler sostenere e ricordare la triste storia di Giulio che vede al centro della sua vicenda il non rispetto dei diritti umani.

Vi ringraziamo per l’intitolazione dell’aula studio a Giulio, uno dei vari presidi per ricordare che per rendere Verità e Giustizia  ad ogni persona bisogna mantenere un’azione costante contro l’indifferenza morale.
Un grande augurio a tutti i presenti che stanno ancora studiando.

Grazie, ancora

Paola e Claudio i genitori di Giulio Regeni

Giulio Regeni, nato a Trieste il 15 gennaio 1988, dopo aver lavorato all’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale e aver svolto per un anno ricerche per conto della società privata di analisi politiche Oxford Analytica, stava conseguendo un dottorato di ricerca al Girton College dell’Università di Cambridge e si trovava in Egitto per svolgere una ricerca sui sindacati indipendenti egiziani all’Università Americana del Cairo.

Fu rapito a Il Cairo il 25 gennaio 2016, giorno del quinto anniversario delle proteste di piazza Tahrir. Il suo corpo fu ritrovato, torturato e senza vita, il 3 febbraio successivo, nelle vicinanze di una prigione dei servizi segreti egiziani.

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