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Nuovo calendario dei Carabinieri: il 2017 dedicato ai simboli dell’arma (Foto)

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Presentato il calendario 2017 dei Carabinieri. Il nuovo calendario è dedicato ai simboli dell’Arma. I mesi che compongono le pagine sono un viaggio tra gli stili grafici nei secoli: dall’art decò sino al moderno, passando per il futurismo e quello hippy.

In occasione dell’incorporamento delle guardie forestali sotto al comando del Carabinieri, avvenuta quest’anno, anche i suoi colori sono rappresentati nell’opera.

Quest’anno il critico d’arte Philippe Louis Daverio ha contribuito alla creazione con le sue parole, riportate all’interno, che accompagnano il lettore nell’interpretazione artistica e storica: “Il Calendario di quest’anno vuole ricordare le mutazioni delle abitudini e dei gusti che hanno sostenuto i due secoli di Storia vissuti dall’Arma dei Carabinieri. Le illustrazioni che accompagnano i vari mesi dell’anno ne costituiscono una piccola guida. Contribuiscono a risvegliare la memoria d’un passato di impegno e di coraggio, di generosità e di dedizione, che contribuì alla formazione dell’identità attuale della Nazione e perdura rinvigorito nell’Italia d’oggi. Nacque allora nella società ottocentesca il concetto di “avanguardia” nella vita come nelle arti. Questo concetto tuttora è guida delle scelte più impegnative del mondo evoluto”.

Prefazione di Gillo Dorfles – Trovo il Calendario Storico di quest’anno particolarmente coinvolgente: l’Arma si racconta attraverso i propri elementi distintivi, ognuno dei quali assurge a valenza simbolica, reinterpretandoli negli stili grafici che si sono succeduti nel tempo, a partire dalla data della sua fondazione, simboli che parlano dei Carabinieri, Carabinieri che costituiscono un simbolo. Un’idea brillante anche perché l’Arma, così come l’arte grafica, costituisce una presenza costante, discreta ma incisiva ed efficace nella quotidianità del nostro mondo. Sfogliandone le pagine, sono riemerse antiche emozioni che mi legano all’Arma, risalenti a quando, ancora fanciullo di otto anni, a passeggio con mia madre a Trieste in quella che oggi è Piazza dell’Unità, per la prima volta, vidi due Carabinieri. Mi vennero incontro sorridenti, mi regalarono una semplice carezza. Non conoscevano i passi che avrei mosso nel mondo ma io inconsciamente colsi quello che avrebbero rappresentato nella mia vita: figure dall’immenso calore umano, protettive e rassicuranti….mai temute! Divenuto più grande, compresi che, in

quel momento, avevo riconosciuto nella stupenda uniforme dei Carabinieri il segno del patriottismo italiano, dopo la liberazione di Trieste dall’Impero austro-ungarico. Qualche anno dopo, in un parco di Firenze, ancora loro che procedono verso me. Questa volta per salvarmi da un’aggressione di alcuni malviventi. Questa la loro essenza: ci sono quando uno ne ha bisogno. Indimenticabili i ricordi del sacrificio di tanti Carabinieri caduti in Italia e all’estero in missioni di pace, devoti al loro servizio nell’Arma: restano sempre nel cuore con l’immagine di eroici angeli custodi dell’umanità. Li ho sempre rivisti nei momenti salienti della vita della Nazione, presenze silenziose ma con un preciso significato che, peraltro, proprio come un manifesto pubblicitario, con grande semplicità e concretezza, si rivolgono e hanno cura di tutti, nessuno escluso.
calendario-2017-carabinieri-1Prefazione Gen. C.a. Tullio Del Sette, comandante generale dell’arma dei Carabinieri– I simboli sono rappresentazioni estetiche dell’essenza; essi colgono in profondità meglio il cuore delle cose. E’ dunque ai propri simboli che l’Arma dedica l’edizione 2017 del Calendario Storico, presentandoli attraverso i diversi stili con i quali l’arte grafica si è manifestata nel tempo, a partire dal 1814, anno di nostra Fondazione. La grafica, la più diffusa e comune delle espressioni visive, fatta di linee e colori definiti e chiari quanto attenti ai cambiamenti della società, è parsa strumento artistico idoneo a rappresentare il modo di essere Carabiniere, cittadino e soldato della legge, vocato alla prossimità e al servizio di ciascuno e di tutti, sempre interprete del suo tempo, con il cuore e la mente al futuro.
I due Carabinieri in copertina, inseriti nell’aura rossoblu dell’Arma, l’uno con l’uniforme bisecolare e l’altro con quella attuale, ambedue espressione di presenza attiva, vicina e amica, garanzia di sicurezza e tangibile segno di fedeltà, vegliano alla tutela della nostra gente e dei nostri agglomerati urbani. Nel classico carattere “Bodoni” di inizio ‘800, è l’abbreviazione “CC” della parola “Carabinieri” che, sul suggerimento del grafico Armando Milani, apre il percorso artistico: l’una racchiude al suo interno il contributo dell’ultracentenario, raffinato intellettuale e artista, Gillo Dorfles, che ringrazio per l’affettuosa vicinanza e la profondità del pensiero, e il giudizio critico, dotto, arguto e avvincente, di Philippe Daverio, anche quest’anno prestigioso collaboratore del nostro progetto culturale e artistico insieme alla bravissima Silvia Di Paolo; l’altra contiene la mia presentazione. Quindi la sequenza delle tavole mensili, tutte sviluppate con lo stesso criterio: a destra la tavola che riprende il simbolo dell’Arma prescelto e, a sinistra, nella stessa grafica, la pagina correlata contenente notizie storiche sul simbolo e sul segno d’arte che lo raffigura. La tavola di Gennaio non poteva che essere dedicata alla Carabina, dalla quale l’Arma prende il nome, realizzata in una grafica ottocentesca; fa da scenario la città di Torino dove i Carabinieri sono nati con le Regie Patenti del 13 luglio 1814. In quella di Febbraio, nello stile Vittoriano, per noi Umbertino, tipico della seconda metà dell’800, campeggia, altero e maestoso, l’Elmo dei Corazzieri con, sullo sfondo, la Firenze
capitale d’Italia che, nel 1868, li tenne a battesimo. A Marzo è l’Art Nouveau, raffinata espressione artistica e culturale di fine ‘800, a rievocare, con le sue forme sinuose ed eleganti, la Daga del Carabiniere. Per Aprile, il tratto sobrio e raffinato del Wiener Werkstätte, in voga ai primi del ‘900 in una Vienna cuore pulsante della cultura europea, esalta
l’Alamaro dei nostri colletti. Il Futurismo, pressoché coevo e più italiano, fa da cornice, nel mese di Maggio, alla Bandoliera e alla inscindibile Giberna, segni inconfondibili del Carabiniere in servizio. La Banda Rossa dei pantaloni, ulteriore arcinoto e antichissimo nostro segno, viene proposta nel mese di Giugno nello stile Bauhaus degli anni ’20 del secolo scorso, in uno scenario originalissimo ed evocativo. Nella doppia pagina centrale la Fiamma, con un segno grafico contemporaneo, è proposta in una elaborazione geometrica nitidissima, cristallina come l’Arma; essa filtra la luce chiara e intensa della passione e della dedizione del Carabiniere, trasformandola nei colori della Bandiera, a testimonianza del quotidiano e generoso impegno per l’Italia e gli Italiani. La narrazione prosegue nei mesi di Luglio e Agosto con due elementi uniformologici: il Pennacchio rosso-blu della Grande Uniforme Speciale, a simboleggiare con i suoi colori il coraggio e la fedeltà, e il Mantello, foderato di saglia rossa; immagini dell’Arma tra passato, presente e futuro. A rappresentarli, rispettivamente, gli stili Art Déco e Razionalista, espressioni della grafica degli anni ‘30 e ’40 del ‘900. Le rotonde forme dell’Optical Art degli anni ‘60 disegnano, per Settembre, la Lucerna, emblematico copricapo del Carabiniere dalle origini. La tavola in stile Hippie degli anni ’70 del mese di Ottobre è dedicata al Basco: le sue diverse colorazioni richiamano i reparti che lo indossano, dal blu tradizionale, al rosso dei Cacciatori, all’amaranto dei Paracadutisti, al nero della Linea Mobile, al celeste dei Carabinieri delle missioni ONU e al verde di quelli Forestali. La Saetta e il numero di emergenza 112, espressioni visive del nostro Pronto Intervento, vengono illustrati nell’inconfondibile stile Pop degli anni ’80 nella tavola di Novembre; sono segni di efficienza che, rapidi e incisivi, si dirigono verso l’abitato per garantirne la sicurezza. La grafica contemporanea del mese di Dicembre propone il polso di un Carabiniere il cui orologio ci rivela cos’è l’Arma: l’insieme armonico, di tutti i suoi Carabinieri – richiamati dai gradi in cerchio della pagina a fianco – che animano, compatti, le sue componenti, evidenziate cronologicamente dai Simboli che le contraddistinguono, dall’ultrabicentenaria Territoriale, alla nuova Forestale. Esse, come perfetti ingranaggi di un organismo performante e vibrante, con la loro efficacia, autonoma e sinergica, rendono l’Arma così attenta, efficiente e utile e le consentono di guardare al futuro con ben riposta fiducia. Nella tavola finale, sublimata dalla pagina a fianco che rende il tradizionale, doveroso omaggio alle decorazioni concesse alla nostra Bandiera e ai nostri Eroi, si ribadisce, con una tecnica affatto moderna e avveniristica, l’imprescindibile valenza dell’elemento umano che, per il Carabiniere, viene prima di ogni altro, professionale e tecnico.
In carattere “Helvetica”, il più diffuso al mondo, le parole Etica alla base e, quindi, Onore, Integrità, Rispetto, Competenza, Impegno, Efficienza, Coesione, Serenità, Tradizione, Fedeltà e, infine, Fede, attraverso gli elementi orizzontali delle “E” che li accomunano, costituiscono i pioli di quella scala di virtù e qualità, ideata ancora da Milani, che conducono alla Fiamma dell’inconfondibile Berretto rigido nero, che le racchiude tutte: faro che illumina lo sguardo, l’orizzonte, il pensiero e l’azione, come dev’essere fuoco che scalda il cuore, del Carabiniere.
Traspare il volto, assorto, impegnato e sereno, dello stesso giovane commilitone che in copertina, si affianca a quello più anziano, ispirato dagli stessi valori.

La spiegazione di tutti i mesi:

GENNAIO

La Carabina. Il 16 giugno 1814, circa un mese prima delle Regie Patenti istitutive del Corpo dei Carabinieri Reali, era già stato deciso e preordinato ogni dettaglio del futuro organismo, assecondando l’urgenza che Vittorio Emanuele I aveva imposto a tutta l’attività di Governo dal suo arrivo a Torino. Era stato formulato un “Prospetto di Istruzione Provvisoria per il Corpo dei Carabinieri Reali”, alla base di ogni successiva regolamentazione. Era già stato deciso, quindi, il nome, derivato dall’arma che avrebbero avuto in dotazione gli
uomini da arruolare: la carabina. Ufficialmente, la scelta dell’arma venne formalizzata
con le ”Determinazioni” del 9 agosto successivo, primo atto normativo del nuovo “Corpo”, con la precisazione che i Carabinieri a cavallo sarebbero stati dotati di carabina e quelli a piedi di fucile “della qualità la più leggera”.
Entrambe le armi erano a pietra focaia, ad avancarica, derivate dal modello francese del 1777 e prodotte dalla fabbrica piemontese di Valdocco. Sembra incredibile come in appena due mesi fosse stato possibile concepire il nuovo, inedito Corpo dei Carabinieri, studiarne le attribuzioni, reperire le armi idonee, assegnare le destinazioni e fissare l’ordinamento territoriale, stabilirne l’uniforme e, infine, le “incumbenze”. Il Re sabaudo aveva fretta di ridare ai suoi possedimenti di terraferma una connotazione interamente piemontese dopo la parentesi napoleonica e la provvisoria “tutela” austriaca affidata il 25 aprile 1814 a Parigi, dal Maresciallo Principe Karl Philipp Schwarzenberg. La data del 13 luglio 1814, un mercoledì, in cui vennero promulgate le Regie Patenti istitutive del Corpo dei Carabinieri Reali, non è casuale: quel giorno, all’alba, il Generale Bubna, alla testa della guarnigione austriaca che da tre mesi gestiva il governo militare del Piemonte, lasciava Torino. Vittorio Emanuele I poteva
finalmente affidare la sicurezza del neonato Stato ai Carabinieri, da lui segretamente ideati.

Lo stile ottocentesco
Finita la bufera napoleonica nel 1814,
Vittorio Emanuele I, re di Sardegna e duca
di Piemonte, se ne tornò dall’isola a Torino
e istituì il Corpo dei Carabinieri Reali
“per assicurare il buon ordine e la pubblica tranquillità”
al reame. Nello stesso periodo
si stavano abbandonando gli stili rigorosi e
declamatori del neoclassicismo e si esaltava un
gusto ben più tranquillo e eclettico dove tutto
doveva ricomporsi in una pacifica armonia.
Iniziava l’era borghese d’Europa.
L’immaginario collettivo voleva dimenticare
i fasti delle colonne e dei timpani e preferiva
uno stile garbato e severo, quasi per un certo
verso domestico e paterno. Eccolo il leone che
regge la carabina del ritrovato benessere, della
sperata sicurezza dopo l’avventura e il pericolo!
Ph.L.D.
FEBBRAIO

Lo Stile Vittoriano
L’Italia si unisce con il noto testo dell’Articolo Unico della legge 17 marzo 1861, dato a Torino, nel quale “Vittorio Emanuele II, re di
Sardegna, Cipro e Gerusalemme, duca di Savoia, Genova, ecc., ecc., ecc., principe di Piemonte, ecc., ecc., assume per i suoi successori
il titolo di re d’Italia”. Come disse Garibaldi, l’Italia era fatta, era ora di fare gli italiani. E il re, temendo le sommosse torinesi, se ne
andò a stare a palazzo Pitti dove aveva trascorso gli anni dell’infanzia essendo sua madre Maria Teresa di Toscana: Firenze divenne
capitale d’Italia fino alla presa di Roma del 1870, la quale con la legge del 3 febbraio 1871 fu fatta capitale definitiva. I fasti di Firenze
avevano avuto la fortunata conseguenza di far sorgere il 7 febbraio 1868 il Reggimento dei Corazzieri, uno squadrone per la Guardia
d’Onore selezionato di 80 Carabinieri, di statura non inferiore al metro e novanta centimetri e capaci di cavalcare cavalli alti al garrese
oltre un metro e settanta. Corrispondevano in pieno al gusto energico e celebrativo dell’Italia Risorta dove l’elmo brillante quanto la
corazza ricordavano le glorie antiche della penisola. Tuttora costituiscono la Guardia del Presidente della Repubblica come prima
erano stati nel medesimo Quirinale la Guardia del Re. Nella continuità hanno mutato i cavalli in potenti moto Guzzi. Ma allora ebbero
la prima pubblica apparizione per le nozze del principe ereditario Umberto con Margherita di Savoia, alla quale si deve lo stile detto
“umbertino” che fu la versione italiana di quello vittoriano britannico, tutto stoffe, fiori e questione di gran dame.
Ph.L.D.

I CORAZZIERI
Eredi di una tradizione che risale ai tempi di Emanuele Filiberto di Savoia (1528-1580), sotto il cui comando, ordinati
in una compagnia di Guardie d’Onore, si distinsero nella battaglia di S. Quintino (10 agosto 1557), gli attuali
Corazzieri vennero istituiti il 7 febbraio 1868 in Firenze, per l’occasione dei festeggiamenti per le nozze del Principe
Umberto di Savoia con la cugina Margherita di Savoia. Tratti inizialmente dalle Legioni Carabinieri di Firenze,
Bologna e Milano, la loro primitiva denominazione fu “Carabinieri Guardie del Re”, trasformata in “Carabinieri
Guardie del Presidente” con l’avvento della Repubblica e divenuta il 24 dicembre 1992 “Reggimento Corazzieri”.
L’evoluzione ordinativa del reparto è stata accompagnata dalla progressiva adozione di una duplice linea
uniformologica solenne idonea a rappresentare, con un’eleganza rimasta ineguagliata e la severa magnificenza della
sua originaria impronta, l’altissimo profilo del suo servizio d’onore e di sicurezza.
MARZO

ART NOUVEAU
Agli orpelli talvolta esagerati d’uno stile ottocentesco che voleva
comprendere tutti i gusti precedentemente esistiti reagì un’innovazione stilistica,
da Londra a Parigi, dalla Germania all’Italia. Non poco aveva contribuito la
scoperta delle culture esterne all’Europa, dalla Cina al Giappone. Nacque così uno
stile nuovo che si ispirava alla poetica della natura e alla riscoperta del grande
artigianato. Le linee si facevano morbide e naturali, i colori accattivanti. Fu chiamato
Liberty in Inghilterra dal nome del primo negozio che lo promosse, Art Nouveau in
Francia perché si sentiva innovativo come la Tour Eiffel inaugurata nel 1889,
Jugendstyl in Germania per via della rivista che lo propagandava e Floreale in Italia
in relazione ai decori che promuoveva. Ne fu interprete eccellente il praghese Alfons
Maria Mucha, pittore boemo che iniziò la carriera a Vienna e divenne
protagonista dell’affiche a Parigi con i suoi disegni affascinanti e sinuosi.
Ph.L.D.

LA DAGA
La “daga” è stata l’arma bianca caratteristica
dell’Arma dei Carabinieri sin dalla sua fondazione.
Un primo riferimento si trova nella “Determinazione
sovrana” del 9 agosto 1814, in cui
si parla di una “sciabola corta” per i militari
a piedi, essendo prevista una “sciabola lunga”
per quelli a cavallo. Essa aveva le seguenti caratteristiche:
lunghezza totale mm 760, lunghezza
della lama mm 592, larghezza della
lama al tallone mm 36, larghezza della lama
nel mezzo mm 32, peso Kg 1,325. La “daga”
venne radiata nel 1985, avendo il Ministero
dell’Interno rilevato che non potesse configurarsi
come arma da guerra, in quanto non più
impiegabile in operazioni belliche. Ne è stata
tenuta solo qualcuna nelle armerie da usare
per le solennità. Le 35.875 daghe risultanti in
dotazione nel 1985 vennero in parte cedute a
pagamento ai militari che desideravano conservare
uno dei più bei cimeli dell’Arma, in
parte furono acquisite dai collezionisti e dagli
storici delle discipline militari, senza contare
gli “amici dell’Arma”, numerosissimi, che ebbero
un’occasione irripetibile per esprimere affetto
ai Carabinieri salvando dalla distruzione
un pezzo autentico della loro Storia.
APRILE

Il passaggio da un secolo all’altro si svolse cent’anni
fa nell’inconsapevolezza della tragedia bellica
che si profilava sull’orizzonte: Vienna viveva
in una creativa eleganza gli ultimi anni dell’Impero
al quale fino a cinquant’anni prima era appartenuta
una parte importante d’Italia. Furono
anni di formidabile musica, di grande letteratura
e di raffinate invenzioni visive. Le arti decorative
stavano assumendo una importanza parallela a
quella della grande pittura e dell’architettura.
Nacquero così le Wiener Werkstätte, le officine
viennesi pioniere d’un nuovo design dove le linee
si stavano semplificando e si facevano geometriche
e razionali in un gusto dall’equilibrio perfetto.
Ph.L.D.

Gli Alamari in uso dalle origini
Gli Alamari da Carabiniere vennero previsti in fase di organizzazione
del Corpo, il 23 giugno 1814, su proposta del Capitano
Camillo Beccaria, convinto che l’ornamento avrebbe chiaramente
indicato l’appartenenza alla nuova Istituzione, costituita
da giovani militari “per saviezza distinti”. Il termine è di origine
spagnola (alamar), proveniente a sua volta dall’arabo, col significato
di cordone. La prima normativa concernente questo prestigioso
elemento distintivo è contenuta nel Regolamento dell’8
novembre 1814, che ne prescriveva l’applicazione al colletto e ai
paramani, in ricamo d’argento per gli Ufficiali e in filo bianco
per Sottufficiali e Carabinieri. Gli Allievi Carabinieri, istituiti
con Regie Patenti del 12 ottobre 1822, non portavano alamari.
La forma attuale deriva dalla Determinazione Regia del 25 giugno
1833. Dopo quella data, gli alamari da Carabiniere non
hanno subito che minime variazioni, restando invariata la differenza
tra quelli da Ufficiale e da Sottufficiale. In un sola circostanza
le differenze vennero a cessare: quando, nei primi mesi
della Grande Guerra (1915/1918), furono adottati per tutti
quelli da Carabiniere, essendo ritenuti troppo vistosi e facilmente
individuabili dal nemico gli alamari in ricamo d’argento.
MAGGIO

Futurismo
Il futurismo fu il primo sogno e al contempo la speranza vitale
d’una Italia che si scopriva protagonista della modernità.
L’industrializzazione in tutta la penisola stava procedendo
con risultati talvolta esaltanti. Era appena stato completato
il traforo del Sempione e Parigi si trovava ormai a poche
ore da Milano. L’automobile e l’aereo, l’elettricità e la
trasmissione radiofonica aprivano scenari fino ad
allora impensabili. Lo spirito d’avanguardia non
colpiva solo gli opifici; mutò alla radice il concetto
delle arti, del teatro e della pittura. Il secolo
nuovo s’illuminava di scenari inattesi e sorgeva
il mito del movimento e della velocità.
Crescevano e si rinnovavano le città. Fu
questo l’entusiasmo riassunto da Filippo
Tommaso Marinetti nel Manifesto del
Futurismo del 1909, e fu questo lo
stimolo per una grafica rinnovata dove
il segno si combinava in piena libertà
con le lettere e i numeri. Nello stesso
anno Guglielmo Marconi riceveva
il premio Nobel per la fisica.
Ph.L.D.

Giberna – Bandoliera
La bandoliera: non esiste altro componente dell’uniforme che possa vantare un impiego ininterrotto, addirittura bisecolare;
tanto il giovane Allievo Carabiniere, quanto l’anziano Appuntato e il Brigadiere la indossano allo stesso modo e con lo
stesso orgoglio dei loro lontani precursori, consapevoli della responsabilità che deriva loro, sul piano dell’immagine,
dal recare sulla propria spalla, quotidianamente, un simbolo di gloriosa tradizione. Il termine “bandoliera” non
figura nella “Tabella degli Effetti di Vestiario, Piccolo Arredo, Armamento e Bardatura” del 1822, ma ne viene
indicata la funzione quale “centurone di buffala bianca” al quale andava agganciata la giberna sul “cui coperchio
è fissata al centro una granata in ottone”. All’altro cinturone che reggeva la daga dei Carabinieri a piedi
andava “unita una placca in ottone, della larghezza di nove centimetri e due millimetri, e di altezza di sei
centimetri e sette millimetri, sormontata questa dallo stemma reale, in argento”(*). Nel Regolamento del
1832 vengono citati per la prima volta “La giberna d’ordinanza” e la “bandoliera di giberna di cuoio
bianco”. Della giberna non viene descritto l’uso, ritenendo scontato che se ne conoscesse la
destinazione, ossia di contenitore delle munizioni.
(*)Le bandoliere per i militari a piedi erano due portate a croce: una sulla spalla sinistra con la giberna;
l’altra sulla spalla destra con la “daga”, quest’ultima, sovrapposta all’altra, aveva la placca da
collocare nel punto di incrocio sullo sterno. Quelli a cavallo avevano pure due bandoliere, ma portate
ambedue sulla spalla sinistra e senza alcuna placca.

A TRACOLLA DA DUE SECOLI
GIUGNO

BAUHAUS 1919-1933
E nacque nel 1919 nella Germania distrutta
dalla sua propria volontà bellica e ormai
per breve tempo democratica il desiderio
d’una modernità trasversale che si coagulò
negli insegnamenti del Bauhaus, una scuola
tecnica che divenne il crogiolo di formazione
architettonica e decorativa più sperimentale
d’Europa. Vi si mescolavano
architetti come Walter Gropius che la dirigeva
e pittori come Paul Klee e Vassily Kandinsky
che ne stimolavano la creatività.
Fu fondamentale per loro il superamento
degli orpelli decorativi combinando in
modo estremamente colto la funzione degli
oggetti e degli spazi con il razionalismo
delle linee, con il gioco attento dei colori.
Il loro fruttuoso esperimento fu interrotto dall’avvento
del nazismo ma gettò un seme che
si sparse per tutto l’Occidente e fiorì durante
la ricostruzione del secondo dopoguerra.
Ph.L.D.

La fascia scarlatta in uso dal 1832
Inconfondibile elemento d’identità formale per i Carabinieri è la
banda scarlatta alla cucitura esterna dei pantaloni, unica per i
militari a piedi, doppia per quelli a cavallo. La sua adozione
risale al 23 febbraio 1832, quando, al posto dei pantaloni
aderenti, vennero prescritti quelli demi-collants (semi aderenti) in
panno “bigio”. Prima di quella data, i pantaloni, indicati col
termine “calze”, erano di colore turchino in inverno e giallo
chiaro d’estate (prodotti in “nanchino”, una stoffa cinese),
privi di banda, con due bottoncini per parte della stessa
stoffa al fondo. Attualmente, la sola uniforme ordinaria
degli Ufficiali, dei Luogotenenti e dei MaSUPS non
ha la banda. Questa è stata, dal 1832, uno
degli elementi uniformologici distintivi del
Carabiniere, tant’è che non era prescritta
per gli Allievi, i quali, non avendo
ancora prestato il giuramento, non
erano ancora Carabinieri.
LUGLIO

ART DÉCO
Il primo dopoguerra era stato vissuto in modo particolarmente gioioso a Parigi. La città ancora si ricordava le due grandi Esposizioni
Universali del 1889 e del 1900. Ne progettò una nuova per il 1925 dedicata principalmente alle arti decorative, agli oggetti e ai
mobili che determinavano la qualità della vita quotidiana all’interno delle abitazioni. Nacque un gusto rinnovato che invase il mondo
intero e che prese il nome abbreviato di Art Déco. Le linee si facevano geometriche, i colori scintillanti, il gusto allegro e coinvolgente.
I manufatti avevano l’ambizione di offrire qualità ad una porzione sempre più ampia della società. Per la prima volta nella Storia si
reputava che un gusto condiviso avrebbe tenuto coeso tutto il mondo occidentale, quello antico e quello nuovo oltre Atlantico.
Ph.L.D.

IL PENNACCHIO
Il pennacchio da Carabiniere, previsto originariamente in colore turchino di piuma liscia, alto tre decimetri, assunse i tradizionali
colori rosso e turchino per effetto del ‘Regolamento sopra il corredo, la montura e le divise” del 25 giugno 1833. Per gli
Ufficiali venne previsto in ‘penne lunghe’, e ricadenti a foggia di salice piangente”, per i Sottufficiali e Carabinieri ‘in penne
corte”, prescrivendone l’uso soltanto per la ‘gran montura’. Il Regolamento non fa cenno al significato dei due colori, che erano
originariamente quelli dei Savoia e che possiamo oggi interpretare sulla base dei criteri che in araldica presiedono alla loro
scelta: il rosso indica l’amore ardente, l’audacia, il coraggio e, in ambito militare, il sacrificio; il turchino, e quindi il blu,
simboleggia la fedeltà, il valore, la giustizia, l’amore di Patria. Sono questi valori che fanno del rosso e blu i colori del
pennacchio della Grande Uniforme Speciale, da sempre, il simbolo identitario dell’Arma dei Carabinieri.
AGOSTO

IL MANTELLO
L‘uso del mantello è antichissimo. Popolare
tra i bizantini, l’imperatore Giustiniano lo portava
abitualmente per proteggersi dal freddo, ma gli imperatori romani
lo prediligevano quale emblema della dignità di comando. Diffuso anche
presso gli ordini religiosi nel Medioevo, esso stava a significare l’isolamento dalle cose
terrene e il ritiro in se stessi e in Dio. In ambito militare, il suo uso ebbe probabilmente origine in
Tessaglia o in Macedonia come simbolo del comando. Non diversamente a Roma, ove era il comandante supremo
dell’esercito a portare una clamide purpurea. I Carabinieri lo ebbero in dotazione sin dalle origini del Corpo, limitatamente
ai militari a cavallo, mentre quelli a piedi indossavano una “cappotta”. Con disposizione sovrana del 30 dicembre 1837, venne
disposta una “pellegrina”, per “porgere ai Carabinieri Reali a piedi alcun mezzo maggiore di schermirsi dalle intemperie, a cui eglino
sono assai di frequente esposti”; era in panno turchino, lunga sino alle ginocchia, ampia tanto da poter essere indossata sopra lo
zaino, foderata con due tele, di cui una incerata. Quando non era indossato, il capo veniva conservato avvolto in una custodia in tela
vergata, collocata sullo zaino. La pellegrina (o mantellina) fu sostituita con un cappotto nel 1936.

RAZIONALISMO
Il periodo fra le due Guerre Mondiali non sapeva
d’essere fra due guerre successive; anzi pensava che la ragione
avrebbe condotto in pace le sorti del mondo grazie alla nascita della Società delle
Nazioni, fondata durante i Trattati di Parigi del 1919-1920. La fiducia nella razionalità
dell’uomo moderno e emancipato si trasformò in una voglia di razionalismo applicato alle arti, alla
definizione dei piani urbanistici, alle singole architetture e agli oggetti della vita quotidiana. Stava crescendo la
società di massa e, al di là delle scelte politiche delle diverse nazioni fra democrazie e totalitarismi, tutto il mondo
industrializzato si ritrovò in una sintonia che fu purtroppo solo stilistica: la Seconda Guerra era già sulla soglia della Storia.
E l’Arma dei Carabinieri fu chiamata più d’una volta agli eroismi quotidiani provocati dalla società bellica.
Ph.L.D.

SETTEMBRE

Optical Art
Ancora una volta il dopoguerra fu
stimolante: la pace ritrovata generava
partecipazione profonda e la ricostruzione
raccoglieva le migliori energie. I colori tornarono
a farsi protagonisti. Dopo troppa retorica figurativa
fiorì l’arte astratta, anzi questa si spinse in una
evoluzione tale da diventare OP Art, arte ottica pura,
gioco di forme libere e di colori altrettanto liberati nella
loro massima fantasia. E fu come se si fosse voluto
ripartire dai colori primari, il rosso, il giallo, il blu, per
ricostruire un universo diverso da quello segnato dai
severi colori precedenti. Anche l’industria dei prodotti
si reinventava e applicava i medesimi cromatismi
della fiducia ritrovata agli oggetti che le materie
plastiche consentivano di disegnare con
forme fino ad allora impreviste.
Nasceva la televisione.
Ph.L.D.

La Lucerna
E’ il termine col quale viene indicato, ancora oggi,
il cappello a due “corni” dell’Uniforme Storica e della Grande
Uniforme Speciale da Carabiniere. La sua forma trae origine da
modelli settecenteschi, inizialmente di uso civile e poi assunti in
ambito militare da quasi tutti gli eserciti europei. Questo genere di
copricapo nel XIX secolo aveva per gli Ufficiali una variante nella feluca,
conosciuta nella lingua inglese anche col nome di cocked hat, per la
particolarita’ di poter essere posta facilmente sotto il braccio quando
non veniva indossata, per cui in francese veniva definita anche chapeau
de bras. Non e’ dato conoscere con certezza in quale epoca, comunque
remota, al cappello da Carabiniere sia stato assegnato il nome popolare
di “lucerna” perche’ non figura in alcun testo ufficiale; la spiegazione
piu’ attendibile va cercata nella somiglianza dello storico copricapo a
una antica lucerna a due appoggi laterali. Altra spiegazione e’ stata
fatta risalire, in senso morale, alla luce della legge che il cappello
da Carabiniere effonde al suo apparire; la luce proverrebbe dallo
splendente cappietto sovrapposto alla coccarda, i cui riflessi
sono percepibili anche nella penombra. Sul piano
uniformologico la lucerna ha subito nel tempo
minime variazioni, tanto da poter essere
considerato immagine della continuita’
storica dell’Arma.
OTTOBRE

Il Basco
E’ l’unico elemento del guardaroba
dei Carabinieri ad avere una storia
recente, ma non per questo meno stimolante
graficamente, come mostra l’interpretazione
a destra, ispirata ai suoi attuali impieghi.
Si tratta di un copricapo speciale
adottato il 15 gennaio 1953 per tutti i militari
dell’Arma dei Carabinieri nei servizi
su mezzi corazzati (basco di panno turchino)
e del reparto paracadutisti
(basco di colore kaki). Con successiva
circolare del Comando Generale
dell’Arma del 6 agosto
1956 venne esteso ai reparti mobili
(Battaglioni e Nuclei autocarrati) l’uso
del basco di panno turchino con l’uniforme
di marcia o durante le esercitazioni, i
campi e le manovre. Attualmente sono sei
i colori del basco da Carabiniere: il blu
tradizionale, il rosso dei Cacciatori,
l’amaranto dei Paracadutisti, il nero della
Linea Mobile, il celeste dei Carabinieri delle
Missioni ONU e il verde per quelli Forestali.

Lo Stile Hippie
Gli anni ’70 furono quelli d’una liberalizzazione generale
dei costumi: i capelli si allungavano mentre le gonne si
accorciarono. La musica scopriva schemi poetici
transnazionali, contaminazioni attraenti da culture
diverse. La Swinging London era il faro al quale le
generazioni giovani guardavano talvolta come
ipnotizzate da un’ arte psichedelica che
combinava fumetto e pubblicità. Il cinema
stesso cambiava registro e il raffinato
regista Michelangelo Antonioni, che aveva
nel 1966 girato proprio a Londra il suo
capolavoro Blow Up, spinse centinaia di
artisti esordienti a diventare fotografi;
all’opposto cinque anni dopo Stanley
Kubrick presentava al Pubblico Arancia
Meccanica come segnale d’allarme per
coscienze ormai senza parametri dopo
che François Truffaut aveva avvertito
con Fahrenheit 451 i rischi d’una società
pronta a controllare i mezzi di comunicazione e
proibire la lettura. Ph.L.D.
NOVEMBRE

POP
Gli anni ’80 furono per l’Italia anni di benessere diffuso e di grande crescita
dei diritti al consumo. A sua volta l’arte travalicava le dimensioni anguste
della critica e degli specialisti e inventava la dimensione allargata della
Pop Art, movimento artistico elitario degli anni ’60 che divenne
successivamente un linguaggio visivo celebrato e affermato
nel gusto di massa: la Pop era nata per pochi intenditori e
forse il suo nome stesso la costrinse a diventare popolare.
Dichiarava di volere essere fatta per tutti
quanto lo era la cartellonistica pubblicitaria e
voleva trasformare gli oggetti della vita
quotidiana in icone d’una nuova poetica
condivisa. Ebbe effettivamente
una influenza radicale sul gusto
e sui costumi e la televisione
a colori si diffondeva in
tutto il Paese facendo
nascere le reti
commerciali.
Ph.L.D.

PRONTO INTERVENTO
La Gazzella non è un simbolo uniformologico, è però il più popolare sinonimo di agilità e di prontezza. Espressione del “Nucleo
Operativo Radiomobile“, istituito alla fine degli anni ’60, a differenza del tenero e indifeso omonimo animale, possiede oggi
parziale blindatura, vetri antisfondamento e paratie in policarbonato e acciaio. All’esterno ha, sul tetto, i dispositivi elettroacustici,
quali i lampeggianti a led, un faro brandeggiante orientabile e un pannello a messaggio variabile, integrato aerodinamicamente
con la carrozzeria, E’ dotata di scompartimenti per gli equipaggiamenti individuali di difesa e gli apparati di comunicazione,
navigazione, trasmissione e acquisizione di informazioni, nonché di un serbatoio antiscoppio e antideflagrazione. Infine, il bagagliaio
contiene una borsa da primo soccorso, un estintore, cartelli e coni stradali, oltre alle centraline di controllo dei vari dispositivi.
Insomma, un simbolo, come tutti gli altri di questo Calendario, ma di sicurezza per i cittadini. Strettamente collegati
alla “Gazzella“ sono la “saetta“ e il numero “112“, segni evocativi del nostro Pronto Intervento, entrambi riportati sulla carrozzeria.
Il 112 nasce nel 1981 e rappresenta l’evoluzione definitiva di un progetto volto a semplificare e standardizzare il rapporto con la
gente. Oggi è diventato numero unico di emergenza a livello europeo e, tramite questa utenza, il cittadino può entrare in contatto
con una centrale operativa in grado di gestire o smistare agli altri servizi pubblici tutte le richieste di aiuto.
DICEMBRE

L’ARMA E LE SUE COMPONENTI
L’Arma è raffigurata in queste pagine nella sua reale natura: un insieme armonico e
coeso di tutti i suoi Carabinieri, dal giovane appena arruolato al Comandante Generale,
simbolicamente rappresentati dai gradi nel cerchio, che danno corpo, efficacia
e autonomia alle articolazioni illustrate nella pagina a fianco, come le app di un
dispositivo multimediale all’avanguardia. Dalla territoriale ai reparti di polizia
militare e via via, in ordine cronologico, ai Corazzieri, alle tante articolazioni
specializzate sino alla nuova forestale, esse, in un’azione sinergica, performante e
vibrante, la rendono, efficiente e pronta alle sfide del domani. L’Arma dei Carabinieri,
da sempre attenta all’evoluzione del tessuto sociale e alle esigenze del cittadino,
ha sviluppato il primo applicativo “di prossimità” fruibile su tecnologia
palmare. L’innovativa app, dal nome “iCarabinieri”, è stata ideata per offrire le
potenzialità del sito www.carabinieri.it a tutti i dispositivi portatili.

IL PRESENTE TECNOLOGICO

Ci troviamo sulle soglie d’una nuova era, iniziata timidamente sul finire del secolo
scorso e esplosa in un’ espansione velocissima. La mutazione dei sistemi di comunicazione
sta per avere conseguenze non ancora del tutto percepite. I voli in aereo
sono alla portata di tutti e la profonda rivoluzione digitale dell’internet sta cambiando
i percorsi mentali degli utenti. Ora il mondo intero sembra a disposizione
sullo schermo del computer. Lo spazio e il tempo si sono ridotti, anzi nella trasmissione
dei dati sono addirittura annullati. Le sfide sono portate a livello mondiale e
gli equilibri costantemente messi in discussione. Talvolta l’umanità sente le vertigini
come se fosse sul bordo d’un pericoloso precipizio. Mai come adesso la sicurezza diventa
un bene prezioso e necessario. L’Arma dei Carabinieri si trova in prima linea nella gestione
della complessità attuale: si articola a 360 gradi nel compito che affronta, si
arricchisce di competenze fino a ieri impensabili. E’ cosciente delle responsabilità e
della celerità che richiedono oggi gli interventi per rendere efficace la tutela. Nondimeno
l’etica di servizio in un mondo fattosi ormai velocissimo rimane quella di
sempre, quella di ieri come quella d’un domani che va quotidianamente inventato.
Ph.L.D.

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