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Reddito di cittadinanza. La Finlandia ci prova e il resto del mondo sta a guardare

di Claudio Carlo Tanzarella

 

Anno nuovo, vita nuova! Infatti dal 1°gennaio è partito il progetto sul reddito di cittadinanza del governo finlandese guidato dal primo ministro JuhaSipilä, leader del Partito di centro finlandese. Un reddito base di 560 euro al mese, esentasse e del tutto indipendente dalla situazione familiare, economica o lavorativa di chi lo ricevesarà versato a 2mila disoccupati, di età compresa tra i 25 e i 58 anni, selezionati a campione su una platea di 175mila candidati.

Si tratta di un progetto della durata di due anni che ha come scopo quello di combattere la povertà, incrementare il tasso di occupazione, ridurre la burocrazia. Del resto il sistema di assistenza finlandese è uno dei più complessi e generosi d’Europa e la sua complessità sta diventando un problema a livello burocratico. A seconda delle proprie esigenze, un cittadino finlandese può rientrare in uno dei 40 tipi di sussidi forniti dallo Stato: ci sono quelli per gli studenti, per chi è malato, disoccupato, e così via. Ogni sussidio viene calcolato secondo parametri differenti, che richiedono un enorme lavoro burocratico per ogni variazione dello status del cittadino. Il sistema sta diventando quindi eccessivamente dispendioso. Uno degli obiettivi dell’introduzione sperimentale del reddito di cittadinanza è ridurre questi problemi: i cittadini ai quali verrà assegnato, rientreranno in un unico status, senza dover ricalcolare il sussidio qualora cambiasse la loro situazione lavorativa o di salute. I 560 euro coprono tutti i sussidi a cui queste persone potrebbero avere diritto.

In particolare l’intento del governo finlandese è quello di spingere i lavoratori a non accettare condizioni di lavoro sfavorevoli o salari troppo bassi. Inoltre poiché il reddito di cittadinanza, a differenza dei tradizionali sussidi destinati ai disoccupati, il diritto a percepire i quali decade nel momento in cui si trova un nuovo lavoro, continuerà ad essere corrisposto anche in caso di nuovo impiego, sarà interessante osservare se grazie a questa misura si creeranno nuovi posti di lavoro. Il premier Juha Sipilä, imprenditore di area liberale, ne è convinto.

Kela, l’agenzia finlandese del welfare, riferisce che dei 175mila potenziali candidati il 48% dei prescelti è rappresentato da donne, il 52% da uomini. Il 30% ha meno di 34 anni, Il 39% tra 35 anni e 44, il 41% da 45 a 58 anni. Costoro non potranno rifiutare il reclutamento, salvo che entrino nell’esercito, raggiungano l’età pensionabile o emigrino. Per due anni essi saranno oggetto di questo esperimento sociale, ma in compenso nessuno dovrà dar conto di come spende i soldi. Il monitoraggio del Kela sulle attività lavorative svolte sarà comunque costante.

La Finlandia ha una popolazione di 5,5 milioni di abitanti e a novembre 2016 registrava un tasso di disoccupazione dell’8,1% sul totale degli attivi. In base alle previsioni il reddito di base dovrebbe incoraggiare i beneficiari a cercare un impiego, eliminare i disincentivi al lavoro e ridurre la burocrazia. Infatti secondo il Kela, attualmente,capita chele persone senza lavoro non cerchino redditi aggiuntivi, anche se trovano un impiego, perché i guadagni riducono gli aiuti sociali. Perciò gli esperti del Kela ritengono che il reddito di base dovrebbe agevolare un’economia che impiega sempre più persone part-time o a tempo determinato o, ancora, avviate al lavoro autonomo, e soprattutto, dovrebbe garantire un importante risparmio di spesa, con una bella cura dimagrante per l’imponente welfare finlandese.

Se le previsioni dovessero essere confermate dalla sperimentazione, il governo di Helsinki valuterebbe seriamente l’opportunità di istituire il reddito di cittadinanza su base universale, estendendo cioè il sussidio a tutti i finlandesi adulti, con esclusione dei pensionati. L’intervento fa parte di una serie di misure economiche che il governo del primo ministro JuhaSipila sta mettendo in atto per aumentare l’occupazione nel Paese, per ridurre l’elevata spesa pubblica e per contrastare gli effetti della recessione economica e dell’alto costo del lavoro. Nel 2019 si valuteranno i risultati ottenuti.

L’esperimento del governo finlandeseè seguito con interesse in tutto il mondo. I dati raccolti al termine del periodo di prova di due anni potranno servire a delineare nuove politiche di welfare (sicuramente meno generose)non solo nel paese nordico, ma anche all’estero, soprattutto nel resto d’Europa, dove ci sono Stati in cui sperimentazioni simili sono già in atto, come in alcune città dei Paesi Bassi, o stanno per essere avviate come in Francia e Stati dove invece proposte sul tema sono state bocciate dai cittadini, tramite referendum,come in Svizzera oppure stentano ad essere prese seriamente in considerazione come in Italia. In molti paesi sta prendendo piede l’idea di garantire ai cittadini un reddito di base per aiutare quei lavoratori penalizzati dalle dinamiche della globalizzazione e della crescente automazione dei processi industriali e dei servizi.

Il reddito universale che si sta elaborando in Finlandia è solo l’ultimo dei tanti progetti e provvedimenti che fanno dei paesi del Nord Europa un’avanguardia per ciò che riguarda le politiche sociali e il benessere dei propri cittadini. E tutto fa parte del più generale progetto di reddito di cittadinanza indicato nel programma “Basic Income”. Si tratta di qualcosa di assolutamente nuovo nel suo genere. Con questo progetto si vuole portare gradualmente il reddito di cittadinanza fino a 1000 euro, per tutti, facendo dunque del lavoro un’opzione e non una necessità. Se tecnologia e automazione non bruciano il lavoro, di certo lo rendono marginale e di basso livello perché il lavoro vale sempre di meno e il valore si crea altrove: dal capitale con le rendite finanziarie, dagli algoritmi, dai big data.Quella del primo ministro Sipiläpiu’ che una riforma è una vera e propria rivoluzione.

La rotta è tracciata: reddito per tutti, ma meno welfare, dignità per tutti, senza lavoro o col lavoro, probabilmente autonomo o a tempo determinato, certamente sempre meno a tempo indeterminato. La sperimentazione dirà poi se potrà essere percorsa fino alla meta ultima, la sostituzione di tutti i sussidi di disoccupazione con il reddito di cittadinanza…il mondo intanto sta a guardare!

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