Home » Cultura&Spettacoli » Brescello, il cinema e Angelo Rizzoli: mostra fotografica sul mondo piccolo cinematografico negli anni ’50-‘60

Brescello, il cinema e Angelo Rizzoli: mostra fotografica sul mondo piccolo cinematografico negli anni ’50-‘60

Dopo 6 anni dalla prima esposizione, la Fondazione “Paese di Don Camillo e Peppone” ha pensato di riproporre al pubblico, ai visitatori, agli amanti del cinema, la mostra fotografica dedicata all’editore e produttore Angelo Rizzoli. Si tratta di una raccolta di 35 scatti provenienti dall’archivio storico RCS di Milano, materiali utilizzati da rotocalchi e riviste degli anni 50’ e 60’, nelle quali sono documentati numerosi incontri di Rizzoli con personalità del mondo dello spettacolo, del cinema, della cultura e della società italiana dell’epoca. Le immagini proposte testimoniano la ricchezza dei contesti e delle relazioni che il patron milanese intratteneva nella sua prolifica attività, nonché il ruolo illuminato che i produttori rivestivano a quel tempo nella promozione della cultura, nell’investimento verso il cinema, spesso con scelte innovative e coraggiose. Non a caso il nome di Rizzoli, attraverso la celebre casa “Cineriz”, accompagna la produzione di film non ortodossi, colti e complessi, che hanno poi fatto la storia del cinema mondiale, come “Deserto Rosso” di Michelangelo Antonioni e “La Dolce Vita” di Federico Fellini, due pellicole dirompenti che segnarono forse la fine delle illusioni del boom economico e, per certi versi, della Commedia all’Italiana di quella fortunata stagione.

A Brescello Rizzoli viene però soprattutto ricordato con affetto e gratitudine per il contributo che diede alla prosecuzione delle produzioni cinematografiche su Don Camillo e Peppone. Dopo gli intramontabili film firmati da Julien Duvivier, nel 1955 produsse infatti “Don Camillo e l’Onorevole Peppone” e nel 1961 “Don Camillo monsignore… ma non troppo”, lasciando indelebili memorie nel paese, nonché testimonianze concrete nel paesaggio locale, che possiamo ammirare ancora oggi. Basti solo pensare al protiro della Chiesa di Santa Maria Maggiore – la Chiesa del paese e del Cristo parlante, insomma – edificato appositamente per il film del 1955.

Le cronache raccontano anche fatti curiosi. Pare che Rizzoli si recasse molto volentieri a Brescello, poiché apprezzava molto i film, e aveva un debole per Guareschi. “…al contrario non l’ho mai visto sul set di “La dolce vita” di Fellini”, così raccontò l’attrice Valeria Ciangottini (interprete di “Don Camillo Monsignore…ma non troppo”).

Così, insieme a Rizzoli, perennemente con la sigaretta in bocca, in queste foto possiamo incontrare gli amati Gino Cervi e Fernandel, come tutta una schiera di spalle e comprimari d’eccezione. Ma anche Walter Chiari, Gina Lollobrigida, lo stesso Fellini, Montanelli, Rosi, personaggi di spicco della politica e delle istituzioni, quali Fanfani e De Gasperi. Le immagini sono corredate da didascalie composte con l’aiuto dell’Archivio RCS, che nel 2011 concesse il materiale alla Fondazione di Brescello e, nel quadro d’insieme, mettono in scena quel “dietro le quinte” delle opere cinematografiche, quel mondo di relazioni e contatti del mondo dello spettacolo che permise la realizzazione di grandi capolavori e di momenti d’eccezione del costume italiano.

La mostra, aperta al pubblico dal 6 agosto 2017 al 7 gennaio 2018, vuole anche porsi come preludio al 2018, prossima occasione per il ricordo della nascita, nel 1908, e della morte, nel 1968, di Giovannino Guareschi, per tornare a sottolineare anche il sottile rapporto che si venne a creare tra l’autore dei personaggi delle novelle e dei film e di colui che ha contribuito a rappresentarli sul grande schermo, tra lo scrittore e vignettista di Fontanelle e l’editore del Candido e del Bertoldo.

L’allestimento è stato realizzato in collaborazione con il Centro Documentazione RCS Periodici, che ha concesso l’uso delle foto, con il prezioso aiuto di Ezio Aldoni, Virginio Dall’Aglio e con l’Associazione Pro-Loco di Brescello, ed è un’iniziativa complementare al  sistema museale locale dedicato non solo al “Mondo Piccolo” dei film, ma anche al territorio della bassa, all’area del Po, alla storia e alle tradizioni emiliane di questo angolo di pianura padana.



Angelo Rizzoli
 (Milano, 31 ottobre 1889 – Milano, 24 settembre 1970) iniziò giovanissimo come tipografo, da prima in orfanotrofio, poi mettendosi in proprio, costituendo una ditta che nel 1911 prese il nome di “A.Rizzoli &C”. Arruolato dalla Grande Guerra si congedò nel 1917 e ritornò a Milano. Qui conobbe l’editore Calogero Tumminelli, che lo introdusse nel campo dell’editoria. E soprattutto, trascorso un decennio, lo convinse a rilevare alcune riviste d’epoca della Mondadori –  tra cui Il Secolo Illustrato e La Donna, primo periodico femminile nella storia editoriale italiana – che attraversava grandi difficoltà finanziarie. Nel 1929 la ditta diventò società di capitali, incrementando fatturato e aumentando la propria offerta con altre testate: Novella, Annabella, BertoldoCandido, Omnibus, Oggi L’Europeo. Dal 1929 iniziò anche la pubblicazione di libri e numerose collane, in particolare i romanzi classici della BUR (Biblioteca Universale Rizzoli), e un trentennio di progetti e investimenti variegati nel campo dell’editoria.

Sposato con Anna Marzorati (1890-1976), dalla quale ebbe tre figli, iniziò poi ad occuparsi di attività cinematografiche, creando la celebre casa di produzione CineRiz, ampliando enormemente il proprio giro d’affari e consentendo la realizzazione di film pietre miliari della cinematografia italiana e internazionale, tra cui Francesco, giullare di Dio di Roberto Rossellini (1950), Umberto D. di Vittorio De Sica (1952), La dolce vita (1960) e   (1963)di Federico Fellini, La contessa scalza di Joseph L. Mankiewicz (1954), Puccini, di Carmine Gallone (1953), Deserto rosso, di Michelangelo Antonioni (1964), Don Camillo e l’Onorevole Peppone di (1955) e Don Camillo monsignore… ma non troppo (1961) di Carmine Gallone

Ottenne il titolo di Cavaliere del lavoro e, il 6 aprile 1967, il titolo di Conte dall’ex re d’Italia Umberto di Savoia, in esilio a Cascais. Morì nel 1970.

Lascia un Commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.I campi obbligatori sono evidenziati *

*