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Esiste un bruco che mangia la plastica? Ecco cosa si è scoperto

di Federico Baglioni

 

Il Polietilene è una delle plastiche più diffuse, ma il suo smaltimento e riciclo è piuttosto complesso e poco sostenibile a livello ambientale. Ora però è stata scoperta un’arma in più e proviene dalla natura.

La plastica ha innegabili vantaggi, ma è anche molto inquinante. Per questo motivo si cercano nuove strategie per tentare di riutilizzarla e degradarla. Ora si è scoperto che un bruco piuttosto comune è in grado di digerirla, come è stato descritto sulle pagine della rivista scientifica Current Biology. A fare questo singolare lavoro è la larva della farfalla Galleria mellonella, anche detta camola del miele: è la classica esca che viene usata dai pescatori.

La scoperta, fatta da un gruppo di ricercatori dell’Università della Cantabria (Spagna) e di Cambridge (Gran Bretagna), è stata abbastanza casuale. I ricercatori si sono infatti accorti semplicemente che i sacchetti di plastica che contenevano quelle larve erano pieni di buchi, da cui l’ipotesi che fossero i bruchi a degradare la plastica. Non è la prima volta che si trovano organismi dalle caratteristiche interessanti. Qualche tempo fa, ad esempio, si era scoperto un fungo in grado anche lui di degradare la plastica, tuttavia il processo era lento e inefficiente. Stesso discorso per un altro batterio, scoperto l’anno scorso, in grado di digerire il PET (polietilene tereftalato), un’altra plastica molto utilizzata.

Questa larva, invece, è in grado di divorare il 13% della massa di plastica in sole 14 ore. Normalmente questi bruchi non mangiano la plastica, ma in caso di necessità sono in grado di farlo. Non si sa ancora il motivo né il meccanismo, ma sembra che la digestione del Polietilene coinvolga la rottura di legami chimici simili a quelli che la larva normalmente rompe quando digerisce la cera d’api.

Tutto risolto? Non proprio, purtroppo. Va studiato a fondo il meccanismo per capire come riprodurlo. Inoltre il polietilene viene degradato in un altro composto  a noi ben noto, cioè il glicole etilenico, usato come anticongelante. Non spaventatevi troppo però: il glicole etilenico è un materiale che è piuttosto facile degradare.

 

In conclusione, siamo di fronte a una scoperta molto importante, anche se serviranno nuovi studi. Speriamo che in questo modo si riesca ad aprire una nuova via per il trattamento ecologico della plastica. Una via, si spera efficace, per aiutare la natura, grazie alla natura.

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