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L’antica leggenda della Befana: scopriamo chi era e chi è diventata, dalla fertilità agricola al bambin Gesù

La figura della Befana ha origini antiche. La vecchina che arriva dopo Natale e dispensa doni è una tradizione radicata in molti popoli e culture e che sopravvive ancora forte e amata non solo dai più piccoli. Per come la conosciamo oggi, la Befana è una fusione di tradizioni, costumi, usanze, consuetudini, ma anche di riti e cerimonie, tradizioni arcaiche e pagane che la religione cristiana non ha potuto proibire.

La Befana passa nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, ha l’abito rattoppato, una vecchia sottana, lo scialle e le scarpe rotte, vola su una scopa distribuendo regali. Ai bambini buoni lascia caramelle e dolcetti, a quelli cattivi lascia pezzi di carbone. I motivi antropologici, però, che l’hanno generata proprio così, vecchia, brutta e con vestiti logori, sono avvolti nel mistero.

Il suo nome deriva dal greco “Epifania” che significa “apparizione, manifestazione”. La leggenda biblica vuole che nella notte tra il 5 ed il 6 gennaio i tre Re Magi fecero visita a Gesù per offrirgli oro, incenso e mirra. In quella freddissima notte d’inverno, lungo la strada, bussarono alla porta di una vecchina, la Befana. Le chiesero dov’era la strada per Betlemme e la donna indicò il cammino ma, nonostante le loro insistenze lei non si unì a loro perché aveva faccende da sbrigare.

Dopo che i Re Magi se ne furono andati, la Befana tuttavia se ne pentì e decise di raggiungerli. Uscì a cercarli ma non li trovò. Così bussò ad ogni porta lasciando un dono ad ogni bambino nella speranza che uno di loro fosse Gesù. Da allora ha continuato per millenni, nella notte tra il 5 ed il 6 gennaio a cavallo della sua scopa.

 

ALTRE ORIGINI- La Befana tuttavia non è presente solo nella cultura legata alla religione cristiana. Già nel Neolitico vi era un culto legato a una divinità che incarnava lo spirito degli antenati. Questa si materializzava in inverno alle famiglie riunite intorno al fuoco, ed aveva sembianze femminili. La donna dal naso adunco era benaugurante per il raccolto dell’anno seguente. Sempre nell’antichità precristiana, in tutta l’area del Mediterraneo, la notte tra il 5 e il 6 gennaio nelle tradizioni agrarie pagane si celebrava la morte e la rinascita della natura, attraverso il sacrificio di Madre Natura, rappresentata in modo decrepito e senile.

Anche nel nord dell’Europa c’erano nelle culture pagane locali Dee Madri generatrici del Tutto, che nelle notti del Solstizio d’inverno scendevano sui campi per benedirli. Nella tradizione celtica e in quella delle lande nordiche, con Holla, Berchta e Frigg si ritrova il vero aspetto della benevola vecchina vestita di laidi stracci. Queste divinità, nelle dodici notti del Solstizio d’inverno, si recavano a visitare ogni casa, entrando dalla cappa del camino, spargendo e dispensando fortuna. Figure simili sono presenti in Svizzera.

Una possibile origine “agricola” della Befana si può dedurre dai suoi doni più tradizionali: frutta secca, arance e carbone. La frutta secca, presso molti popoli, era considerata un dono di buon auspicio. Lo stesso carbone, oggi portato dalla Befana come dono “negativo”, potrebbe essere collegato alla tradizione dell’antica Roma di bruciare un tronco di quercia nei dodici giorni successivi alla “festa del sole” (25 dicembre) e dal carbone prodotto si sarebbero potuti trarre auspici sulla fortuna dell’anno successivo. Il carbone, oltre ad essere il simbolo di un’energia latente, era considerato anche un portafortuna che aiutava a scacciare malattie e sventure.

Oggi la Befana rappresenta l’ultimo momento di festeggiamenti natalizi, gli ultimi doni prima di chiudere il capitolo Natale. E’ momento di scambi e pensieri gentili, regalini e dolci. Un festa però sempre più commerciale che spirituale, come del resto anche il suo “collega” babbo natale ben sa.

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