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Vi racconto il mio cinema: Silence di Martin Scorzese

di James Ford

Per un ateo miscredente come il sottoscritto, approcciare una pellicola costruita sul concetto di Fede è da considerarsi un atto di Fede esso stesso, anche quando dietro la macchina da presa c’è un’icona come Martin Scorsese, uno dei massimi esponenti del Cinema americano degli ultimi cinquant’anni: così come il suo collega Clint Eastwood, anche il vecchio Marty ama mettersi in gioco e cambiare le carte in tavola, uscendo spesso e volentieri dalla sua confort zone per confrontarsi con l’ignoto o quasi, ed abbracciando, alle spalle l’arrembante Wall Street del suo strepitoso Wolf, il Giappone feudale ed una vicenda che pare mescolare Kundun al cult Mission.

E si potrebbero spendere molte parole, sulla qualità sopraffina che la squadra dell’autore di Quei bravi ragazzi – da Thelma Shoonmaker a Dante Ferretti, solo per citare due tra i più noti e premiati – riesce a portare sullo schermo, così come sulla capacità di una storia interessante e profonda raccontata al meglio di smuovere riflessioni altrettanto profonde nell’audience, ma parrebbe tutto fin troppo semplicistico, per una produzione come Silence.

Una produzione che trova il suo senso più grande non tanto negli altisonanti – almeno per il pubblico – nomi di Andrew Garfield, Adam Driver e Liam Neeson, quanto nel charachter di Kichijiro, versione nipponica del Santo Bevitore della Leggenda che rapisce e sconvolge nella sua grottesca drammaticità, e nelle domande che nascono spontanee non solo ai gesuiti protagonisti della vicenda ma anche a chi con la religione c’entra poco o nulla.

Questo perchè, a ben guardare, il concetto di Fede, più che divino, è profondamente umano.

E per quanto parli e sia dedicato alla memoria delle vittime del massacro che il governo dei grandi Damyo operò ai danni dei cristiani del Sol Levante, Silence è un film assolutamente a misura d’Uomo, che inizia dalla rottura di quel silenzio e si chiude con quel silenzio.

Lo stesso al quale c’è chi affida la propria vita, gli interrogativi, le speranze.

E chi la coscienza che è il luogo cui faremo ritorno quando il viaggio sarà finito.

Occorre solo cercare, nel mezzo, di trovare il modo migliore per rendere onore e senso a quello stesso viaggio.

VOTO: 8

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