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LIBRI- La vegetariana di Han Kang: il mistero della donna che non mangiava…

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di Rita Zappatore

Le atmosfere sono cupe, degne di una pellicola alla Von Trier.

La scrittura è asciutta e la narrazione piana, senza fronzoli.

I personaggi ordinari, eppure inquietanti. C’è la protagonista, la vegetariana del titolo, che però è un vuoto al centro della storia, poiché di lei sappiamo solo ciò che altri dicono sul suo conto. E poi ci sono gli altri, appunto, il marito, il cognato, la sorella, i suoi (più o meno) cari.

La vicenda la conosciamo attraverso il loro punto di vista, a partire dal fatto – apparentemente innocuo – che innesca una catena di eventi nefasti: la decisione della protagonista di non mangiare più carne. Sull’ontogenesi delle cause alla base del suo comportamento non ci pronunciamo: lasciamo al lettore la piacevolezza della scoperta e del gioco delle ipotesi, anche in letteratura. Del resto, questo della sudcoreana Han Kang si configura come un giallo, malgrado trascenda qualsiasi categorizzazione di genere letterario. Non c’è un cadavere e non c’è un assassino, non in senso letterale almeno. Ma c’è, questo sì, un mistero: il movente che spinge la ragazza al centro del romanzo ad astenersi dal consumare carne e poi, più drasticamente, a rifiutare qualsiasi alimento.

La vegetariana, tradotto per i tipi di Adelphi da Milena Zemira Ciccimarra, è un libro importante. Non per la raffinatezza della scrittura né per l’originalità della trama, ché pure le sono già valsi un prestigioso riconoscimento internazionale (il libro è vincitore Man International Booker Prize 2016). A brillare è soprattutto l’acume psicologico dell’autrice che, con pochi essenziali tratti, definisce i caratteri dei suoi personaggi, solo in prima battuta banali, e intesse sapientemente le loro relazioni reciproche con associazioni inedite e trovate sorprendenti.

Infine, c’è il sapiente intreccio di motivi antropologici (la violenza reale, incarnata dal padre, e quella ancestrale, che si manifesta nei sogni; il cibo come metafora dell’affetto e delle cure parentali/sentimentali) e di citazioni dotte, con il riferimento implicito all’artista giapponese Nobuyoshi Araki, inserito nella vicenda del cognato videoartist ossessionato da una “macchia mongolica”.

Ma no, non vi diciamo cosa sia: lasciamo a voi la composizione dell’enigma.

 

Rita Zappatore

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