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Inchiesta – V.le Piacenza: “Noi, la Chinatown di Parma. E stanno arrivando anche i pusher”

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Stanchi. E’ forse questo l’aggettivo giusto per definire gli abitanti di V.le Piacenza e limitrofe, quell’angolo di Parma che sta diventando sempre più e sempre più simile al quartiere di Milano abbarbicato tra Via Padova e la ferrovia, oppure a Prato. 

“Io sono nata qui, in V.le Osacca per la precisione. Poi mi sono trasferita qui, in Viale Piacenza. Quello qua sotto è il primo ristorante cinese che è nato a Parma, uscivano sempre profumi nuovi, poi diventati odori. Poi è stato trasformato in un minimarket, sempre cinese, e quello accanto che era un bar gestito da italiani un ristorante da asporto cinese”. Bruna ha quasi 80 anni, nelle rughe la stanchezza di chi ha combattuto troppe battaglie, nel sorriso la voglia di non mollare. “Non danno fastidio a nessuno, almeno. Mi fanno più paura i neri”.

Già, perché da quando si sono spostati da P.le Pablo e da Via Venezia, il nuovo spaccio è tutto li. Tra la stazione e Via Lanfranco. Ce lo spiega Ana, moldava, a Parma quasi da sempre. “Ho un negozio di capelli, faccio la parrucchiera. Io sono venuta in Italia per amore, poi non ha funzionato, ma sono rimasta. Però adesso ho paura, hanno cacciato gli spacciatori da altre strade, e sono tutti qua. Ti offrono la droga quando passi. E una sera uno di loro, un nero, non so se è un pusher o solo un ladro,  ha cercato di rapinarmi, è entrato in cortile mentre mettevo giù la macchina, avevo solo 20 euro e ho avuto tanta paura. Non ci sentiamo tutelati, invece di arrestarli spostano i malviventi da un quartiere all’altro”.

Gli orientali non fanno paura, ma concorrenza. “Loro sono cordiali, fanno i fatti loro e non vogliono che nessuno se ne preoccupi, ma non mi danno fastidio. Però…continuano ad aprire negozi, di estetica, di parrucchieri, i miei prezzi non sono più concorrenziali, fanno un taglio con piega a dieci euro, una tinta a venti, io non ci pago nemmeno i prodotti, e ho l’affitto, le bollette…io faccio tutto in regola, e loro mi rovinano. Qualcuno dovrebbe andare a vederci dentro”.

Lo pensa anche Federica, un negozio di prodotti di estetica di pregio arroccato tra i bar, il Conad, la carne di cavallo e un condominio. “Lo vedi il tabaccaio la dentro? Era di mio padre. Ora l’ha comprato un cinese, con una valigia di soldi. E ha comprato il locale accanto, vedi come si è allargato. Ora vende giornali tabacchi e fa da bar, mandando in crisi tutti gli altri che sono qui da sempre”. Lei compresa. “Vendono di tutto, anche gingilli, prodotto di bellezza. Ed anche quello in la (indica V.le Piacenza, direzione stazione), è degli stessi che hanno il maximarket in Via Verdi e all’ex Uba Uba, erano in Via Emilia Ovest ma hanno chiuso per aprire li. Costa tutto meno, roba meno certificata, sulla qualità non garantiscono, ma costa meno, e con la crisi…”.

Effettivamente basta farci un giro, Via Emilia Est, ex Marco Polo, Via Garibaldi, o Ghiaia, ex Sesto Senso. Prodotti alla moda, colorati, vistosi, tessuti non raffinati ma in fondo, per una sera o per una stagione, se non ti puoi permettere altro possono anche andare bene. Magari sono costati un paio di dita ad un bambino, ma è la globalizzazione.

Poi ci sono “gli altri negozi”. Massaggi, saune, centri relax. Il primo era nato in Borgo Bernabei, ha aperto e chiuso decine di volte, gli altri hanno proliferato. Il più nuovo, grande e sgargiante, è in Via Ravà, tra Via Volturno, l’ospedale, l’oltretorrente e il quartiere residenziale ex Molinetto. Poco lontano, un Money Gram, uno dei tanti, con scritte orientali, vanta di mandare i soldi in Oriente a prezzi vantaggiosi. E un compro oro, sempre con scritte incomprensibili.

Da fuori si notano fiori e grandi tendaggi che impediscono di vedere dentro. Dalle vetrine sbucano grandi luminarie e colori invitanti. Cerchiamo di sbirciare, ma non si vede nulla. Scende una signora dal piano di sopra, lance uno sguardo truce, poi capisce di non avere a che fare con una cliente e nemmeno con una “lavorante”.

“Era il mio quartiere, questo. Possibile che nessuno faccia nulla?”.

Viene solo voglia di risponderle che era la nostra città un tempo. Nemmeno troppo lontano, o forse si.

1 Commento

  1. Ma non vi vergognate di pubblicare articoli come questo?la valigia di soldi con cui il “malefico cinese”ha comprato il prezioso tabacchi del papa’della triste Federica. …chi la ha incassata?????? Se pensassimo davvero che la città è nostra,non la svenderemmo facendo finta che altri la stanno rubando….e voi che pubblicate questa finta polemica alimentate solo odio razziale…siamo un popolo di ipocriti….sputiamo a terra e poi ci lamentiamo se le strade sono sporche….

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