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Selfie-mania: l’era dei narcisi 2.0?

 

di Giovanna Maggiori

 

Perchè le persone si fanno i selfie? Non tanto per esprimere come sono o come si sentono bensì per mostrare agli altri con chi sono, dove sono e cosa stanno facendo. Ma non sempre è una pratica salutare.

 

Perfino l’ex Presidente degli Stati Uniti Barack Obama si è concesso allo scatto di selfie: uno, divenuto celebre, anche al funerale di Nelson Mandela, sotto lo sguardo critico di sua moglie Michelle. La parola è entrata a tempo di record nei dizionari, per il dilagare della moda dell’autoscatto, non solo fra celebrities, ma anche persone comuni. La selfie-mania è finita ora sotto la lente degli psicologi dell’Università Cattolica di Milano. Lo studio, promosso dalla Fondazione Ibsa, ha tentato di indagare sulle ragioni che ci spingono a inviare e condividere immagini, spesso ridicole se non imbarazzanti, a chiunque e in ogni momento della giornata.

Dalla ricerca emerge che i selfie hanno tre motivazioni: soprattutto servono per “far ridere e divertire gli altri” (39%), sono scattati per “vanità” (30%) e per “raccontare un momento della propria vita” (21%). “Sempre di più – ha dichiarato Giuseppe Riva, docente di Psicologia della comunicazione e Psicologia e nuove tecnologie della comunicazione presso l’Università Cattolica di Milano– abbiamo una relazione più affettiva con il mezzo tecnologico. Il social diventa l’equivalente virtuale dei luoghi di aggregazione del passato, facilitato dal fatto che ognuno può disporre di questo ‘luogo virtuale’ a casa propria, o in qualsiasi parte si trovi. Facebook risponde alla natura della maggior parte delle persone, in particolar modo per la sua funzione di connessione affettiva e rassicurante”.

 

Perchè le persone si fanno i selfie? Non tanto per esprimere come sono o come si sentono (identità, aspetti interiori) bensì per mostrare agli altri con chi sono, dove sono e cosa stanno facendo (aspetti esteriori). “Un selfie – ha precisato Riva – è da considerarsi differente da un semplice autoscatto, il quale non prevede la componente social della condivisione”. Per quanto riguarda le differenze tra uomini e donne in questa pratica, le donne sono più dedite ai selfie degli uomini, e risultano più interessate alle motivazioni interiori. Inoltre, affermano di sperare maggiormente di ricevere commenti positivi dagli amici sui social network, e anche di temere maggiormente di ricevere commenti negativi dagli altri.

“Sono tre gli aspetti della personalità che risultano associati all’attività del selfie. Le persone appaiono significativamente più estroverse (ovvero più socievoli ed entusiaste, caratterizzate da elevate capacità sociali) e più coscienziose (ovvero più caute e capaci di controllarsi, con la tendenza a pianificare le proprie azioni piuttosto che ad agire di impulso). Inoltre, essere molto estroversi si associa a un maggior utilizzo dei selfie per mostrare agli altri ‘come ci si sente’, mentre essere molto coscienziosi si associa al non essere particolarmente interessati ai commenti degli altri, positivi o negativi che siano. Da ultimo, il tratto di instabilità emotiva, tipico di persone che tendono a provare emozioni negative come rabbia e tristezza, sovente diffidenti nei confronti degli altri, si associa significativamente all’essere particolarmente preoccupati dalla possibilità di ricevere commenti negativi”.

 

La tendenza all’autoscatto sdoganata dagli smartphone di ultima generazione è ormai diventata una moda-mania: ma attenzione, dietro una semplice foto può nascondersi una patologia. Per molti è necessità, per altri il primo gesto del giorno o l’ultimo alla sera. Scattarsi felici, tristi, in compagnia o insieme agli animali domestici è un comportamento ormai sociale, ma che senza dubbio denota una buona dose di narcisismo e autostima, ma cosa si nasconde dietro un selfie?

Spesso gli affetti da selfie-mania corrispondono a profili clinici di natura antisociale e dall’autostima squilibrata. Ad affermarlo è un gruppo di ricercatori dell’Università dell’Ohio, in uno studio pubblicato sulla rivista “Personality and Individuality Differences”.

L’analisi è stata realizzata per indagare i tratti del carattere e della personalità che accomunano le persone che quotidianamente diffondono la propria immagine attraverso i social network: principalmente Facebook e Instagram. Così un campione di 800 uomini americani, tra i 18 e i 40 anni, è stato sottoposto a due questionari. Il primo ha indagato il tipo di rapporto con i selfie, il numero di loro pubblicazioni, l’eventuale applicazione di filtri e l’aspettativa nelle risposte degli amici. Il secondo ha posto domande sul livello di autostima, narcisismo e oggettivazione della personalità, per tracciare una mappa dei comportamenti sociali degli uomini osservati. Dai risultati è emersa una forte correlazione tra i livelli di narcisismo e autostima e il maggior numero di autoscatti pubblicati sui social network. Ovvero: più spiccato appariva l’autocompiacimento, più autoscatti circolavano nella rete.

Secondo Jesse Fox, docente di comunicazione e uno dei ricercatori americani “I risultati non ci dicono che gli uomini che pubblicano un sacco di selfie sono necessariamente narcisisti o psicopatici. Di sicuro, però, hanno livelli medi di questi atteggiamenti antisociali più alti. Il narcisismo può essere identificato dalla convinzione di essere più intelligente, più attraente e più in gamba degli altri”, prosegue Fox. “Ma è un atteggiamento di facciata che nasconde un’insicurezza di fondo”. Quanto alla psicopatia, invece, i ricercatori fanno riferimento “alla mancanza di empatia e rispetto nei confronti degli altri e alla tendenza ad avere comportamenti impulsivi”. Nello specifico, per quanto concerne i selfie, il narcisismo di una persona si rispecchia nella necessità, in un arco di tempo molto breve, di pubblicare di continuo foto o aggiornamenti sul proprio profilo.

Non irrilevante è apparsa anche l’abitudine a modificare le fotografie. Chi lo fa più spesso, è il dato emerso dallo studio, vive anche a un livello di auto-oggettivazione più alto. Valorizza, cioè, la propria persona per l’aspetto e non per altre peculiarità. “Sappiamo che l’auto-oggettivazione porta a un rischio più alto di sviluppare la depressione e i disturbi alimentari, almeno nelle donne”, ha concluso la Fox.

 

 

 

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