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Clownterapia: Greta, la ragazza in sedia a rotelle che dedica la sua vita ai bambini negli ospedali

di Roberta Nardone

 

Lei, Greta De Todaro, 31 anni, è la prima clownterapeuta italiana in sedia a rotelle che dedica quasi tutto il suo tempo libero ai bambini ricoverati nel reparto di pediatria dell’ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano.

Una storia, questa, che inizia molti anni fa, quando Greta, nata prematura e affetta da diplegia spastica, (una forma di paralisi che causa disabilità motoria agli arti inferiori) comincia una lunga lotta contro la malattia. In tutto, quattordici interventi chirurgici. È stato proprio grazie ai lunghi e frequenti periodi di degenza ospedaliera, che Greta è entrata a contatto con la clownterapia sperimentando in prima persona i suoi benefici.

L’associazione di cui fa parte Greta si chiama “Teniamoci per mano onlus” ed è attiva un 18 regioni dal 2010.È una squadra di clown che si occupa di portare allegria nei reparti ospedalieri e non solo regalando sorrisi e risate a bambini e genitori.

La missione dei volontari che ne fanno parte infatti, non prevede solo il gioco, l’intrattenimento, i “palloncini”, ma i Clown appunto, sono formati per supportare intere famiglie affinché i genitori e i bambini non si sentano soli in un momento di sconforto, come quelli della realtà ospedaliera.

Infatti, fare clownterapia vuol dire riuscire a far sorridere chi, essendo in un letto d’ospedale, quel sorriso un po’ l’ha perso, proprio come è accaduto a Greta che, dopo il primo incontro con i clown nella corsia dell’ospedale, ha deciso a sua volta di fare clownterapia, per restituire agli altri pazienti quello che lei in primis aveva ricevuto.

Ciao Greta, cosa ti ha portato a voler entrare a far parte del mondo della clownterapia?

 

“Prima di diventare clownterapeuta, ho fatto volontariato per quattro anni in un’altra associazione, ma il motivo principale per cui ho deciso di farlo è stato quello di volermi mettere alla prova. Andare in corsia ti permette di entrare in contatto con persone che soprattutto nelle situazioni più critiche, ti arricchiscono enormemente: ciò che dai non è nemmeno un decimo di quello che ricevi. Sento che il mio compito quando sono lì è quello di riuscire a far ritrovare al paziente la leggerezza per della vita, interrompendo il flusso negativo di pensieri a cui porta solitamente la realtà ospedaliera; ma soprattutto volevo ridare a mio modo, quello che io stessa in prima persona avevo ricevuto da paziente.

A proposito di realtà ospedaliera, come ti sei sentita la prima volta che sei entrata in corsia vestita da clown?

 

“Inizialmente ero un po’ a disagio, ma è durato un paio di minuti, perché ho messo sin da subito in pratica quello che mi è stato insegnato al corso superando la difficoltà iniziale. Ho deciso infatti sin da subito di vivere il presente e di concentrarmi sui pazienti cercando di andare oltre ogni tipo di barriera. Il mio obiettivo principale, come quello di ogni altro clown infatti, è quello di far vivere al paziente il presente facendolo sentire prima di tutto una persona come gli altri, al di là di quella che può essere la sua malattia.”

Come vivi il contatto con il paziente? Ti sei mai sentita osservata un po’ di più o giudicata, solo perché sei su quattro ruote?

 

“Fortunatamente essere su quattro ruote, invece che su due gambe, in questo ambito non è mai stato un problema. I pazienti mi hanno sempre accolta e continuano a farlo, proprio come fanno con tutti gli altri clown, anche perché penso di essere una persona abbastanza solare e socievole.”

 

Al termine del tuo turno in corsia, quali sono le emozioni e le sensazioni che provi solitamente?

“Quando esco dallo spogliatoio mi sento scarica, mi sento di aver dato tutto ciò che potevo dare e ciò che cerco di portare con me quotidianamente sono tutte le sensazioni, positive e negative che ogni paziente mi trasmette”.

 

Ti va di raccontare uno dei momenti più belli vissuto finora da volontaria?

“Per me uno dei momenti più belli e che si ripete quasi ogni volta, dato che mi occupo del reparto di pediatria, è quello di ritrovarmi puntualmente un bambino in braccio alla fine di ogni turno. I bambini non ha sovrastrutture e complessi, ma non è sempre facile rapportarsi con loro, devi saperli prendere.

Perché il bambino può avere bisogno di tempo prima di permetterti di entrare in contatto con lui e questo tempo va rispettato e non bisogna farsene una colpa. Come tutti i rapporti anche quello tra clown e bambino (quando si tratta di casi di lunga degenza)ha bisogno di tempo per nascere e fortificarsi. Mi capita spesso infatti, di essere riconosciuta dai bambini dopo il primo approccio e di essere accolta proprio come si fa con un’amica. Quando succede è proprio in quel momento che mi rendo conto di aver fatto un buon lavoro. Perché fare centro nel cuore di un bambino ti assicuro che non è affatto facile, ma una volta che il bambino decide di aprirti le porte del suo cuoricino, non ne esci più!”.

 

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