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Lotta alla mafia – Capitano Ultimo: “Vi racconto chi sono”

di Angela Rossi

Capitano Ultimo, chi non lo conosce? Forse solo Bruno Vespa,  ripensando alla sua intervista al “piccolo” Riina trattato da scrittore… Ultimo è il  carabiniere che arrestò proprio Totò Riina e che oggi si dedica ai poveri e ai dimenticati nella struttura realizzata alla periferia di Roma nella quale vengono accolti e restituiti alle proprie vite ed alla propria dignità tanti barboni, emarginati, alcolisti . La tenuta della Mistica. Dove c’è anche una casa famiglia che ospita  minori allontanati da famiglie a rischio. Una persona da moltiplicare se fosse possibile. Lui invece prende le distanze da se stesso.  “Il mio mito?  Francesco d’ Assisi e il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa due persone a cui non io ma  tutto il mondo deve tantissimo – afferma – Sono una guida, un esempio una speranza,  un ricordo, sono tutto quello che abbiamo nel cuore e  sono sempre vivi in tutto quello che facciamo, in come viviamo , sono i principali riferimenti”.

I suoi valori?

“Quelli della povertà, della  semplicità , del dare agli altri senza volere n iente in cambio, il ribellarsi all’egoismo, alla superbia, all’ ambizione soprattutto quella che c’è dentro di noi.  Del ribellarsi agli apparati che devono servire il popolo e non servirsi del popolo per fare lobby, potere, tutto qua”.

Come è nato il suo amore per la cultura  dei pellerossa?

E’ nato da  piccolo, quando capisci che lo sterminio del popolo e della cultura dei pellerossa è un crimine che ti entra nel cuore e lo vivi come se fosse stato perpetrato contro di te e contro i tuoi parenti . Lo vivi come se quel dolore  fosse stato trasmesso a te geneticamente e lo rivivi negli occhi dei piccoli bambini Maya , lo vedi nello sguardo dei fratelli Apache. Poi ho cercato e voluto  conoscere il capo di una tribù dei pellerossa, la tribù degli Apache delle bianche montagne, siamo riusciti a metterci in contatto con lui tramite un ingegnere che lavorava là. Abbiamo fatto in modo di farlo venire qui a Roma , è stato con noi cinque giorni . Abbiamo firmato un gemellaggio  con  loro e ci piacerebbe che questo popolo non morisse mai, che quella lingua e il suo suono così antico non svanissero mai”.

Si torna sempre dalla parte degli ultimi …

“Questa  è la legalità. E’ la stessa cosa di quando dico non calpestare un fiore, non recidere una rosa, non andare lontano quando un mendicante ti chiede pietà , aiuto, che ha bisogno di te. Ecco, questa indifferenza è reato. Questo è reato anche se il codice non lo prevede. Lo prevede la nostra giustizia di strada, lo sogna e combatte per questo”.

Quando e perché ha deciso di diventare carabiniere?

Sono nato in una caserma. Insieme ai carabinieri, quelli semplici, sono cresciuto. Li vedevo essere sempre pronti a dare la vita per la gente. Nei piccoli paesi dove vivevo, vedevo  che rifiutavano gli onori, che non gli piaceva farsi vedere in pubblico,  era gente schiva, umile, semplice, silenziosa e mi sono sentito sempre uno di loro. Mio papà era uno di loro e me lo porto ancora nel cuore,  mio nonno era uno di loro e me lo porto ancora nel cuore”.    .

Falcone , Ultimo e Dalla Chiesa

“Dalla Chiesa è il nostro comandante, è la persona  che ci ha dato dignità e fatto capire che la tecnica è più forte della forza. Che la forza deriva dalla tecnica, in una lotta moderna, in una lotta che praticamente ti obbliga a seguire organizzazioni, associazioni nascoste, segrete, che tu devi svelare e cacciare nella nebbia. Ecco, questa è stata una grande intuizione del generale. E’ andato avanti agli altri. Ha iniziato a dirci, a farci vedere che bisogna seguire le persone e definire l’associazione. Che la prova non è  semplicemente ascoltare un telefono ma è vedere un’associazione mentre i propri affiliati si incontrano, si parlano, sviluppano una trama associativa  fatta di incontri e frequentazioni , di persone e di obiettivi. Questa bellissima evoluzione  e rivoluzione  culturale nella tecnica di polizia giudiziaria il popolo italiano la deve al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Vedi, oggi leggi tutti questi che scrivono “servizio di ocp”  (osservazione, controllo, pedinamento) questa è una cosa militare  creata da un generale dell’Arma dei carabinieri e che dimostra il primato culturale di questo generale dell’Arma dei carabinieri . Umanamente ci ha dato l’esempio, è andato a morire in Sicilia da solo, per la gente stando sulla strada insieme alla gente, ci ha fatto vedere cosa significa combattere col cuore, donando il cuore e la vita . E’ lo spirito militare, l’egualitarismo militare che diventa modello di azione civile e sociale”.

Per avere arrestato Riina, svelato la Duomo connection, per avere rischiato la vita  lei è andato sotto processo. Per avere servito lo Stato è stato rinviato a giudizio…Quello stesso Stato che continua a servire continuando a rischiare la vita …

“Lo Stato nomenclatura non mi interessa, è lontano dal mio cuore e dalla mia cultura, io mi sento radicato a quello Stato costituito dai cittadini, dalla gente ,dalle persone che vivono sulla strada che soffrono, nascono si amano e muoiono sulla strada, che combattono sulla strada. Quello è il mio popolo, il mio Stato. Quello Stato non giudica, ti guarda in faccia, negli occhi e capisce se fingi o se sei vero. Quello ti processa ogni giorno.  E quindi lo vivo quotidianamente ed è un processo piacevole fatto di verifiche, continue. Il processo  della nomenclatura, dei professori, delle giacche  blu, è lo stesso processo che hanno fatto agli indiani d’America,è lo stesso processo che hanno fatto e che fanno perpetrando lo sterminio del popolo Maya.  Non sono processi ma pagliacciate, strumenti  attraverso i quali le lobby di potere esercitano le loro pressioni e raggiungono i loro obiettivi politici ed economici”.

Un magistrato italiano, tanto per non fare nomi, Antonio Ingroia l’ha processata insieme a Mori accusandola di connivenza con quei mafiosi che lei ha arrestato. L’ha rinviata a giudizio per avere catturato il capo di cosa nostra. Entrambi assolti con formula piena. Da vicende come questa, l’anima come viene segnata?

“C’è sofferenza ovviamente perché c’è, però non lo giudico lascio che lo giudichi la gente della strada e quella lo ha già giudicato”.

I media  spesso l’hanno attaccata e intravisto chissà quali retroscena approfittando di avere un palcoscenico a disposizione come  hanno fatto Santoro e Travaglio o come fanno alcuni blogger sui propri blog. Cosa pensa di loro che, in realtà, rappresentano poi quella parte di Italia che mangia i suoi uomini migliori invece di rendere loro giustizia?

” Ci sono persone e persone. A un certo punto mi sembra che in alcune strutture si sia creata una lobby di potere  mediatico politico giudiziario  che trasforma i fatti in business show e con il loro potere condiziona cittadini e attività economiche. E’ un qualcosa di inquietante da cui i cittadini devono imparare a difendersi e devono aprire gli occhi. Mi fanno soltanto schifo”.

L’avere vissuto tante difficoltà come l’ha cambiata, se l’ha cambiata?

“Cambiato no, il tempo modella la pietra, non la cambia e lascia segni, rughe e ferite ma cambiare no, rimani albero e pietra segnata e ferita ma la luce degli occhi non ti cambia mai se ti senti libero e quello ti rimane nel cuore”.

Quanta parte ha la libertà nella sua vita?

“La libertà, ce l’hai e basta, ce l’hai negli occhi e ti impedisce di essere servo e schiavo se non dell’amore che hai per il tuo popolo”.

Quanto valgono libertà ed amore in una vita in termini di sacrifici da affrontare?

“Libertà e amore sono tutto, lo splendore, poesia, profumo della vita, tutto quello che rimane,  valgono mille anni di prigione.  Sono la dignità umana, sono la luce che deve spingere un ragazzo, un  giovane a ribellarsi ma non a ribellarsi per diventare forte e potente. A farlo contro la sua ambizione e contro il suo egoismo per creare un mondo più bello dove ci siano amore e libertà”.

Come è nata l’idea di formare la squadra di Ultimo?

“Ci siamo trovati. Io combattevo a Bagheria , eravamo cinque carabinieri contro una mafia che non era conosciuta allora, invisibile, segreta ,allora non c’erano i collaboratori. E’ cominciata parlando, vedendo la gente morire, vedendo questi criminali che riescono a prevalere su un mondo fatto di gente semplice che lavora per un pezzo di pane, che sogna, i giovani che ballano, gente alla quale piacerebbe avere un figlio, vivere in pace. Ecco, questo meccanismo nasce così. Ti guardi in faccia con la gente che ha voglia di ribellarsi a questo e piano piano dici : vabbè, l’orario di servizio è un concetto borghese, le logiche di lavoro ? Ma noi siamo combattenti , noi dobbiamo lavorare per la gente, noi amiamo la gente e non è che ci si ama a pagamento, quella è prostituzione”.

 Cosa rimane di Giovanni Falcone dopo tanti anni?

“Lo abbiamo conosciuto con la Duomo Connection. Lo abbiamo conosciuto perché abbiamo lavorato insieme, ha visto la nostra tecnica, gli è piaciuta e non l’ha più dimenticata. Infatti   mi veniva a trovare, parlavamo, discutevamo ed infatti nel nuovo codice di procedura penale c’è molto, mi pare, della nostra tecnica. Vedi, lui era stato umiliato ed isolato dai suoi “colleghi killer” tra virgolette che lo hanno  sovraesposto ed indicato a Cosa Nostra come bersaglio da poter colpire ed uccidere. Forse non dolosamente, non lo so ma questo è un dato oggettivo. Lui che cosa ha fatto? Ha sofferto, se ne è andato ma è andato con le istituzioni per costruire una bella lotta anticrimine e antimafia. Non ha fatto il pagliaccio come quelli che vedi in questi giorni in giro, no?     Falcone non ha fatto l’ avvocato per andare a fare parte di questa lobby trasversale che è potere, è andato al Ministero ed ha disegnato la Direzione Nazionale Antimafia e la Dia, boicottato da tutti quelli che oggi si scannano per stare alla Dna e alla Dia. Vergogna. Della mafia devono parlarne le persone che l’hanno combattuta sulla strada. Senza sovrastrutture. Vinci o perdi. La frontiera è questa. Vivi o muori. Il concetto non è la caccia alle streghe, per andare sempre a cercare un potere, emergere. Vedi? Vogliono essere tutti Primi e  noi invece siamo gli Ultimi e felici di esserlo. La nostra forza deve essere il non contrapporre potere ad un altro potere ma noi dobbiamo contrapporre ad un potere il servizio. Servire il popolo. Questo è il nostro orgoglio e questa è la nostra forza. Lo facciamo tutti insieme, con i ragazzi delle case famiglia, con i minorenni detenuti, con i diversamente abili, con i non vedenti, con i richiedenti asilo. Questi sono i principi su cui si fonda una democrazia e una civiltà.  Proprio per questo ti dico che in tutto quello che facciamo per i soggetti più deboli, in tutto quello che facciamo per i richiedenti asilo, sempre in noi è presente, chiaro, il grido di dolore dei fratelli  Italiani dell’Istria, della Dalmazia e di Fiume occupate” .

Ultimo e la vita … Che rapporto hanno?

“La vita è una parola grande, ognuno di noi se la porta sulle spalle . Quando uno cammina,  vede  un albero e deve  pensare “ che cosa bella, l’albero; ha le foglie …” e si deve meravigliare di non parlare con l’albero, quindi. Tu lo vedi sempre l’albero no? Però non ti si ferma mai il cuore. Invece quando cammini e lo vedi e lo tocchi, con dolcezza e con dolcezza vedi le sfumature delle sue foglie e le senti nel cuore, ecco , allora, quella è la vita. Tutti gli altri giorni in cui tu cammini sulla strada e vedi l’albero ma in realtà non lo vedi, sopravvivi, non è la vita. E’ brevissima la vita, come quando alzi gli occhi a cielo e vedi una stella cadente, ti si riempie il cuore e senti  di fare parte di un qualcosa di bello, di generoso, di meraviglioso . Però tutti gli altri mesi e anni che non vedi la stella cadente, sopravvivi. E su questi pochi attimi ti ci giochi tutta la vita”.

Il suo rapporto con Dio

“Dio lo cerchi nelle cose, lo cerchi nel volo del falco, negli occhi dei mendicanti che guardano, quelle persone alle quali se dai qualunque cosa si commuovono e ti commuovi anche tu. Gli dici <amico mio>, ecco quell’attimo è Dio. L’aldilà? Siamo peccatori e ci attende il nostro caro inferno. Ci andremo ridendo, ci scuseremo con tutti e chiederemo permesso anche là prima di entrare”.

Come è nata l’idea della comunità della Mistica?

“Dal fatto che tutti parlano di solidarietà e lo fanno in maniera indiretta. Si raccolgono fondi a favore di un ente, si intraprende una iniziativa però si rimane sempre abbastanza  distanti dalle situazioni drammatiche e quindi abbiamo deciso di metterci in gioco direttamente. Ci siamo noi in una casa famiglia fatta di persone, vivendoci ogni giorno  e guardandoci in faccia in una discreta solitudine, in una discreta indifferenza generale ed è questa la vita. Un impegno sociale diretto, non mediato da niente, in cui come al solito ci troviamo a camminare su un filo teso senza rete sotto. Non c’è ipocrisia, possiamo sbagliare ma non c’è ipocrisia. Paghi tutto quello che fai e lo paghi sulla tua pelle come sempre”.

L’incontro ed il successivo amore con i falchi è avvenuto in maniera particolare. Nella dimensione onirica …

C’è stato un periodo in cui stavo male per diverse cause, avevo dolori  e quindi mi ricoveravano spesso in ospedale. Non si capiva cosa avessi, parlavano di malattie strane , tutte più o meno gravi. Poi una notte ho sognato  i falchi che mi venivano incontro, mi sfioravano il viso ma come una pioggia buona, fatta di carezze e allora ho capito che era il  mio amico Ronni Lupe, capo della tribù delle bianche  montagne col quale avevo trascorso un periodo di tempo anni  prima. Diceva, guarda questi falchi sono tuoi amici, ti cureranno loro. Allora mi sono informato ed ho scoperto che il falco che mi veniva in faccia era un falco astore. Ho chiesto di fare un corso di falconeria, ho preso un falco ed appena ho iniziato a farli volare sono stato non bene, benissimo. Ho capito perché. Il falco quando vola porta il tuo cuore sopra le nuvole e ti fa vedere quello che gli occhi degli uomini non possono vedere mai”.

Continueremo a combattere dalla parte degli ultimi anche se incontreremo sconfitte sul cammino? Perché? In nome di cosa?

“Più che combattere dalla parte degli ultimi, dobbiamo rimanere ultimi e rimanendo ultimi paghi col dolore , il sacrificio, la paura, la mancanza di dignità, tutto quello che vivono e subiscono gli ultimi ma lo devi fare diventando ultimo, non difendendoli solo. Quindi mangiamo insieme a loro, capiamo qual è la giustizia dal punto di vista loro . La giustizia è la sopravvivenza. La legge è sopravvivere . Quando capisci la paura di chi deve sopravvivere  ti cambia il livello di legalità. Distingui se uno fa una cosa per sopravvivere da chi la fa perché vuole l’opulenza . Se  compi un’azione  perché vuoi sopravvivere non è reato, sa la fai perché vuoi raggiungere l’opulenza è reato nella giungla della povera gente. E quella è la nostra legge, siamo sempre più vicini a questa legge e sempre più lontani dalla legge che è potere, sopraffazione , pressione di una lobby contro un’altra lobby. Noi non vogliamo questa legge. Vogliamo la dignità, la sopravvivenza. Al di fuori di questi temi noi non siamo adatti”.

Ha qualche paura Ultimo?

“Ho paura di svegliarmi un giorno e dire ad un ragazzo tu non sai chi sono io ma la paura, in realtà mi manca, la cerco spesso, ne ho nostalgia. Alla fine ne diventi così amico che non la senti più. Quello che senti è la nausea per la gente squallida, viscida, mediocre, che vive per i soldi, per la propria immagine. Si avvicinano tanto, a volte, troppo, sono milioni, ti danno fastidio più del solito. Ti fanno schifo, tutto qua. Ti fanno rabbia. Rabbia verso questa gente viscida, squallida, verso questo mondo”.

Un mondo nel quale lei ci vive però

“Ho scelto di viverci accanto agli ultimi, cercando di diventare ultimo, non gli ultimi dei salotti ma facendo una casa famiglia con le persone che vivono un disagio sociale o psichico. Questo è il mio mondo e mi sento a casa mia. Fuori di qua mi sento perduto, mi sento ospite”.

La sua famiglia  ha potuto solo accettare le sue scelte, le ha trovate già compiute, le ha subite in qualche modo …

“Io sono una persona irrequieta e quindi diciamo che sono difficile. Sono repentino e quando intraprendo una strada vado per  quella strada e basta. Come il volo del falco che prende e va. Poi i discorsi li facciamo dopo. Scegli e vai da una parte, vai per la tua strada.  Tutto qui”.

 

 

 

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