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Animali Fantastici: i cavalli del Battistero di Parma

di Francesco Gallina

 

Benvenuti al dodicesimo appuntamento della rubrica Animali fantastici e dove trovarli, nella mia Drogheria dell’Arte. Con il cavallo, oggi, proseguiamo il nostro viaggio lungo le pareti esterne del Battistero di Parma, fra i bassorilievi di questa straordinaria creazione scultorea che è lo Zooforo.

Sono due splendidi cavalli, quelli che Benedetto Antelami scolpisce, l’uno dirimpetto all’altro. Ma quale tipologia di cavallo aveva in mente l’artista cremonese? Nel Medioevo c’era l’imbarazzo della scelta. C’era il destriero, cavallo battagliero, e il cortaldo, invece, utilizzato per il trasporto delle armi. Il ronzino caricava some sulla groppa (vi dice niente Ronzinante?). Nelle gare di velocità – come i tornei – entrava in scena in corsiero, mentre più adatto agli spostamenti quotidiani era il palafreno. E poi c’era la portentosa Chinea, il cavallo ambiatore delle Asturie, di sesso femminile, offerta annualmente al papa per il pagamento del censo per il Regno di Napoli, 7000 ducati che porgeva al Santo Padre inginocchiandosi dinanzi ad esso.

Allegoricamente parlando, il cavallo può essere positivamente associato al cristiano che corre verso la sua meta o che cerca di tenere a freno il vizio. Il cavallo è trionfo, onore, esaltazione del Bene, come il cavallo bianco montato da San Giorgio o il cavallo – sempre bianco – dell’Apocalisse. Ma, sempre nel testo giovanneo, può essere foriero di morte, violenza e calamità, come lo sono i cavalli rosso, nero e verdastro.

Da sempre, il cavallo – come il cane – rappresenta un animale fedele all’uomo. Una delle più belle poesie a lui dedicate è stata partorita alla fine della Prima Guerra Mondiale, nelle gelide terre russe. L’autore è il cubofuturista Vladimir V. Majakovskij, il quale descrive il suo intimo dialogo con un cavallo caduto a terra durante una parata. Deriso da tutti, la bestia lacrimante trova nel poeta l’unico interlocutore. Solo la forza delle parole sarà in grado di risvegliare le forze del vecchio mammifero galoppante, che ritorna a credere nella vita, come un giovane puledro. Ciascuno, scrive il poeta di Bagdati, è cavallo a modo suo.

 

Battevano gli zoccoli.

Come se cantassero:

grib

grab

grob

grub –

Ubriacata dal vento,

calzata dal ghiaccio,

la via scivolava.Un cavallo sulla groppa

stramazzò,

e d’improvviso

un fannullone dietro l’altro,

calzoni venuti a scampanare per il Kuznèckij, ¹

si ammucchiarono,

una risata tintinnò e stridette:

– Un cavallo è caduto! –

È caduto un cavallo! –

Rideva il Kuzneckij.

Solo io

non mescolavo la mia voce nel suo ululo.

Mi avvicinai

e vedo

occhi equini…

La via si era rovesciata,

scorre a modo suo…

Mi avvicinai e vedo –

una goccia dietro l’altra

per il muso rotola,

si nasconde nel pelame…

E non so che comune

malinconia ferina

guazzando traboccò fuori di me

e dilagò in un sussurro.

“Cavallo, non è necessario,

cavallo, ascoltate –

voi pensate di essere più insipido di loro?

Bambino

noi tutti siamo un poco cavalli,

ciascuno di noi è un cavallo a suo modo.

Forse era

vecchio –

e non aveva bisogno di una balia,

forse, il mio pensiero gli parve volgare.

Fatto è che

il cavallo

si dimenò,

si levò sulle zampe,

nitrì

e se ne andò.

Dondolava la coda.

Un rossiccio bambino.

Giunse allegro,

si mise nella stalla.

E gli sembrava ancora –

di essere un puledro

e che valesse la pena di vivere,

e che di lavorare valesse la pena.

FRANCESCO GALLINA ha 24 anni ed è pramzän dal säss.

Laureato in Lettere Classiche e Moderne, è critico letterario, docente, blogger, narratore e autore di articoli e saggi accademici su letteratura, poesia, filosofia e arti dello spettacolo.

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