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Sport: la storia di Yfter, l’uomo senza età che ci fa ancora sognare

di Giuseppe Zanzarelli

Le storie di sport aiutano, specie di determinati sport in cui il vincitore è solo, così come il vinto, avvolti in un alone di silenzio interiore, che ci sia da alzare al cielo le mani, o nascondere le lacrime.

Già perché lo sport, quello vero, come la vita fa piangere, ma crea occasioni per rialzarsi continuamente, al di là di ogni convenzione sociale, al di là di ogni etichetta che la gente ha voluto imprimere sulla nostra pelle, sulla nostra storia.

Il 22 dicembre del 2016 si è spento un corridore che vale la pena di richiamare alla memoria, non fosse altro che per la sua storia, che ci insegna come non ci sia età per vivere, per desiderare, per rimettersi in gioco, nonostante questo mondo ci faccia sentire vecchi già a trent’anni.

Il suo nome era Miruts Yfter, nazionalità etiope. Una vita, tra cui l’adolescenza, in fabbrica, dove si guadagna da vivere. Arruolatosi nell’aviazione etiope, scopre la sua grande passione per la corsa, e di conseguenza le sue abilità.

Dopo una mancata partecipazione alle Olimpiadi del 1968 a Città del Messico e una sola medaglia a quelle del 1972, nel 1976 non partecipa a quelle di Montreal a causa del boicottaggio del mondo africano. Situazione che avrebbe potuto condannare al’oblio la sua storia, se si considera che in quel periodo avere la possibilità di partecipare da protagonista a quattro olimpiadi era praticamente nulla, per evidenti ragioni anagrafiche.

Già, le ragioni anagrafiche. Si è volutamente omesso di accennare alla data della sua nascita perché, in effetti, è ancora oggi dubbia. Si ha un’approssimazione in un anno tra il 1938 e il 1944, quest’ultimo considerato da molti quello più attendibile.

Miruts Yfter partecipò alle Olimpiadi del 1980, quelle di Mosca e non lo fece da semplice spettatore aggiunto, ma da protagonista assoluto. Vinse due medaglie d’oro nei 5000 e nei 10000 m, battendo i suoi rivali con uno sprint fulminante negli ultimi 300 metri, diventati poi il simbolo della sua storia, ad indicare che bisogna provarci sempre, fino in fondo, anche quando tutto sembra ormai perso, come lo erano quelle due medaglia d’oro prima di quello scatto finale. E in effetti si racconta che il finlandese Kaarlo Maaninka stesse già pregustando la vittoria in solitaria.

E quei 300 metri sono ancor oggi un simbolo, un riferimento. Come le parole di Yfter su quella sua strategia di dare tutto in quegli ultimi 300 metri, che lo portò alla vittoria: “Avevo studiato i miei avversari e quei 300 metri erano la distanza ideale, non è troppo tardi, né troppo presto. Era in quei metri la mia occasione per tentare di vincere, di andare oltre”.

Ora ripensate alla sua età, era nato in un periodo compreso tra il 1938 e il 1944. Poteva avere un’età compresa tra i 36 e i 42 anni nel 1980, quando s’impose in quelle Olimpiadi di Mosca, portandosi a casa due medaglia d’oro, che non lo cambiarono mai e infatti mai dimenticò il suo passato, quel lavoro faticoso in fabbrica. E del resto quella era la sua origine, anche di quello si era nutrite le sue radici, i suoi pensieri.

A noi non resta che coltivare la sua memoria, la sua storia che, in ogni senso, non ha età, non conosce limiti e ci induce a crederci in ogni periodo della vita, quando le nubi sono fitte, perché “non è mai troppo tardi per rincorrere un sogno” giusto o sbagliato che sia.

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