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Malattie del futuro – Siamo affetti da “nomofobia”?

 Parlare di malattie del futuro è un qualcosa che a qualcuno potrà apparire come folle, angosciante ed esagerato. Ma, in realtà, riflettendoci un attimo, ci si rende conto e ci si accorge che non è affatto così. La società attuale può essere, tranquillamente e senza esagerazione, definita come quella dipendenze. E non ci si riferisce alla droga, al fumo e all’alcool. O, comunque, non si pensa solo a quest’ultimi aspetti e fenomeni. La mente va a toccare sfiorare la tecnologia.

Scattare foto, riprendere video, segnare gli appuntamenti sull’agenda, seguire le mappe stradali, ascoltare musica e soprattutto navigare. Ecco che in considerazione di tutte queste funzioni, lo smartphone oggi è diventato un elemento a dir poco indispensabile e fondamentale. Uno strumento che ha integrato le nostre vita e la nostra quotidianità. Il punto è che questa che possiamo definire moda sta pian piano diventando una forma di dipendenza. E non è un caso che Whatsapp, Messenger, Facebook, Twitter e Instagram siano diventati come i nostri migliori amici. Ed è in questo caso che si parla di nomofobia. Cos’è? Proviamo a spiegarlo.

Il termine, il cui acronimo è no-mobile-phone-phobia, è apparso per la prima volta in seguito ad un sondaggio realizzato dal Post office Ltd nel Regno Unito, in cui è stato rilevato che il 53% degli utenti di telefonia mobile britannico ha sofferto di questo problema. Quattro anni più tardi, il dato è aumentato fino al 66%.

In generale, essa rappresenta la paura o l’ansia che si manifesta quando si è impossibilitati ad usare il cellulare. In particolare, la nomofobia non è altro che l’ansia che si avverte quando non c’è copertura o si è a corto di batteria, quando non si ha il telefono e non si è in grado di ricevere o controllare le notifiche. In sostanza, si tratta della paura psicologica di rimanere senza cellulare. Una dipendenza dura e pura insomma. Si manifesta anche in gesti semplici e scontati, come il camminare a testa bassa guardando il telefono o l’allungare la mano appena svegli per controllarlo. Qualcosa che ormai facciamo tutti in maniera automatica e senza nemmeno rendercene troppo conto e dargli troppo peso.

Ma dal punto di vista puramente medico che si può dire? Innanzitutto, dal punto di vista puramente clinico, per parlare di una dipendenza si devono considerare diverse variabili. La frequenza, la durata e l’intensità del comportamento è ciò che determina l’esistenza di una patologia.

Lo psicologo Guillermo Bianco spiega come “Oltre a questi tre fattori“dobbiamo considerare le interferenze che da essi derivano, cioè, quali conseguenze si suppone siano coinvolte in tale comportamento a livello lavorativo, economico, sociale e familiare”. Quindi se manca uno di questi fattori non si può parlare di dipendenza. Appare abbastanza chiaro ed evidente che la soluzione può essere data da un uso intelligente, controllato e responsabile del proprio smartphone. Non è semplice. Con tutte quelle funzioni che fanno oltre un normale telefono. Ma è per questo che si è iniziato a parlare di nomofobia. Ma è per questo che parlare di malattie del futuro è tutt’altro che esagerato.

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