Home » Cultura&Spettacoli » Per Pasqua una favola di solidarietà: 25 marzo in piazza Ghiaia l’agnello Garibaldi racconta il rispetto per gli animali

Per Pasqua una favola di solidarietà: 25 marzo in piazza Ghiaia l’agnello Garibaldi racconta il rispetto per gli animali

 

 

Domenica 25 marzo, per la Giornata dei Fiori, alle ore 15 presso il bar Aperta-Mente Prelibarte di piazza Ghiaia, la nota scrittrice parmigiana Teresa Giulietti presenterà una favola per bambini inedita in occasione dell’evento organizzato da S.O.S. Angels Amico Gatto e dal Anna e Laura,titolari del bar, a favore degli animali randagi ospitati nell’Oasi di Pontetaro.

Teresa Giulietti naturopata e scrittrice collabora attivamente con l’associazione Diritti degli Animali fondata e diretta dal dott. Maurizio Corsini medico psicanalista che da tempo si occupa dell’adozione di animali sottratti alle crudelta’ umane.

Per l’occasione sarà possibile acquistare dei “gattini” di cioccolata e aiutare l’associazione S.O.S. Angels.

L’AGNELLINO GARIBALDI E IL PRINCIPE

Personaggi:
L’agnellino Garibaldi
Amalia, la mamma pecora
Il Principe degli agnelli
Remigio, il pastore
Pippi, la regina degli Asini
Giannetta, la mamma asinella
Maurizio, l’asinello figlio di Giannetta.

SINOSSI.

Sempre la stessa storia, ogni anno, sul finire dell’inverno e l’arrivo della primavera.
E anche quell’anno, in prossimità della Pasqua, il pastore Remigio avrebbe venduto al macellaio dai coltellacci affilati tutti i suoi agnellini per farne involtini e bistecche da impiattare con un contorno di patate e qualche carotina. Ma il Principe degli Agnelli, no! non lo avrebbe permesso, per nessuna ragione al mondo. Lui amava gli animali, tutti, nessuno escluso, e li difendeva da sempre.
Contrattò con Remigio, un uomo tarchiato dalle mani guastate dal lavoro, acquistò tutti gli agnelli del suo gregge, anche un gomitolino bianco davvero buffo e molto speciale: Garibaldi.
Promise alla sua mamma, la pecora Amalia, che se ne sarebbe occupato lui, in prima persona e che nessuno (si spegnessero tutte le stelle del cielo!) gli avrebbe mai fatto del male.
Un giorno, il Principe arrivò alla fattoria di Remigio, fece salire il piccolo agnello sulla sua macchina e lo portò a fare un bel giro fino al Bosco delle Betulle; in quel luogo incantato li attendeva Pippi dalle trecce color carota, la Regina degli Asini, pronta a salvargli la vita. Ma da quel momento il cucciolo non avrebbe più potuto rivedere la sua mamma.
Garibaldi entrerà a far parte di una bizzarra famiglia allargata: una mamma asinella, dei fratellini gatti, qualche papera come zia, Maurizio un compagno di giochi dai dentoni come palette. E Giannetta, la sua nuova mamma, ogni sera gli racconterà una favola bellissima: quella di una stella tutta bianca che nel cielo brillare solo per lui.

​“Non era proprio un beeee, il suono che il piccolo agnello emise appena uscito dal corpo della sua mamma; era un flebile lamento, il miagolio di un gatto.

Il Principe degli Agnelli, un uomo alto con un grande cappello da cowboy in testa, si scostò appena, stringendosi tra le spalle; la vista di quel parto l’aveva commosso: era la prima volta per lui.

Non si poteva certamente dire lo stesso per il pastore, un uomo piccolo, tarchiato, le mani ruvide guastate dal lavoro, indosso una camicia a scacchi neri e rossi macchiata di fango.

Il pastore Remigio era abituato a vedere partorire le pecore del suo gregge, per lui era tutto normale, come vedere il sole sorgere la mattina sulle colline e poi scivolarci dietro verso sera, per lasciare il posto alla luna.

Quanti ne aveva visti di parti nella sua lunga carriera di pastore! Cento? Mille? Forse di più. Milioni!
L’agnellino era davvero delizioso, un gomitolo bianco, morbido e umidiccio; sulla fronte un ciuffetto di lanugine arruffata. Restò disteso a terra per un attimo, strofinandosi su quella montagnola di paglia secca che il pastore aveva disposto accanto alla grande pecora. Protetto dal corpo massiccio di mamma Amalia che lo leccava senza sosta, sembrava ancora più piccolo e indifeso di quanto non fosse realmente. Una nocciolina americana accanto a un cocomero.

Mamma Amalia tirò fuori la sua linguona rosa per passarla attorno al naso del piccolo agnello, sotto il collo, sulla schiena, una lunga avvolgente carezza che lui sembrò gradire parecchio.

Imprinting, pensò il Principe degli Agnelli, da questo momento mamma e figlio saranno inseparabili. Ogni richiamo di mamma Amalia attirerà il piccolo agnellino a sé, e ogni volta che sarà lui a belare con quel gemito insistente la sua mamma accorrerà, come ogni mamma del mondo.

A un certo punto, il gomitolo bianco provò a rizzarsi sulle zampe, ma era così faticoso, quei quattro legnetti ricoperti di lanugine sembravano non volerne sapere di sorreggerlo, era necessario metterci molta più forza e tanta buona volontà. Incitato dalle carezze di mamma Amalia, nel giro di qualche minuto e di parecchi tentativi, l’agnellino si alzò fiero sulle sue zampette, rivolse uno sguardo alla mamma come a dire “Guarda un po’… che forza della natura che sono!” mentre lei riprese a leccarlo quasi fosse il suo lecca-lecca preferito.

Poi, gli balzò dietro (due vagoni di un morbido trenino tutto bianco), abbassò la testa e col muso gli diede una bella spintarella sul culetto “E ora vai cucciolo mio, il mondo ti aspetta!”.

E infatti il cucciolo sgambettò in avanti, cercò il ritmo giusto, fece qualche passo, poi si fermò, e di nuovo riprese la sua danza strampalata, come un ballerino di hip-hop; quella scena strappò un sorriso al Principe degli Agnelli, rimasto incantato ad osservarlo.
Era davvero bellissimo, così tenero e indifeso; e per un attimo gli venne da pensare al terribile destino cui sarebbe andato incontro se lui non lo avesse comprato dal pastore, proprio come si compra un giocattolo, una bicicletta, un paio di scarpe.
Lui, e tutti i suoi cugini, usciti fuori dal pancione di zia Carmelina; magnifici esemplari sardi che non avrebbero fatto in tempo a diventare adulti, a belare come si deve… Oh, ogni anno la stessa triste storia in prossimità della Pasqua. Agnellini considerati niente più che costolette e involtini da degustare con contorni di patate e carotine e un buon bicchiere di vino.

“Nessuno di voi finirà arrostito, nessuno!” ripeté il Principe degli Agnelli “parola mia, dovessero spegnersi tutte le stelle in cielo!”.

L’idea che quello e tutti gli altri agnellini venissero strappati alle loro madri per finire sotto i coltellacci di un macellaio, e poi nel piatto di qualcuno il giorno di Pasqua, gli faceva montare una tale rabbia in corpo. In corpo, e dentro al cuore che cominciava a battergli forte-forte, come un tamburo!

Davvero, potevano esistere uomini tanto crudeli? Pensò. Possibile che nessuno si rendesse conto di quanto quelle tenere creaturine avessero desiderio di Vivere, di correre sui prati, di ascoltare i suoni della natura, e di ricevere le cure materne, e poi assaporare del buon cibo, chiudere gli occhi al calar del sole per riaprirli la mattina presto, al canto del gallo?

Possibile non capissero quanto mamma Amalia amasse il suo gomitolino, come ogni madre sulla faccia della terra: esattamente come la mamma lupa ama il suo lupacchiotto e la mamma scrofa il suo maialino tutto rosa e la mamma asina il suo asinello e la chioccia il suo pulcino…

Come la sua mamma aveva amato lui, il Principe degli Agnelli.

Prima di portarlo via dalla casa del pastore, il Principe degli Agnelli si assicurò che venisse allattato dalla sua mamma fino al secondo mese di vita, nessuno si sarebbe potuto sostituire a lei. Più volte al giorno, il cucciolo si attaccava a quei grappolini caldi e morbidi, chiudeva gli occhi e cominciava a tettare con voracità il latte. Oh… doveva essere davvero buonissimo! Dolce al punto giusto, caldo al punto giusto e ricco di amore liquido, ecco quella era la parte che più gli piaceva, sentirsi un tutt’uno con lei, respirarne il profumo, perdersi tra il suo calore.

Intanto il Principe degli Agnelli si era messo in moto per trovare a lui e ai suoi cugini una casa sicura. Purtroppo in quella nuova casa mamma Amalia e la sorella Carmelina non sarebbero mai potute andare, ma solo in quel modo, accettando di separarsi dai loro cuccioli gli avrebbero salvato la vita. Per Remigio, il pastore dalla camicia a scacchi, gli agnelli venivano al mondo per essere venduti al miglior acquirente, una volta intascati i soldi si disinteressava del loro destino.

Il Principe degli Agnelli si avvicinò alla mamma pecora e dentro all’orecchio a forma di conchiglia sussurrò: “Amalia, non ti devi preoccupare per il tuo piccolino, mi occuperò io di lui, te lo prometto, andrà a stare in un posto bellissimo e un’altra mamma molto affettuosa si prenderà cura di lui. Fidati di me”.

Amalia abbassò le piccole orecchie, poi gli leccò una mano, sembrava avere capito tutto, perfettamente. Quell’uomo aveva occhi gentili, mani calde, l’aspetto buono delle sue sorelle pecore, Giuditta, Carmelina e Fior di Loto.
Il pastore Remigio non aveva gli stessi occhi, di lui certe volte aveva un po’ paura.
Il Principe degli Agnelli si mise in macchina, quel giorno le nuvole erano scure e cariche di pioggia e tutta quell’acqua veniva giù come se qualcuno la tirasse a secchiate.

Ripensò alla dolce carezza di mamma Amalia, alla promessa che le aveva fatto: Parola di Principe, da quel momento lui si sarebbe preso cura del suo cucciolo, e di tutti gli altri, nessuno gli avrebbe fatto del male. “Nessuno!” pronunciò a voce alta, stringendo forte il volante con le mani.

Guidò fino al bosco di betulle, in lontananza intravide una grande casa di mattoncini rossi, davanti un bel porticato in sassi abitato da fiori selvatici e cespuglietti di edera.

Su di un cartello appeso a un ramo una scritta blu annunciava ‘Qui tu sei il benvenuto’.
Costeggiando la casa rossa il Principe degli Agnelli arrestò la macchina accanto al recinto degli asini, quattro magnifiche creature dal manto color biscotto e la pancia bianca stavano brucando l’erba del prato, uno sgranocchiava una grossa carota che si rigirava tra i dentoni come una majorette fa col suo bastone.

Poco più in là, il cucciolo Maurizio si lisciava il pelo contro quello di mamma Giannetta. Era nato da un mese, una notte di febbraio piena di stelle cadenti, e in fattoria tutti lo avevano festeggiato con danze e canti di montagna. Maurizio era un gran bell’asinello, un paio di occhioni color nocciola da far invidia a Bambi e una frangetta di pelo arruffato sulla fronte che la Regina degli Asini gli pettinava ogni giorno con un pettine speciale, a denti molto larghi.

“Ciao ragazzi, come state?” domandò il Principe degli Agnelli, togliendosi il cappello da cowboy.
Mamma Giannetta si avvicinò al recinto e gli annusò il palmo della mano che le stava porgendo per poi leccarglielo a dovere. L’asinello Maurizio zampettando in modo buffo provò a fare lo stesso, ma la sua piccola lingua era quasi invisibile a confronto di quella della mamma, e quel saluto risultò molto meno convincente.
“Ah sei davvero gentile Maurizio e hai un naso rosa tutto da mordicchiare. Il tuo saluto mi ha rallegrato la giornata, ci voleva proprio oggi. Sai dirmi per caso se la Regina degli Asini è in casa?”.

Il cucciolo d’asino emise un rantolo, più che un vero raglio, ma nel giro di qualche secondo Pippi, la Regina degli Asini, sbucò fuori dalla porta e li raggiunse a grandi falcate, seguita a ruota dall’inseparabile Tobia, un cane trovatello convinto di essere suo figlio, e dalla papera Elisabetta.

Pippi, la giovane donna dalle trecce color carota e le guance spolverate di lentiggini, indossava una salopette di jeans, una camicina a fiori e un paio di scarponcini da lavoro.
“Buongiorno Principe, qual buon vento?”.
“Buongiorno Pippi, oggi per me è una giornataccia” si levò il cappello per passarsi una mano sulla fronte e raccogliere i pensieri “ho appena promesso a mamma Amalia che mi sarei occupato personalmente del suo piccolo agnellino, e devo farlo in fretta se gli voglio salvare la vita. Le ho promesso che nessuno lo farà… arrosto. Ma…”.
“Ma?” domandò lei.
“Alla fattoria del pastore non sarebbe al sicuro, se io non li avessi comprati tutti, presto li avrebbe venduti al macellaio della zona e io…” di nuovo gli montò la rabbia e si fece rosso in faccia “io non posso permetterlo, povere creature! Puoi aiutarmi a trovargli un posto sicuro?”.

Pippi si tirò una treccia, faceva sempre così quando doveva farsi venire in mente qualcosa, e anche in fretta.
Poi si tirò l’altra treccia “hmmm, Giannetta ha un ottimo carattere, è una mamma molto affettuosa, guarda il cucciolo Maurizio non lo lascia mai solo, si prende cura di lui in maniera ammirevole, di lui e anche dei gattini appena nati, per lei non fa alcuna differenza se siano o meno figli suoi, è una mamma a tutti gli effetti”.

“Stai dicendo quello che penso io?” chiese il Principe degli Agnelli.
“Mamma Giannetta diventerà la sua nuova mamma, tu che ne dici?”.
“Dico che mi sembra un’ottima idea!”.
“Quanto ai suoi cugini ho in mente un’altra persona, Mariuccia la pittrice della cascata, da anni si è ritirata nella foresta per dedicarsi ai suoi quadri, sono certa che li accoglierà volentieri”.

Poco dopo, il Principe degli Agnelli lasciò la casa di mattoncini rossi e i suoi fortunati abitanti.
Qualche giorno dopo fece ritorno alla fattoria del pastore Remigio e andò a trovare il gregge di mamma Amalia.
L’agnellino gli corse incontro, lo aveva riconosciuto “Ciao piccolino, ti trovo molto bene, sai… sei cresciuto tanto dall’ultima volta”.
Tirò fuori la sua linguetta ruvida, si concentrò un attimo e gli leccò la mano, questa volta dalla punta delle dita fino al polso, una leccatona come si deve!

“Grazie, sei davvero molto gentile. Senti un po’, avrei bisogno di parlare con la tua mamma, ci lasci un attimo soli?”.
L’agnellino raggiunse i suoi cugini, avevano tanti di quei giochi da fare insieme: il solletico sotto il collo, il girotondo, la lotta nel fango, ecco quello era in assoluto il suo passatempo preferito, anche se poi la mamma lo obbligava a strofinarsi contro la staccionata di legno, un po’ di qua, un po’ di là, per tirare via tutta quella polvere. Devi essere un agnellino pulito, ricordalo sempre!
“Ho trovato una casa sicura per il tuo cucciolo, andrà a stare dalla Regina degli Asini, in una bella fattoria poco distante da qui, nessuno e credimi, Nessuno! potrà mai fargli del male”.

Mamma Amalia abbassò lo sguardo, una lacrima stava per scenderle sul muso, chiuse un attimo gli occhi, la lacrima si perse tra il manto candido, non voleva farsi vedere fragile e piagnucolona da quel signore gentile che si stava dando tanto da fare per lei, e soprattutto non voleva che il suo cucciolo la vedesse triste. Doveva ricordarsi di lei come di una mamma coraggiosa, con le zampe ben piantate a terra e il cuore pieno di luce. E un giorno, non troppo lontano, lui sarebbe diventato un bellissimo ariete dal portamento fiero, proprio come suo padre.

Quei due mesi trascorsero troppo in fretta per mamma Amalia che mai, per nessuna ragione al mondo, si sarebbe voluta separare dal suo adorato cucciolo. Lui, il piccolo agnello era stato informato che un giorno il Principe degli Agnelli lo avrebbe portato a fare una bella gitarella fino al bosco delle betulle, così tanto per fare qualcosa di diverso. L’idea di uscire dalla fattoria lo entusiasmava molto, lui era un agnellino curioso, metteva il suo naso rosa dappertutto e voleva sempre sapere cosa ci fosse di là. Di là dal recinto. Di là dalla stalla. Di là dalla fattoria di Remigio.

Ecco, quel giorno lo avrebbe finalmente scoperto e poi sarebbe corso a raccontare tutto alla mamma e ai cuginetti.
Mamma Amalia non era riuscita a trovare il modo, l’intonazione giusta per dirgli “ci separeranno per sempre, da quel momento non ci potremo rivedere mai più, ma io lo faccio per il tuo bene, per salvarti la vita. Tu resterai sempre nel mio cuore”.
Il Principe degli Agnelli col suo cappello da cowboy arrivò in fattoria a bordo di una macchina color ciliegia, aiutato dal pastore Remigio prese l’agnellino e lo fece accomodare sui sedili posteriori “ora mettiti comodo, amico mio, ci facciamo un bel giretto; vedrai come sarà divertente. Saluta la mamma”.

Il piccolo agnello infilò la testolina fuori dal finestrino ed emise un verso strano, gli uscì così, di getto, come uno starnuto. Avrebbe voluto ridere, belare allegramente come aveva imparato a fare in quelle settimane prendendo lezioni private dagli agnelli nati prima di lui, e invece gli era uscito quel mugolio strano, come un lamento. Doveva essere contento, stava andando a perlustrare il bosco delle betulle e poi sarebbe tornato da lei, si sarebbe attaccato al suo seno per succhiare il latte più buono che agnello potesse desiderare, si sarebbe accoccolato accanto a lei per volare nel mondo dei sogni, come aveva sempre fatto da che era nato.
“Dove mi porti?” chiese l’agnellino al Principe.

“Andremo in una bellissima fattoria dove vive Pippi dalle trecce color carota, sai… lei ama tanto gli animali, tutti gli animali, vive con loro, gli canta belle canzoni, li porta a pascolare nel bosco”.
“Come il pastore Remigio?” chiese incuriosito l’agnellino.
“Hmm, non direi proprio. Pippi è un’ottima compagna di gioco e ama parlare con i suoi asinelli, con le oche, le papere, i conigli e i gatti. Certe sere, quando fuori piove, li raduna tutti nella stalla e racconta loro favole bellissime”.
“Anche la mia mamma mi racconta una favola bellissima, di quando lei era una ragazza col pelo lucido come l’oro ed Evaristo, il montone più bello del gregge, che poi sarebbe mio padre, si innamorò di lei”.
“La tua mamma ti vuole molto bene, te ne vorrà sempre”. Non riuscì a dire altro, con quel groppo in gola.
“Certo, lo so e anche io glie ne voglio, un sacco-sacchissimo”.
Fermò la macchina, aprì la portiera, l’agnellino balzò come un canguro fuori dall’auto, a zampette pari.
“Ben arrivati” Pippi andò loro incontro, le trecce color carota strette in due grandi fiocchi verdi.
“Buongiorno” belò l’agnellino, scrutandola dal basso all’alto. In effetti, aveva una faccia davvero simpatica, sarebbe piaciuta anche a mamma Amalia.

“Vieni, voglio presentarti alcuni amici” poi rivolgendosi all’amico Principe, sussurrò “la pittrice della cascata adotterà i suoi cugini”.
L’agnellino prese la rincorsa e in un baleno raggiunse il recinto degli asini. Beehhhh, come sono strani, pensò. Ma che orecchie lunghe e che muso grande e che dentoni, sembra la pala che usa Remigio per spalare la terra.
L’asinello Maurizio zampettò fino a lui “Ciao, come va? Chi sei? Da dove vieni? Vuoi giocare?”.
“Io sono un agnellino”.
“E io sono Maurizio”.
“Maaa-uriziooo?’”.
“Certo, Maurizio l’asinello. Ma tu non ce l’hai un nome?”.
“Come… un nome? Io… Beh, ecco…”.

“E’ evidente che abbia un nome” s’intromise Pippi che ne aveva uno pronto tutto per lui, ci aveva pensato giorno e notte in quell’ultimo mese, escludendone parecchi: Mozart, Fiocco di Neve, Lupin, Gomitolo… poi, una sera infilandosi sotto le coperte aveva avuto l’illuminazione. Si sarebbe chiamato come il grande condottiero, l’eroe dei due mondi, il fondatore della più grande associazione a difesa dei diritti degli animali.

“Garibaldi” pronunciò Pippi alzando il mento come si fa davanti alle personalità.
“Che nome è?” chiese l’asinello Maurizio.
“E’ il mio nome ed è molto bello, non senti come suona bene? Gari… Garibo… Garibu…”.
“Garibaldi” scandì Pippi.
“Ciao Garibaldi, ben arrivato tra noi” s’intromise l’asina Giannetta che fino a quel momento era rimasta un po’ in disparte, ad osservare quel batuffolo bianco che da quel giorno sarebbe diventato figlio suo.
“Ciao, e tu chi sei? Io sono Garibu… ba…”.

“Certo, tu sei Garibaldi e io mi chiamo Giannetta e sono la mamma di Maurizio, perché non vieni dentro al recinto, qui si sta molto bene, abbiamo erba fresca, carote in abbondanza, insalatina croccante del nostro orto e tanti giochi da fare”.
“Sì, tanti giochi bellissimi” gridò l’asinello Maurizio calciando l’aria come un provetto calciatore.

L’agnellino Garibaldi, fiero di essersi meritato un nome tanto speciale, entrò nel recinto e cominciò a correre qua e là; gli altri asini lo salutarono con un inchino, sapevano che da quel momento loro sarebbero diventati la sua famiglia. Certo, una famiglia un po’ bizzarra: una mamma asina, un figlio agnellino, dei gattini per fratelli, qualche zia papera, dei cugini conigli, per nonni gli asini più anziani della fattoria.

Giannetta, prima che l’agnellino arrivasse, si era raccomandata con ognuno di loro, fissandoli con i suoi occhioni marroni cerchiati di bianco “Garibaldi da oggi sarà uno di noi, ha bisogno di tanto tantissimo amore, facciamolo sentire in famiglia, intesi?”.
“Intesi!” avevano gridato tutti insieme, anche FlautoStonato, il gallo dalla grande cresta rossa che aveva rizzato sulla testa come la corona di un re.

“Anche se ha il pelo bianco come la neve e noi color biscotto” aveva detto Giannetta “anche se le nostre orecchie sono mooolto più lunghe delle sue, e lui bela mentre noi ragliamo, ricordatelo sempre: lui è uno di noi. Lui è come noi. E io ogni sera, quando voi starete già dormendo, gli racconterò la favola di una stella tutta bianca di nome Amalia che continuerà a brillare in cielo solo per lui”

Teresa Giulietti

 

Lascia un Commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.I campi obbligatori sono evidenziati *

*