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Moschee, Islam e D’Alema, l’opinione di un lettore

D'Alema Moschea

“Egregio Direttore,

ieri l’ex Presidente del Consiglio, Massimo D’Alema, intervistato su Radio Anch’io ha lanciato l’idea di istituire l’8×1000 anche per i musulmani affinché possano avere risorse proprie e costruire moschee. Questo, secondo il politico aiuterebbe la formazione di un’Islam europeo più moderato perché lontano dai fondamentalismi “d’importazione”.

Forse l’Onorevole è voluto entrare a gamba tesa agli onori della cronaca lasciandosi trainare da tematiche che in questi giorni ricevono particolari attenzioni: l’Islam in Europa e il terrorismo di matrice islamista.
Il personaggio vanta un curriculum di tutto rispetto: è stato Presidente del Consiglio, Ministro degli Esteri, Europarlamentare e Presidente del Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica (COPASIR), oggi è Presidente della Foundation of European Progressive Studies e della Fondazione di cultura politica Italianieuropei. Paradossalmente, la reputazione del politico ne esce meno compromessa se maliziosamente si pensa ad una forma di sciacallaggio politico, perché se le proposte da lui avanzate fossero qualcosa più di una boutade, queste tradirebbero una pericolosa ignoranza da parte dell’ex deputato sia sull’Islam sia sulla Costituzione italiana.

Andiamo per gradi.

1. Solo chi ha siglato l’intesa con lo Stato può ricevere l’8×1000. Lo dice la Costituzione.
Come D’Alema dovrebbe sapere, l’8 per mille viene riconosciuto a quelle confessioni religiose che hanno siglato un’intesa con lo Stato (art.8 della Costituzuione), e tale intesa deve essere ratificata dal Parlamento. I testimoni di Geova, per esempio, hanno siglato l’Intesa con il Governo ma tale documento non è mai stato ratificato dal Parlamento e questo impedisce loro di spartirsi l’8 per mille.

Nell’obiettivo di raggiungere questa Intesa e mettere le mani sul gruzzolo dell’8×1000, l’Islam è molto più indietro della Congregazione dei Testimoni di Geova. Sono anni che Governi e Organizzazioni islamiche si siedono ad un tavolo nel tentativo di trovare la quadra e siglare questa intesa ma vuoi per le rivalità interne all’islam italiano, vuoi per il fatto che trovare un interlocutore unico che parli a nome dell’Islam è un problema vecchio quanto l’Islam stesso, vuoi perché il sistema legale insito nella dottrina islamica cozza con l’ordinamento costituzionale italiano, questa intesa, salvo colpi di scena, non si può fare.

2. Non serve l’8×1000 per finanziare le moschee con soldi pubblici.
Sponsorizzare la costruzione di moschee con soldi pubblici è una scelta senza dubbio discutibile ma tecnicamente è già possibile. Lo si può fare attraverso gli oneri di urbanizzazione secondaria di cui dispongono i comuni. Paradosso dei paradossi, grazie alla conveniente interpretazione di alcuni magistrati, si possono finanziare gli edifici dei culti che non hanno siglato l’intesa.

3. Il cosiddetto Islam europeo non è più moderato e tollerante di quello d’importazione.
Le moschee finanziate e quindi controllate da Governi esteri (vedi la mosche saudita di Roma e quella qatariota di Ravenna) sono indubbiamente un problema ma non è assolutamente detto che il radicalismo sia necessariamente d’importazione. La Gran Bretagna che può contate migliaia di mosche “indipendenti” non è un paese che importa estremismo. Lo esporta. Parlo di decine di teologi musulmani nati e cresciuti oltremanica che viaggiano in giro per il mondo a diffondere il verbo di Maometto. In un contesto ormai multiculturale come quello europeo, (e questo D’Alema dovrebbe saperlo) le differenze si polarizzano, ne consegue che un musulmano europeo (che vive in una società che non celebra particolarmente i valori dell’Islam) sarà più praticante e ortodosso e meno elastico e tollerante rispetto ad un musulmano nato, cresciuto e rimasto in Marocco. Siamo nel 2016 le idee (anche quelle pessime e pericolose) viaggiano liberamente ovunque. Le ragioni alla base della violenza perpetrata in nome di Allah sono da ricercare nei testi sacri all’Islam e nella biografia di Maometto, un grande saggio ma anche un violento conquistatore che rappresenta un modello da imitare per più di un miliardo di musulmani.

In Italia le comunità islamiche, almeno per ora, sono poco organizzate e molto frammentate tra di loro. In Italia si contano poche, pochissime moschee rispetto agli altri stati europei. In Italia il radicalismo islamico è molto meno sviluppato e diffuso rispetto a molti altri stati europei. Anziché seguire le orme di chi è finito nel baratro del terrorismo islamico, sarebbe il caso di ragionare su cosa in Italia stia (forse accidentalmente) funzionando meglio rispetto al resto d’Europa.

Un’Islam riconosciuto, finanziato e istituzionalizzato rappresenta davvero un antidoto alla violenza? La cronaca suggerisce di no”.

Umberto Bosco
fandango82@gmail.com

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