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Giochi di carta alla Galleria Rizomi Art Brut

di Titti Duimio 

Ha riaperto il 15 settembre dopo la pausa estiva la Galleria Rizomi Art Brut di via Nino Bixio 50 con una mostra dedicata alla carta e al suo uso nell’elaborazione di creativita’ fuori dagli schemi artistici convenzionali.
Carte piegate, sovrapposte, incollate come in un gioco continuo di infinite possibilita’ di forme e di idee, carta che liberamente nelle mani si forma e si trasforma per diventare parola di un dialogo condiviso leggero e profondo come l’emozione di un pensiero privato.

‘In/Carta/Mi’ curata da Nicola Mazzeo, fondatore della galleria, propone i lavori di quattro artisti che interpretano ed elaborano la carta con stili e racconti differenti ma sempre attraverso percorsi non accademici ed estremamente legati ad una sensibilita’ spontanea filtrata solo dalle storie personali.


Mattia Fiordisipino 

E’ appassionato di motori e fantascienza. Il suo universo è abitato da guerrieri muscolosi, motori a propulsione nucleare, antimateria, teletrasporto, donne coraggiose in kilt e cravatta che guidano astronavi da 14000 chili. Mattia progetta astronavi, auto sportive, moto e costruisce modellini di aerei militari. I suoi progetti sono verosimili, partono da dati e conoscenze tecniche precise per andare oltre il reale, per abbatterne cioè il principio di realtà. E’ un ingegnere dell’iperrealtà. Il processo creativo è totalizzante e continuo. Forzando i limiti fisici del nostro universo predispone un’alterità: incute nella quotidianità il dubbio che il reale sia solo uno stratagemma per tenere a bada i superpoteri, l’illogico e il gioco infantile.

Stefano Grondona

Nasce a Genova il 31 maggio 1952 dove vive e lavora. Figlio di un operaio dell’Ansaldo, trascorre l’infanzia tra i bunker e i cu- nicoli delle campagna suburbane, affascinato dalla speleologia ma anche dalla radio, dalla musica e dal cinema. A vent’anni è gia un fotografo emergente benchè una crisi di nervi lo ab- bia costretto ad abbandonare il liceo artistico a pochi mesi dal diploma. Negli anni settanta si impegna nel settore stampa e propaganda del Partitio Comunista. Negli anni Ottanta mette a punto la tecnica degli intagli, conseguenza diretta del lavoro di “incisione fotogra ca: consisteva nello stampare in sequenza prima i neri intensi, poi la gamma dei grigi, i toni e i semitoni…è una tecnica che ho inventato io…lo scopo era quello di distrug- gere il segno, di aggredire quello che io stesso avevo creato”. Si trattava del tentativo, più o meno consapevole, di eliminare la realtà dalla scena del reale. Reale che per l’artista è foriero di un destino di morte intollerabile, al quale non è possibile sfuggire se non con l’invenzione di un mondo fantastico, cinematogra co, vi- sionario. “Avevo una grande paura della morte e speravo di essere immortale”. La molla creativa prende spunto ora dal cinema, ora dalla musica, sempre di impronta romantica, mistica talora maca- bra. Quando ha trentanni il padre si ammala e muore. Di fronte alla successiva malattia della madre, non resiste e taglia con le sue stesse mani gli ultimi li che la tengono legata alla vita. E’ questo il fattaccio che trasforma la sua vita. Per lui si spengono le luci del- la ribalta e comincia il lungo percorso della psichiatria giudiziaria che a tutt’oggi lo costringe ad un regime di libertà controllata.

Giuseppe Iacopetta

Nasce a Gioiosa Ionica nel 1948; impara a tagliare le barbe e i capelli. A Torino lavora come  barbiere da quasi 40 anni. Da trenta affanca alla professione un estreo creativo nato per caso sulla terracotta dopo la visita ad uno studio di artista. La terracotta però non ha le necessarie doti di dinamismo, mi ha detto un giorno: si rompe, non può superare certi suoi limiti. La carta invece… quando la sua consistenza di pagina è superata, come nel taglio prepratorio in strisce divise poi per colore, quella con la carta diventa una relazione. La si cerca, si sceglie, si cura e i grandi sacchi disposti nello studio permettono di immergere le mani per un piacere tattile ancora prima che visivo. La grande fisicita’  delle opere di Iacopetta sembre riunciare alla vista: potrebbero apparire forme nei colori lavorati direttamente sul vetro o sulla cartapesta, l’autore ama individuarle, ma l’atto di maneggiare prima e restituire poi brandelli culturali, ripassati attraverso un processo di disintegrazione non ha davvero bisogno di altri significati. Iacopetta è un Rotella post moderno che maneggia i segni sociali in un mondo che non può più essere ricomposto.

Anna Maria Tosini
Annamaria Tosini nasce a Palermo il 25 agosto 1930. Il padre Giu- seppe Tosini, di origini venete, era un attivo imprenditore della carta, fondatore di una tipogra a e di una nota cartoleria originariamente si- tuata in via Cavour. Temperamento esuberante sposa nel 1955 l’inge- gnere Francesco Gambino, da cui avrà due gli, Marco e Alessandro. Si dedica alla famiglia e sfoga la sua creatività negli addobbi domesti- ci, performance teatrali private e mecenatismo musicale. Diventa una delle signore più eleganti e vivaci della città, ospita nella sua casa musi- cisti, artisti, letterati di tutto il mondo. Restano memorabili le sue feste, le tavole imbandite, i presepi. E soprattutto il giardino fantastico che crea in una villa di famiglia a Casteldaccia, vicino Palermo, diventato presto meta di fotogra e dei Gardens Club d’Italia. La crisi comincia a delinearsi n dai primi anni ’80 con il progressivo fallimento economico del marito, stritolato da inadempienze delle imprese di costruzioni di cui era consulente, da minacce mafiose, dalla corruzione della pubblica amministrazione. Nel 1997 alla morte del marito fa seguito il crollo psichico di Annamaria. Trascorre l’ultima parte della sua vita, circa quindici anni, separata dalla società e dalla famiglia, in stato di reclusione nella piccola stanza di una struttura assistenziale per malati di mente e anziani non autosuf cienti. Presto la stanza si riempie di piccole sculture di carta e disegni alle pareti che danno corpo ai suoi ricordi, a suggestioni musicali, alle sue emozioni e sofferenze. Anna- maria ricicla ogni materiale a portata di mano: tovaglioli di carta, carta da pane e da pacchi, foglie, bucce d’arancia essiccate, nastri, vassoi di cartone per dolci, frammenti di tessuto, elastici, ecc. Si procura, attra- verso alleanze strategiche con il personale, carta velina, colla e colori a tempera e crea fantastici uccelli, giardini, ballerine, angeli, madonne, gure sacre e profane. Il profumo della carta la riporta all’infanzia e al ricordo del mestiere del padre, al quale vuole rendere esplicitamen- te omaggio. Si spegne per ischemia cerebrale il 13 maggio 2013.

Nicola Mazzeo è dottore di ricerca in sociologia dal 2008, si è occupato prevalentemente di aspetti di epistemologia delle scienze sociali. Insegna sociologia della religione presso la Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna di Bologna dove ha approfondito l’associazione tra la creatività outsider art e religiosità non conformista. Studioso di outsider art è cofondatore del progetto Rizomi_art brut che intende agire sul piano culturale affinché l’art brut sia riconosciuta in Italia come una forma legittima di arte sganciandola da ogni argomentazione, psichiatrica, terapeutica, o relativa alla segregazione che ancora ne confonde lo statuto.

http://www.rizomi.org/Default.aspx

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