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Vi racconto il “mio cinema”: Miss Peregrine – La Casa dei Ragazzi Speciali di Tim Burton

di James Ford

Per chiunque si sia ritrovato adolescente tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta ed ami il Cinema la figura di Tim Burton sarà senz’altro ammantata di un’aura pressochè mitica.

Da Edward Mani di forbice a Beetlejuice, passando per i due Batman, senza contare la partecipazione in veste di ispiratore del magnifico Nightmare before Christmas, il cineasta di Burbank ha finito per segnare inesorabilmente l’immaginario di una generazione anche a fronte di un paio di passi falsi – Sleepy Hollow, in parte, e senza dubbio Il pianeta delle scimmie -, per esplodere definitivamente con quello che è, ad oggi, il suo Capolavoro: Big Fish.

Peccato che, toccata la vetta, il buon Tim abbia cominciato una parabola discendente preoccupante, finendo negli ultimi anni per portare sullo schermo cose imbarazzanti come Alice in Wonderland o piccolezze del calibro di Dark Shadows.

La sfida cui era chiamato a rispondere con quest’ultimo Miss Peregrine era quella di dimostrare soprattutto ai suoi fan di lungo corso di non essersi perduto neanche fosse un bimbo alla ricerca di Peter Pan, ma di saper raccontare, nonostante tutto, storie gotiche e magiche come quasi nessun altro uomo dietro la macchina da presa sarebbe in grado di raccontare: purtroppo per chi scrive e, temo, per molti della generazione cresciuta con lui, in Miss Peregrine si fatica a trovare una traccia dell’antico splendore del suo autore, perso all’interno di un giocattolone ben realizzato e per nulla privo di spunti interessanti ma incapace di fare breccia nel cuore, decisamente eccessivo nel minutaggio ed uguale a tante altre proposte d’avventura fantasy per ragazzi uscite in sala nel corso delle ultime stagioni – in questo senso, è nettamente perso il confronto con il titolo avversario al botteghino Animali fantastici e dove trovarli -.

Se, inoltre, un tempo era Burton ad ispirare l’opera di alcuni autori più giovani come Guillermo Del Toro, ora i ruoli paiono essersi ribaltati, e per l’autore di Ed Wood e La sposa cadavere pare confermata una crisi creativa profonda, che l’annunciato sequel del cult Beetlejuice – ed ho già il terrore di quello che potrebbe accadere – non sembra in grado di risolvere: a poco servono i pur interessanti piccoli protagonisti capitanati da Asa Butterfield, quasi messi in ombra dalla fastidiosa gigioneria di Eva Green e soprattutto Samuel Jackson, che ormai pare essere stato colpito dalla gravissima sindrome di DeNiro, per salvare un film che probabilmente la maggior parte degli spettatori dimenticherà in fretta, e che molti dei fan di Tim Burton avrebbero voluto dimenticare ancora prima di averlo visto.

VOTO: 5

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