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Ospedale Vecchio, comitati: “Chiesta assoluzione imputati. Procura si smentisce da sola”

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Sviluppi nel processo sul Project Financing dell’Ospedale Vecchio. Ora si chiede l’assoluzione degli imputati per mancanza di dolo e carenze procedurali. A riferirlo un comunicato dei comitati Ambulatorio Ospedale Vecchio e Comitato utenti Biblioteche “Leggere tra le ruspe”.

Ecco il testo:

I rappresentanti della Procura hanno chiesto l’assoluzione degli imputati, contrariamente alla loro richiesta di condanna formulata dal difensore della Parte Civile (Comune di Parma).
La richiesta di assoluzione, per parte dell’Accusa, è motivata con le seguenti argomentazioni:
1) per carenze procedurali da parte della Procura stessa
2) la mancanza di prova del dolo richiesto per il reato
3) in connessione con tale secondo aspetto, una critica al Tribunale del Riesame che, viceversa, aveva affermato la presenza del dolo. Si noti che nel 2012 il Tribunale del Riesame, in punto di diritto, seguì e accolse – ritenendolo fondato – proprio il ricorso per sequestro dell’intero Ospedale Vecchio presentato dalla stessa Procura, pur rigettandolo solo perché non ravvisava un danno immediato, essendosi in fase di semplice progetto preliminare che, senza le ulteriori fasi progettuali, non poteva essere realizzato.

Insomma, analizzando sinteticamente il filo conduttore della richiesta assolutoria, non resta che concludere che la Procura, non solo ha smentito sé stessa, ma anche gli atti di un collegio giudicante (qual è il Tribunale del riesame) che, sia pure in fase di delibazione sul semplice “fumus”, era comunque un organo giudicante.
Tanto più sorprende l’orientamento della Procura in quanto, in particolare, le argomentazioni dei consulenti di parte e, comunque, difensive, non avevano negato, ex sé, L’ESISTENZA DEL DOLO.

Da presenti nel pubblico e comunque minutamente informati sulle vicende della procedura di gara, avendola noi sempre seguita, non si possono condividere le conclusioni dei PM, anzitutto perché a procedura ha visto la constante elusione delle norme che regolano la finanza di progetto. Le stesse infatti prevedono di presentare un progetto, accompagnato da un piano economico finanziario consequenziale allo stesso (PEF), nonché che il piano economico finanziario sia asseverato da apposito istituto. Nel nostro caso, progetti completamente diversi – presentati in epoche successive – non solo presentavano piani economico finanziari con risultati numerici TOTALMENTE IDENTICI, ma, addirittura, il secondo, terzo e quarto progetto, ben diversi tra loro, mancavano di una concreta certificazione ed erano accompagnati da una fotocopia dell’asseverazione rilasciata – per il primo progetto – dalla Price Water House.

Non solo: il Comune, dopo l’intervenuta effettuazione dell’ANALISI STORICO CRITICA, imposta dall’allora Ministero dei Beni Culturali, avrebbe dovuto ribandire una nuova procedura di gara, poiché l’intervento di tale studio comportava l’effettuazione di una nuova progettazione, in quanto tale analisi mancava al momento della pubblicazione del bando del Project Financing e della stesura dei primi progetti.

Per superare tale “SCOGLIO” si ricorse alla non credibile affermazione che il nuovo progetto – presentato dall’architetto Canali, sopraggiunto soltanto in questa fase – non si discostasse “in modo sostanziale da quello a suo tempo ritenuto come il più valido dalla commissione giudicatrice”; poiché il Piano Economico Finanziario era “immutato e le variazioni progettuali (…) non alterano sostanzialmente l’impostazione originaria” (cfr. D.G. 223/14 del 19/02/2007).

Si è tentato di riparare all’irregolarità rappresentata dalla mancata presentazione di una asseverazione autentica (su espressa richiesta dell’autorità di vigilanza sui contratti) presentando finalmente una nuova asseverazione – sostitutiva delle semplici fotocopie di quella iniziale – sempre redatta dalla Price Water House.

Insomma, con una sottile intesa tra rappresentanti del Comune e della futura aggiudicataria, si è arrivati alla conclusione di scegliere tale progetto, nominandola PROMOTRICE. A questo punto, al bando previsto dalla procedura, presentato per trovare ipotetici concorrenti, non si presentò nessuno: la promotrice sarebbe stata tenuta a rendersi aggiudicataria con lo stesso importo da sempre mantenuto (14,8 milioni di euro) e con lo stesso contributo per parte del Comune (5,2 milioni di euro).

Il diavoletto nascosto – perché non rivelato nel bando – è rappresentato dalla dichiarazione che gli importi erano semplicemente NOMINALI. Di qui la sorpresa: la delibera oggetto di aggiudicazione prevede che il Piano Economico Finanziario a causa del tempo trascorso dovrà essere verificato e potrà essere aggiornato. Non solo, ma in sede di contratto (la convenzione stipulata il 13 settembre 2010) le parti compiono un salto strategico, anticipando i tempi. Si assicurano che i costi di realizzazione delle opere previste dal progetto definitivo (lungi da venire perché si era in fase di progettazione preliminare!) sarebbero stati garantiti da una COMMISSIONE DI ARBITRATORI.

Anche per un altro punto di contestazione, rappresentato dallo scorporo del restauro interno della parte confermata dell’Archivio di Stato, non può seguirsi la tesi del consulente di parte ing. Borrini. Che cioè la zona da esso occupata non dovesse essere oggetto di restauro in quanto già interamente restaurata (si tenga presente che il bando prevedeva il restauro dell’intero complesso). Le fotografie prodotte dalla Procura ed ammesse dal Collegio dimostrano che molta parte della sede confermata per l’Archivio di Stato aveva invece bisogno di vistosi restauri.

La produzione da parte del difensore del Comune di un documento di dichiarazione di inagibilità di una sala fatta dallo stesso imputato ing. Monteverdi nell’anno 2009 prova che non poteva escludersi dal restauro la zona dell’Archivio di Stato, e si noti che l’ing. Monteverdi oggi imputato era da sempre, in quanto dirigente responsabile del Settore Patrimonio del Comune di Parma, il tecnico che esprimeva parere favorevole per la regolarità tecnico-amministrativa degli atti deliberativi, ed in più lo stesso è stato confermato con la delibera di aggiudicazione come Responsabile Unico del Procedimento, subentrando al precedente RUP, il geometra Tini.

Ecco i motivi per cui il pubblico è rimasto sorpreso sulla conclamata assenza di dolo da parte degli imputati. Era presente per la prima volta in aula tra il pubblico l’ex Assessore ai Lavori Pubblici Roberto Lisi, in carica proprio all’inizio della luuuunga procedura di Project Financing.

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